Dopo il successo meritatissimo del film “Ennio” – un encomio allo storico compositore Ennio Morricone da parte di un altro maestro come Giuseppe Tornatore – è uscito il docufilm Sergio Leone – L’italiano che inventò l’America, per chiudere definitivamente il cerchio magico che lega indissolubilmente l’uno all’altro.
La loro collaborazione è tra le più importanti e note della storia del cinema: sicuramente nessun regista ha creato un sodalizio con il suo compositore così intenso e vincolante da rendere imprescindibile la presenza di Ennio nei film di Sergio.
“Mi è impossibile pensare ad un film di Sergio senza le musiche di Ennio” dirà Tornatore stesso.
Un’amicizia dalle radici profonde che solo i banchi di scuola possono garantire: dopo svariati anni di oblio, i due artisti, per volere del cinefilo Fato, si sono rincontrati e riconosciuti come quei due bambini che in terza elementare erano nella stessa classe di una scuola romana trasteverina.
Il regista Francesco Zippel è riuscito nell’intento di mettere insieme tutte le testimonianze più determinanti dell’equipe leoniana – a partire da Morricone stesso, passando per i protagonisti western Clint Eastwood ed Eli Wallace e quelli gangster De Niro e Jennifer Connelly, fino ad arrivare ai celebri rumoristi di scena – e quelli che hanno beneficiato del lavoro del regista romano sia tra i suoi contemporanei, Spielberg e Scorsese su tutti, sia i posteri come Dashiell Hammett, Damien Aronofsky, Carlo Verdone, Giuseppe Tornatore e soprattutto Quentin Tarantino.
Quest’ultimo ha una surreale idolatria nei confronti di Leone, a suo dire il regista più determinante ed importante del passaggio al cinema moderno, di cui è certamente principale esponente.
Nonostante la mole inconsueta di interviste, la regia è riuscita a mantenere un corpus unico che rispetti anche il percorso cronologico della filmografia leoniana. Dunque nella prima parte è dedicata al racconto degli aneddoti ed al processo creativo che ha portato alla rivoluzione del cinema d’argomento West, non più idealizzato alla John Ford con paladini della giustizia, bensì narratore dell’ipocrisia dell’America, vista con l’occhio critico europeo, nel suo genere prediletto. Il protagonista non è più l’eroe morale alla John Wayne, ma è uno spietato bounty killer che uccide per soldi.
“In un film di Ford se un cowboy si affaccia alla finestra, lo fa per scrutare l’orizzonte, mentre nel mio è molto probabile che si prenda una pallottola in testa” dirà Leone.
In aggiunta a queste preziose testimonianze c’è anche quella della famiglia, composta dai tre figli di Sergio che hanno dato un contributo significativo alla realizzazione della pellicola.