In Ciara, undressed solo, andato in scena in data unica lo scorso 16 novembre al Teatro Belli di Roma, una esuberante Roberta Caronia ha accompagnato gli spettatori nelle atmosfere di Glasgow. Impersonificando un’ampia galleria di personaggi, funzionali a descrivere, nelle intenzioni dell’autore del testo, David Harrower (tradotto da Monica Capuani) un reticolo di relazioni ambigue e sofferte.
Amplificate dalla regia di Elena Serra, essenziale ma efficace, e focalizzata in particolare sugli effetti luce. Sul perimetro, pressochè spoglio di arredi scenici, Caronia si muove come una trottola, salta, corre, si accartoccia. Riproduce un ampio spettro di stati emotivi, con grande espressività.
Inserito in Trend – la rassegna dedicata alle nuove frontiere della scena britannica, curata da Rodolfo Di Giammarco – lo spettacolo prodotto da Teatro Piemonte Europa elabora il rapporto tra memoria e trauma, scava nei ricordi e svela i rapporti torbidi e tossici che condizionano le relazioni tra un gruppo di individui. Sul piatto ci sono legami di sangue, rapporti di lavoro, avidità, opportunismo, perversione. La violenza domestica, come episodio di un passato solo apparentemente rimosso e che si fa largo prepotentemente nello sviluppo della drammaturgia. E’ un continuo incedere in avanti e poi indietro, e poi di lato e di nuovo avanti. I colpi di scena riescono, il pubblico del Belli mostra di gradire.
Caronia comunica egregiamente anche con il corpo e ha saputo tenere un ritmo frenetico e costante per l’ora e mezza di svolgimento. Fenomenale. L’alternanza dei personaggi complessivamente funziona, anche se forse i caratteri sono in numero eccessivo per le caratteristiche di un monologo.
Riuscita invece i contrasti tra luci e ombre, con il colore rosso a farla da padrone e una Caronia in stato di grazia che si conferma su altissimi livelli a Roma dopo il recente “Ifigenia in Cardiff” visto al Parco dell’Appia Antica.