Una lezione con Giuseppe Manfridi tra la novella di Hawthorne e le Olimpiadi in Messico del 1968
Quand’è stata l’ultima volta che hai fatto qualcosa per la prima volta? Ognuno di noi nel quotidiano ha compiuto qualcosa di piccolo, ma qualcuno anche qualcosa di straordinario e irripetibile. Proprio come fece Robert Beamon in un salto in lungo, realizzando un record mondiale di 8.90 metri alle Olimpiadi in Messico nel 1968 e come fece Wakefield, protagonista del racconto omonimo di Nathaniel Hawthorne, nel compiere il grande passo di ritorno sulla sua strada varcando la soglia di casa per ricongiungersi a sua moglie, dopo vent’anni di latitanza.
Nello spettacolo L’uomo che volò oltre se stesso, riadattamento dello stesso racconto di Giuseppe Manfridi,si parla di analogia. Strumento o principio omnicomprensivo che permette di associare i fenomeni letterari, linguistici, numerici e cronologici.
Assimilazioni che solo un linguista, profondo conoscitore della critica letteraria mondiale come Giuseppe Manfridi è in grado di sfoggiare sul palco del TeatroSophia in una complessa acrobazia lungo un sentiero impervio a sfidare anche il rischio della comprensione. Lui, l’autore e l’inteprete, nel suo scomodare ogni dimensione del sapere incarna la figura di Filemazio nella Bisanzio di Francesco Guccini, “Matematico, forse saggio, ridotto come un cieco a brancicare attorno, non ho la conoscenza od il coraggio per fare quest’oroscopo, per divinar responso”. Un azzardo, forse? Ma non è questo il dovere di un letterato: porre domande, ipotesi, raccontare storie e farle rivivere, sollecitando le riflessioni della platea? Esplorando tutte le potenzialità analogiche del pretesto narrativo di partenza, allora Manfridi rende possibile la capacità di comparare il mondo dello sport con la letteratura in un connubio impensabile… basta un percorso, una coincidenza numerica o un dettaglio comune a renderli più simili di quanto si pensi.
Uno spettacolo complesso, articolato ma al tempo stesso accattivante. Si esce dal teatro più arricchiti e forse anche incuriositi da una piccola storia piena di anomalie.
La regia di Claudio Boccaccini è stata inappuntabile nella creazione di un involucro surreale, come surreale e immaginario è l’allestimento scenico di Antonella Rebecchini che ben sintetizza e concretizza la narrazione di Giuseppe Manfridi.
Il messaggio finale arriva forte e chiaro: fare letteratura il più possibile, masticarla, comporla e nutrirsi della materia stessa al fine di utilizzarla come esercizio quotidiano. Un intrigante esperimento didascalico che contiene l’esigenza di valorizzare la dimensione letteraria con tutti i suoi lasciti. Non esistono risposte, anche se solo gli artisti nella loro veggenza possono prevederne i movimenti futuri, proprio come ci dice la sentinella di guardia nel famoso apologo della Bibbia, nel libro di Isaia, che a chi gli chiedeva a che punto fosse la notte, sapeva solo replicare: “Viene la mattina, e viene anche la notte. Se volete interrogare interrogate pure; tornate e interrogate ancora”.
L’uomo che volò oltre se stesso – tratto dal racconto “Wakefield, l’uomo che volò oltre se stesso” di Giuseppe Manfridi – uno spettacolo di e con Giuseppe Manfridi – Regia di Claudio Boccaccini – Installazione scenica Antonella Rebecchini – Dal 17 al 19 maggio al Teatrosophia.
Foto di @Grazia Menna –