di Maria Ester Campese
Gian Lorenzo Bernini è stato il protagonista dell’arte figurativa barocca italiana e ha realizzato opere scultoree, pittoriche, architettoniche e urbanistiche. Amando molto il teatro, si dedicò anche a diversi allestimenti scenografici teatrali e si cimentò pure nella stesura di testi in qualità di commediografo.
Nato a Napoli, nel 1598, Gian Lorenzo era il primo maschio di Pietro Bernini. Il Padre, scultore tardo-manierista toscano, vide l’interesse e le capacità che il figlio dimostrava già in età precoce. Decise quindi di instradarlo verso l’arte portandolo con sé nei cantieri in cui lavorava come scultore. Gian Lorenzo passava ore ed ore a guardare affascinato la lavorazione dei marmi che il padre traduceva in sculture.
Nel 1606 la famiglia si trasferì a Roma, occasione in cui ebbe modo di conoscere alcune delle più influenti famiglie dell’epoca, tra cui i Borghese e i Barberini. La sua bravura fu apprezzata subito da tutti. La sua maestria era quella di saper rendere “vivo” il marmo, modellando morbidamente i protagonisti delle sue sculture, rendendoli lievi con pose plastiche e dettagli stupefacenti.
Per i Borghese fece diversi gruppi marmorei tra cui il Ratto di Proserpina, il David e l’Apollo e Dafne. Apollo e Dafne, scultura ancor oggi collocata all’interno della Galleria Borghese di Roma, si rifà al poema epico delle Metamorfosi di Ovidio. In essa è fissato l’esatto momento in cui Apollo afferra la ninfa mentre ella sta trasformandosi in alloro.
Poco più che trentenne, nel 1629 fece un ciborio, il Baldacchino di San Pietro, tra i monumenti più belli situati all’interno della Basilica di San Pietro. Per realizzarlo impiegò nove anni e come omaggio ai committenti, tra le colonne bronzee rivestite di tralci d’alloro, scolpì il simbolo dei Barberini: le api.
Sempre per Papa Urbano VIII, realizzò “La fontana del Tritone” collocata a Piazza Barberini. La fontana raffigura quattro delfini che sorreggono una grande conchiglia aperta, al centro della quale si innalza il dio marino Tritone. Anche per quest’opera, e in particolare per la figura del Tritone, si rifece alle Metamorfosi di Ovidio. Il gruppo scultoreo principale non è stato poggiato su basamento pieno, ma è reso cavo sfruttando le code arricciate dei quattro delfini. Un espediente che ne ha amplificato eleganza e leggerezza, usato per la prima volta in questa occasione dal Bernini. Due stemmi papali con le tre api, collocate sui delfini, rappresentano il simbolo araldico della famiglia Barberini.
Tra le opere del periodo anche “La fontana dei Quattro Fiumi” situata a Piazza Navona di fronte alla chiesa di S. Agnese in Agone. La fontana rappresenta i fiumi Nilo, Gange, Rio de la Plata e Danubio, simboleggiati da quattro giganti. In particolare, la statua del Nilo si copre la faccia poiché all’epoca non si conosceva l’esatta posizione delle sorgenti del fiume. La “traditio popular” tramanda una leggenda per la nota rivalità tra il Bernini e il Borromini. Si narra infatti che la statua del fiume Nilo si copra il viso per non vedere la chiesa di S. Agnese, progettata dal Borromini. La fontana, in realtà, fu terminata nel 1651, la chiesa invece fu iniziata l’anno successivo.
Sotto la committenza del nuovo Papa Alessandro VII, nel frattempo succeduto a Papa Urbano VIII, progettò come urbanista altri capolavori. Un esempio è il Colonnato di piazza San Pietro la cui forma rotonda rimanda volutamente a un simbolico abbraccio della Chiesa nei confronti dei suoi credenti.
Suoi sono anche i dieci angeli posti sul ponte di Castel Sant’Angelo.