“RUGANTINO”: Recensione e intervista a Serena Autieri

Fino al 27 marzo scorso  il Teatro Sistina ha aperto  il sipario ad un classico della romanità: “Rugantino” con Serena Autieri e Michele La Ginestra

Dopo il forzato arresto della pandemia, lo storico Teatro Sistina apre le porte per far rivivere al pubblico una pagina indimenticabile e celebre: “Rugantino”, firmato Garinei & Giovannini. L’immancabile supervisione di Massimo Romeo Piparo proietta la platea nella Roma del 1830, sotto il papato di Pio VIII.

Un giovane autoctono a cui piace “de rugá”, Rugantino vive di stenti con l’aiuto di una sua “ruspande” amica, Eusebia, spacciandola per sorella. Dopo la morte di un anziano prelato da cui avevano trovato vitto e alloggio, i due furbetti riescono ad adescare Titta, mastro di una locanda romana e boia dello Stato Pontificio, che si innamora successivamente di Eusebia. Durante la nascita di questa storia d’amore, parallelamente Rugantino brama per la bella Rosetta, moglie del pericoloso Gnecco Er Matriciano, e scommette con il suo gruppo di perdigiorno che riuscirà a sedurla prima della Sera dei Lanternoni. Dopo lunghe “peripèzzie”, il giovane protagonista seduce la sua bella ma inevitabilmente se ne innamora. Una notte, Gnecco viene pugnalato da un criminale, Rugantino correndo in soccorso si fa trovare vicino alla vittima, affermando poi di essere stato lui ad aver compiuto l’insano gesto per amore di Rosetta. Viene imprigionato e condannato alla ghigliottina giustiziato proprio dall’ormai amico Mastro Titta, affrontando “da omo” la morte, tanto si sarebbe trattato solo “de na botta e via”.

Trama intoccabile quanto la regia di Pietro Garinei e le meravigliose musiche del Maestro Armando Trovajoli che invitano oggi e sempre il pubblico a godersi quasi tre ore di un classico del teatro musicale italiano.

Spogliatasi dei colorati abiti del programma di Rai Uno “Dedicato”, la bellissima Serena Autieri indossa nuovamente i panni di Rosetta, personaggio che fa battere il cuore al protagonista… e non solo. Prova certa è che la maturità artistica di questa attrice napoletana non ha nulla da invidiare alle grandi del passato.

Altro attore che torna a vestire i panni di Rugantino 21 anni dopo è Michele La Ginestra, ribadendo a distanza di due decenni il suo talento e la sua fedeltà al personaggio.

Nel ruolo di Eusebia si rilegge in cartellone il nome di Edy Angellillo e per la prima volta nei panni di Mastro Titta il nome che spicca è quello di Massimo Wertmuller.

Tra una scenografia spettacolare e mobile di una Roma ottocentesca il pubblico rivive emozioni e riflessioni di quei personaggi nati dalla penna di Garinei & Giovannini con il sottofondo di una fontanella romana e le note di “Tirollallero”, “Ciummachella” per concludere in bellezza con un classico senza tempo: “Roma nun fa la stupida stasera” omaggiando con un pensiero il grande Armando Trovajoli.

Serena Autieri si racconta a “Quarta Parete”, con il suo singolare garbo e la sua spontanea bellezza, in un’intervista ricca di sentimento.

Dopo lo stop pandemico si torna a calpestare il palcoscenico, tante le emozioni. L’animo di Serena quanto è stato in subbuglio quando ha riavuto tra le mani il copione di “Rugantino”?

Io direi, quanto il mio animo è stato felice, perché ripartiva la macchina teatrale, la macchina teatrale soprattutto dei grandi spettacoli perché in questi mesi si è cercato di portare in scena degli spettacoli che però ovviamente, per tutta una serie di motivi, non coinvolgevano tante persone in scena no!? Anche per rientrare dalle spese, perché la capienza non era al 100%. Invece adesso col fatto che la capienza appunto è totale, c’è stata la voglia, la volontà e anche il coraggio da parte dei produttori, degli attori, proprio di rimettere in scena queste grandi opere. Quindi c’era da una parte paura, però voglia, adrenalina, energia… e quindi sono felice che “Rugantino” non solo sia andato in scena come doveva essere portato in scena con tutti, con tutto il cast, con tutte le scene totali e soprattutto che il pubblico abbia risposto in maniera così coinvolgente; perché abbiamo aggiunto date a Maggio, quindi siamo felici. A Napoli anche sta andando benissimo la prevendita, abbiamo finito tutto soul out. Non ho avuto posto neanche per ospitare i miei nipoti.

Se dovessi analizzare la tua identificazione proiettiva con Rosetta, su cosa è diversa Serena?

Su tutto. Sono assolutamente donne diverse per tanti motivi. Io non ho questo tipo di approccio alla gestione con l’uomo, con il maschio, per quanto Rosetta sia una donna moderna, nonostante la data dello spettacolo, della scrittura, lei comunque era un’anticonformista, era una donna al passo con i tempi di oggi. Però nonostante questo io ho sempre un approccio molto più apparentemente leggero, ironico, e lei invece è molto più riottosa, cioè lei qualunque cosa l’approccia sempre con un fare un po’ che ha voglia in qualche modo di discutere, di tirare fuori la discussione no!? Proprio perché ha bisogno un po’ dello scontro per poi trovare la motivazione giusta, per poi tornare indietro, però ha bisogno di quel momento lì, di rottura…ma io non sono proprio così.

Serena, con la maturità artistica di oggi reinterpreti Rosetta. Senti che c’è qualcosa di diverso? La tua Rosetta oggi riesce a trasmettere meglio il profilo dell’intrigante protagonista?

Mah guarda… io l’ho interpretata due anni e mezzo fa, non so, ovviamente siamo in continua evoluzione no!? E come persone, e come professionisti, quindi sia umanamente che professionalmente, però diciamo che rispetto a due anni fa ho aggiunto altre cose che mi sono successe nella vita: belle, forti e sono riuscita a portarle in scena, ma comunque già la Rosetta di due anni e mezzo fa era una Rosetta di una Serena cresciuta, che è mamma, che è moglie, che comunque nella vita sta cercando di crescere, di aggiungere alla propria esperienza, al proprio curriculum tante cose diverse, tanti colori, quei colori che mi servono per regalare al personaggio più cose possibili. 

Sei un’artista poliedrica, legni scricchiolanti o palchi scintillanti presentano sempre una zelante professionista che però non appare distante dal pubblico che la accoglie come “una di famiglia”. Platea, telecamera, cinepresa… cosa ti è più congeniale?

Guarda io mi diverto molto a cambiare pelle. Mi piace il fatto di poter avere la possibilità di essere eclettica e quindi cimentarmi in tanti ambiti. Mi piace, mi diverte, mi da la possibilità di crescere e poi di mescolare le varie professionalità, mescolarle, metterle una al servizio dell’altra. Credo tanto nel fatto di poter avere tante frecce nel proprio arco, e mai come in questo momento in una situazione in cui è tutto molto più complicato no!? Dobbiamo affrontare tante cose, tante difficoltà. Questo sicuramente mi da la possibilità di utilizzare al meglio tanti lati professionali diversi. Io se dovessi dare un consiglio ai giovani oggi, che vogliono avvicinarsi a questo lavoro è proprio questo: di fare più cose possibili, di mettere, come dicevo, tante frecce nel proprio arco, perché è importante.

Emozioni: la prima di “Dedicato” o la prima di “Rugantino”?

(Ride) Sono emozioni diverse. Diciamo che il teatro ha un tipo di approccio… hai più tempo da dedicare per le prove, lo conosco di più perché lo faccio da più tempo e quindi è più “casa”. Però devo dire che la televisione mi sta regalando tante cose. Sto imparando tantissime cose in poco tempo proprio perché, come dicevamo, non mi fermo mai io, ho bisogno sempre di crescere, di mettermi alla prova, non accetto i limiti: nel senso che quando li riconosco cerco di superarli il prima possibile, anche se so che non si possono bruciare delle tappe, ci sono dei passaggi che sono obbligatori. Uno deve maturare certe cose no!? Ci vuole tempo per viverle, per farle sedimentare dentro di te. Però la televisione, veramente, mi sta alzando l’asticella sotto tanti i punti di vista, una voglia, una consapevolezza di crescita interiore e professionale, quindi sono contenta e poi soprattutto quel grande rispetto che io ho per il pubblico che mi hanno insegnato i grandi maestri e che è una cosa che ho sempre avuto dentro di me ecco in televisione è molto presente, la sento una necessità che è sempre presente nelle mie scelte, nelle cose che faccio, perché il pubblico è sovrano. Sono loro che ti scelgono, sono loro che ti premiano, se vogliono, oppure non ti premiano. Quindi il pubblico è attento, deve essere rispettato, soprattutto quando fanno parte della tv di stato, quando lavori per una tv pubblica ti rendi conto ancora di più di quanto siano importanti certe scelte, di quanto sia importante quello che dai al pubblico. Io ce l’ho sempre presente questo.

Serena e il suo domani artistico.

Mi piace quello che in questo momento sta accadendo nella mia vita. È qualcosa che ho cercato fortemente. Dalla televisione, che era una cosa che aspettavo, un’opportunità, un momento che aspettavo fortemente; al teatro, perché qualunque cosa un’artista faccia deve sempre passare per il teatro. È un banco di prova, una palestra, quindi non si può prescindere dal teatro, è un modo anche per coltivare il rapporto con il pubblico, che poi ti segue, è un pubblico fedele quello del teatro. Esiste da tanti anni ed è un pubblico al quale non riesco a rinunciare. È linfa vitale per noi. Il cinema, la fiction, sono tutti dei figli che ormai mi appartengono quindi mi piace poterli sempre curare, poter sempre essere presente anche a queste altre due forme di arte. Diciamo che questo modo di esprimermi a 360 gradi, sotto tanti punti di vista, mi da proprio la possibilità di non annoiarmi e soprattutto di crescere e di mettere insieme tante cose, di fare tante connessioni, e questo è importante, mi crea tanta curiosità, tanta voglia di fare bene, di essere affamata di imparare e di crescere sotto tanti punti di vista. Questa credo sia la mia parola chiave, in questo momento, della mia vita: la crescita. La crescita interiore, professionale, perché poi le cose non sono mai separate, viaggiano sempre a braccetto, quando cresci da un punto di vista professionale cresci anche da un punto di vista umano e viceversa. Quando sono diventata mamma ho avuto una crescita incredibile, un cambiamento pazzesco, non immaginavo così tanto e comunque mi ha fatto crescere anche professionalmente. Quindi, quando c’è una crescita da una parte c’è sempre una crescita anche dall’altra. Mi piace, mi piace sempre fare cose diverse per trovare sempre nuovi stimoli, necessari. È linfa vitale per noi, soprattutto se fai questo lavoro da tanti anni.   

Sei napoletana come me e cedo alla tentazione… Napoli fucina di talenti e produzioni, ad oggi sembra non ci sia altro posto in cui trovare ispirazione. Napoli potrebbe essere davvero “l’ultima speranza…” così come la definì Luciano De Crescenzo, colui che meglio seppe raccontarla nelle sue ombre?

Non so se è l’ultima speranza. Sicuramente Napoli ha tante cose, tante cose da dire, tanti colori. Storicamente li ha sempre avuti, è una grande risorsa culturale, sociale, tante influenze, e tutto questo ha fatto si che Napoli ovviamente ha una grandissima offerta, sotto tutti i punti di vista. Ha anche mille difficoltà, ha anche mille complicazioni, però devo dire che quello che poi alla fine arriva a tutti, dal punto di vista culturale, artistico, architettonico, in tutti i sensi, arriva sempre grande bellezza, grande energia, grande voglia di riscatto, voglia di fare bene. Quindi io credo che, mi piace poter dire di De Crescenzo, ciò che ho anche detto in puntata l’altra settimana: “c’è un po’ di Napoli in ognuno di noi”. Napoli è determinante nella vita di tante persone. Si dice “Vedi Napoli e poi muori” aveva una valenza particolare, non solo per la bellezza, non solo perché ti affacciavi dalla finestra e vedevi quel panorama meraviglioso, ma proprio perché resti inebriato dalla tanta energia, dalla bellezza della gente, dalla generosità, dall’umanità, dalla resilienza, da questa grande forza che hanno i napoletani nei secoli dei secoli aver resistito veramente e tutto. E nonostante le mille difficoltà aver trovato sempre linfa vitale, forza, energia, grinta, personalità poi per andare avanti utilizzata al meglio. Forse è il popolo tra i primi posti in cui ha fatto di questa parola una grande scuola di vita. La resilienza.

Per concludere, sei conduttrice del seguitissimo programma di Rai1 “Dedicato”.  A chi fai la tua dedica?

Innanzitutto sono contenta di “Dedicato” perché è una bellissima scommessa che è nata questa estate ed è stata subito amata dal pubblico che ha scelto di seguirci e questo viaggio è continuato questo inverno anche il sabato in una fascia difficile in cui Rai1 voleva accendere una luce e stiamo portando a casa dei risultati belli, che ci piacciono e che ci fanno lavorare con grande spinta, con grande voglia. La mia dedica va al pubblico che mi sta seguendo e che mi dedica il suo tempo, loro mi dedicano il loro tempo, quell’ora di tempo, perché non sono io che dedico la puntata a loro, ma sono loro che dedicano il loro tempo a me. Quindi questo è un mio modo per ringraziarli, per ringraziare il pubblico che mi viene a seguire a teatro, che viene a pagare il biglietto, che prende la macchina da casa anche durante la settimana con la stanchezza di una giornata, con il freddo di inverno… viene, decide di scendere da casa e venire lì, a godersi quelle due o tre ore e ti ringrazia anche con degli applausi magari. Io veramente sono grata al pubblico che in questi anni mi sta sostenendo tanto perché senza di loro, noi non siamo niente.