Sei personaggi in cerca di autore al Ghione: La recensione

Per comprendere in pieno il senso di questo capolavoro di Pirandello, che cristallizza in un lessico desueto concetti  della massima importanza (pertinenti al teatro e non solo), bisognerebbe avere presente buona parte della vicenda drammaturgica degli ultimi due secoli. Il dramma si pone (anzi inaugura) il crocevia di svolta nel Teatro, polverizzando i modelli rappresentativi imposti da Ibsen, Cechov e Strindberg e avviando la rivoluzione del Teatro epico di Brecht.

Il merito di questo allestimento è quello –nel rispetto totale del copione originario- di aver collocato una sorta di “scivolo” per la comprensione piena dei contemporanei. L’adattamento che ne fa Claudio Boccaccini propone infatti una compagnia di moderni teatranti, alle prese con una fiacca seduta di prova di un’opera, proprio di Pirandello. A prevalere  sono vezzi, narcisismi e idiosincrasie di quegli attori , quando la prova viene interrotta da un gruppo misterioso di sei personaggi, antiquati  nei vestiti, gravi nell’atteggiarsi, in un contraltare corrusco con il gruppo di attori già presenti sulla scena. Chi sono,  cosa vogliono ? Il loro dire è veicolato da un portavoce affranto, il più anziano di quel gruppo di dolore, che avanza richieste per loro -mestieranti del Duemila- difficili da comprendere, ma che sostanzialmente negano l’esperibilità di qualunque riproposizione sulla scena, rivendicando il diritto esclusivo di rappresentare loro stessi il proprio dramma. La pretesa viene raccolta come una  sfida dalla compagnia di attori in prova, che si cimentano nella rappresentazione delle vicende riepilogate, con risultati sbeffeggiati dai sei misteriosi personaggi. E’ qui che l’adattamento –con grande efficacia e coraggio nella scelta del pedale comico-  si inchina all’esigenza di agevolare al massimo la comprensione di quel tema speculativo di tanto profonda consistenza proposto da Pirandello: c’è più vita e verità nei personaggi letterari e nelle loro vicende partorite dalla fantasia degli Autori o nella vita stessa ? 

Probabilmente a soffrirne è la tensione drammatica dell’insieme, che emerge comunque di forza in certe scelte di regia, come il gioco delle luci, sostitutivo degli ambienti evocati (simbolicamente a riprendere il primato della rappresentatività scenica sulla realtà)  l’ingresso di Madama Pace (che si manifesta con uno splendido accorgimento di regia), il grido muto della Madre, interpretato dalla bravissima Silvia Brogi.

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