Roma Sud Shorts: la rassegna di cortometraggi al Parco Fao

Il 15 settembre è stata presentata la prima edizione del Parco Fao Roma Sud Fest che fino al 1 ottobre animerà il parco Giancarlo Sbragia (Via Tiberio Imperatore, 146). Il festival, organizzato dall’associazione SportLab e l’A.p.s. Nessun Dorma, si propone di creare per i cittadini romani un luogo di incontro e condivisione attraverso l’arte, la musica, il cinema e la letteratura.

Per gli appassionati di cinema il festival propone una ricca offerta di cortometraggi presentati nella rassegna Roma Sud Shorts tenutasi il 19 e il 26 settembre. Il secondo appuntamento ha visto protagonisti cinque cortometraggi, per lo più opere prime di giovani autori che si sono messi in gioco con un’ampia varietà di tematiche e stili.

Il protagonista di Tommaso Maistri e Niccolò Mengoni racconta la storia di Francesco che dopo essere stato lasciato dalla ragazza e sfrattato dal suo appartamento decide di farla finita. L’aldilà però si presenta come un enorme stanzone semi-vuoto con un improbabile dio dall’accento toscano che, confrontandosi con Francesco, scopre di aver fallito con gli umani. Quest’ultimi non riescono a comprendere che sono loro i protagonisti della loro vita e che vivere per sé, per il proprio benessere e senza farsi condizionare dagli altri è l’unico modo per condurre una vita felice. L’idea proposta dai due autori è un richiamo dichiarato a Matrix ma, come loro stessi raccontano, è anche ciò che resta di una serata con gli amici passata a chiedersi: e se nulla esistesse a parte noi? E se fossimo gli unici esseri veri in un mondo-simulazione? Sebbene l’idea non sia troppo originale il corto propone riflessioni interessanti sulla vita e sulla percezione che abbiamo del mondo intorno a noi, riuscendo anche a strappare un sorriso: la divinità armata di computer programma-umani e con un “bischero” sempre in bocca è una chicca da non perdere.

Kamikaze di Filippo Lusiani è decisamente il cortometraggio più grottesco e divertente. Il protagonista è Francesco che mentre aspetta la sua ragazza scopre di essere rimasto con un solo preservativo, peraltro nemmeno troppo collaborativo. Ivo (questo il nome del preservativo animato) si ribella e nel nome dei suoi compagni usati e subito dopo buttati via si immola su uno stuzzicadenti, bucandosi. L’autore definisce la sua opera stramba e divertente così come lo è stata la sua realizzazione, a partire dall’animazione e dal doppiaggio del rivoluzionario preservativo a capo della ribellione. Se la narrazione acuta e brillante non bastasse, a completare la riuscita del corto c’è un’attenzione particolare all’uso della musica e degli ambienti che dona all’opera uno stile unico e personale.

Richiamami di Piergiorgio Santolini è una storia d’amore tra le quattro mura di una cabina telefonica. Giovanni e Irene dialogano al telefono, sorridono e si raccontano la propria giornata come una qualunque coppia innamorata; non sembrano volersi lasciare. Eppure il dolore nella voce di lui fa capolino tra le frasi di rito che i due si scambiano e rivela nel finale la natura della chiamata: l’unica occasione che Giovanni ha di sentire Irene dopo la sua morte. Le mani che indugiano sul telefono, la voce incerta di chi non vuole andarsene ma sa che dovrà farlo. Un uomo, due voci e un solo telefono riescono, soprattutto grazie all’interpretazione di Piergiorgio Santolini, a trasmettere emozioni dolci ma soprattutto a suggerire un importante messaggio, quello di dover imparare nella vita ad andare avanti.

I can’t stay here anymore di Daniele Ricci e Alessio Morello sfrutta il format del documentario per raccontare la storia di Jorg, un senzatetto tedesco che dimora intorno alle mura di San Pietro e che si fa portavoce delle condizioni drammatiche in cui la povertà costringe a vivere. Si dichiara ateo fino ai cinquant’anni, quando scopre Dio e trova conforto nella religione, soprattutto nel concetto di reincarnazione. Sogna infatti di reincarnarsi in Cristo, un nuovo profeta, amante del prossimo e bramoso solo di gioie e di bene; crede di aver sofferto abbastanza, e che la vita debba concedergli un’altra possibilità. Se non in questa, almeno nella prossima. E a chi gli chiede cosa crede di essere ora risponde brevemente: “Now I am a crazy german”. Il cortometraggio si discosta dal gruppo per la scelta della forma documentaristica che rende giustizia ad una figura insieme dolce e decisa come quella di Jorg, un martire della vita, che con la forza delle sue dichiarazioni e il coraggio di chi ha sofferto cattura la scena e da solo riesce a sorreggere il peso dell’intera opera.

L’ultimo cortometraggio è Mama di Viola Bartolini, l’opera più intima e intimistica in programma. Si presenta come una lettera a cuore aperto che l’autrice recita alla madre, fonte di vita e di dolore. La genitorialità viene infatti analizzata nella sua duplice valenza: un atto egoistico, tirannico nei confronti di chi non ha mai chiesto di nascere ma anche un dono da offrire e rispettare quotidianamente. Essere genitori e figli non è un atto così naturale e scontato per l’autrice che analizza il rapporto con la madre affiancando i sentimenti più puri e intimi alla consapevolezza che la madre è uno specchio, una figura che si rifugge per opposizione ma che richiama a sé, che la fa sentire compresa, amata. Il merito dell’opera è quello di esulare dal semplice omaggio personale ed elevare la madre dell’autrice a figura universale: per qualcuno può rappresentare un rifugio sicuro o una casa accogliente in cui scaldarsi, una vecchia amica a cui confidarsi, ma anche un’autorità da rispettare, una generazione diversa da comprendere, un nemico spaventoso da combattere. Viola Bartolini ci lascia vedere attraverso i suoi occhi e ci permette di invadere la sua intimità per riflettere sulla figura materna in tutte le sue sfumature, senza filtri.