Un quadro d’autore dipinto con sensibilità e musicato da Nicola Piovani
Film molto piacevole. Cast equilibrato e con due punte di diamante. Una storia condotta con coerenza: un’amicizia sincera e delicata tra Pietro ed Eleonora. Una sceneggiatura piena di piccoli colpi di scena che preparano un gran finale che invece si chiude su se stesso, vittima della prevaricazione della malattia. I limoni d’inverno è la seconda pellicola di Caterina Carone: non abbiamo visto l’opera prima, ma se è ancora mattino, il buongiorno fa intravedere belle speranze; fermo restando che a quarant’anni un regista di cinema è ancora molto giovane.
La più riuscita intuizione della regista è stata quella di affidare i ruoli protagonisti a una coppia insolita di interpreti. Teresa Saponangelo, già molto apprezzata con Sorrentino («È stata la mano di Dio», 2021) e non solo, rispetta solidamente le aspettative, rimanendo molto intensa, senza mai perdere d’occhio la leggerezza partenopea che la contraddistingue; mentre la sorpresa giunge da Christian De Sica che nella sua vita – come sottolinea anche il personaggio a cui regala qui la fisionomia – «ha riso troppo» e ora si può permettere di rubare il tocco a certe ricordanze paterne (viene in mente addirittura «Umberto D»), tirando fuori dal cilindro la lirica interpretazione dell’anziano e svagato professore realizzata come un cameo d’eccellenza dopo una carriera dedicata perlopiù alla più spicciola comicità.
La storia, che a volte sembra descritta come una favola, è ben costruita e portata avanti con passione. La macchina da presa, occhio scrupoloso della regista, è impegnata ad avvicinare i terrazzi o ad allontanarli, con campi più o meno lunghi, a secondo del grado di confidenza della situazione. Pietro ed Eleonora, infatti, sono dirimpettai in uno stesso palazzo, in due scale diverse. I loro terrazzi sembrano baciarsi, ma non si toccano. Pietro è vedovo e vive solo; Eleonora, molto più giovane, è sposata con Luca (Max Malatesta), pretenzioso fotografo di talento. La minima distanza e l’amore per le piante, invita all’amicizia. Quando Luca si assenta, per una mostra oltreoceano, Pietro organizza una cena tête-à-tête con Eleonora, ciascuno a casa sua: proprio perché i terrazzi, ribadiamo, sembrano baciarsi, ma non si toccano! È una scena incantevole, molto tenera, che riserva un’intimità sodale e signorile d’altri tempi. Ed è opportuno annotare anche l’incontro fortuito di Pietro con la ex moglie in un ristorante: lui in compagnia di Eleonora, lei con un altro uomo, i due ex coniugi si guardano e s’incontrano al centro della sala dove si balla e cominciano a danzare, sotto gli sguardi contenti dei reciproci accompagnatori.
Sono due scene emblematiche che delineano lo stile di una direzione elegante e fantasiosa, oltre che d’alta scuola, che vuole rappresentare un’amicizia nascente sotto l’astro poetico, senza mai dare spazio a banali pruderie. Poetici anche i fiori che Eleonora dipinge sul muro di casa dove, dal nulla, spunta uno sguardo che forse controlla, o che forse racconta. Sono occhi innocenti di un passato non troppo lontano. Ogni sottile rifinitura trova la sua collocazione nella struttura di una regia di grande sensibilità. Di particolari gradevoli, arguti e illuminanti – quelli che fanno la differenza per far crescere il valore dell’opera – se ne potrebbero rintracciare altri: il fratello di Pietro che cura un vecchio gozzo per riportarlo in acqua; i fogli del diario segreto della loro mamma, ogni cosa fa parte di un unico grande quadro d’autore che sposa perfettamente la dolcezza musicale creata da Nicola Piovani.
Purtroppo, quando la storia si concentra sulla malattia di Pietro, vittima dell’Alzheimer, viene a mancare il costante preciso richiamo poetico e il film sembra chiudersi all’improvviso in quei vicoli poveri del cinema contemporaneo. La differenza si avverte, proviamo a spiegarla: mentre si vedono, per esempio, le immagini di Eleonora che nuota in mare, Pietro sulla battigia chiede al fratello: «Quand’è che si diventa vecchi?» E l’altro: «Quando guardi gli altri che si fanno il bagno». I vicoli poveri, invece, ci avrebbero mostrato, in stile veristico, soltanto una donna che nuota in mare, senza alcun commento, senza nessuna elevazione artistica. Nello specifico, l’amicizia viene raccontata in versi, mentre la malattia viene descritta in prosa. Per di più, la sentenza medica, arrivando proprio quando ci si aspetta il meglio da parte della regia, determina un brusco cambio d’atmosfera: da film poetico, diventa film realistico. Per fortuna la scena finale di Eleonora che torna ad affacciarsi sulla terrazza, ripropone l’incantesimo felice dell’ispirata Caterina Carone.
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I limoni d’inverno, un film di Caterina Carone. Soggetto, Mario Luridiana, Remo Tebaldi. Sceneggiatura, Mario Luridiana, Remo Tebaldi, Anna Pavignano, Alessio Galbiati, Caterina Carone. Musiche, Nicola Piovani. Con Christian De Sica (Pietro), Teresa Saponangelo (Eleonora), Max Malatesta (Luca), Francesco Bruni (Nicola), Luca Lionello (Domenico). Presentato fuori concorso alla XVIII Festa del Cinema di Roma. Auditorium, Parco della Musica, Teatro Studio G. Borgna, 27 ottobre
Foto di copertina: Christian De Sica e Teresa Saponangelo in «I limoni d’inverno» di Caterina Carone