“SIAMO TUTTE FRIDA” all’Arciliuto: la recensione

Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Stefania Brigazzi

 

Dal primo al quattro ottobre è andato in scena presso il teatro Arciliuto, nei pressi di Piazza Navona, il monologo Siamo tutte Frida, di e con Rosanna Fedele, ispirato al personaggio e alla travagliata vita della grande pittrice messicana Frida Kahlo.

In un palazzo cinquecentesco, il raffinato teatro ben si presta a ospitare con eleganza il ricordo della grande artista, accogliendo gli spettatori nel suo salotto musicale adornato da delicate colonne in marmo pregiato che sorreggono i soffitti a vele incrociate e da reperti di epoca romana sormontati da capitelli in travertino di foggia cinquecentesca.

L’attrice e autrice ha dedicato con appassionata ispirazione un lungo monologo liberamente tratto da “Viva la vida!” di Pino Cacucci, affiancata magistralmente al pianoforte da Paolo Bernardi. Ha trovato nel personaggio di Frida l’occasione per fondere con eclettismo diverse arti: la scrittura, le musiche originali, le canzoni da lei scritte e interpretate con profonda sensibilità, le performance pittoriche che accompagnano le scene. Il suo canto leggiadro interviene e si mescola nel continuo concerto di pianoforte dalle sonorità lievemente jazz per rivelare intimi stati d’animo; e Frida pittrice viene rappresentata sostare a lungo per dipingere, soprattutto il suo volto, con naturalezza, amore e verità.

La regia di Andrés Rafael Zabala e la scenografia di Alessandro Baronio, nella quale colpisce il faccione del marito della Kahlo, Diego Rivera, realizzato con materiali di recupero, fanno da cornice all’articolarsi delle scene.

Il complesso personaggio di Frida, che potrebbe essere approfondito per moltissime tematiche – culturali, politiche, artistiche, psicologiche – nel testo viene presentato, così come in quello di Pino Cacucci, dal punto di vista del dolore morale e fisico che ha attraversato la vita della pittrice. Il titolo dello spettacolo vuole essere proprio una dedica alle tante donne che soffrono per amore o malattia.

Frida accompagna lo spettatore negli alti e bassi del suo animo e nelle vicende del suo cammino terreno fino alla invocata morte con venature drammatiche e a tratti ironiche. Dalla nascita, avvenuta nella stagione delle piogge, presagio di pianto, Frida ha sofferto: una malformazione a una gamba, il drammatico incidente nell’autobus, le convalescenze, l’impossibilità di avere figli, i tradimenti dell’amatissimo Diego, i tanti interventi chirurgici.

Accanto a lei lo spettro della morte, rappresentato da un cupo fantoccio, le fa da sprone a reagire e a gridare al mondo la forza della vita.

La giovane donna, intelligente e carica di passionalità, ha saputo reagire e scegliere, spesso andando consapevolmente e deliberatamente contro la morale comune, di vivere con ostinazione e forza una vita libera e traboccante di amore.