“Remanso è la parte di un fiume che scorre più lento senza fermarsi completamente. E’ un altro modo per dire oasi o rifugio….. La visione è quella di un fiume che si stanca di correre, pronto a tenere un corso di acque lente e limpide; l’invito è quello di fermarsi, sporgersi in acqua e guardare in profondità”. Così Maria Constanza Villareal, artista e curatrice assieme a Vittorio Beltrami della collettiva “Remanso” spiega il fil rouge delle opere esposte. Dieci istallazioni negli spazi riqualificati dell’ex Cartiera Latina di Roma, sulla sponda sinistra del fiume Almone, che non a caso, in quel tratto è ormai un calmo torrente. Dieci autori che sperimentano materiali in modo nuovo, per raccontare storie e introspezioni seguendo la Fiber Art. Ed ecco i suoi pannelli Acqua Dolce e Slow Dancing in grande formato, fatti con tessuti riciclati e risanati, colorati con olio e pigmenti all’acqua.
Tra fogliame, corsi d’acqua, pioggia e nebbia, i suoi paesaggi sembrano usciti da mondi fantastici dove ci piacerebbe restare almeno per un po’… Per Olga Teksheva il posto giusto dove rimanere accoccolati, è il ricordo dell’infanzia, “rifugio di memoria”, con i tanti piccoli oggetti trovati e occultati in luoghi reconditi. I tesori nascosti ora sono nei suoi curiosi bozzoli, che pendono dal soffitto, fatti di reti metalliche, reti da pesca, fili di lana. E dentro: ali di farfalle, pezzi di vetro colorati, collage di tessuti e ricami. Angelica di Emanuela Mastria, è invece un infinito patchwork di foglietti di carta fatta a mano, rametti di capelvenere dipinti ad acquarelli, in un continuo rimando con il luogo scelto per l’esposizione: la carta, non dimentichiamo che siamo in un’ex cartiera, e il capelvenere, pianta che cresce vicino ai corsi d’acqua. Lavoro che si srotola letteralmente sul pavimento per terminare con i versi dell’Orlando Furioso: raccontano di un’Angelica in fuga, che trova la pace con una sosta in un bosco. Si parla anche di donne quindi, della loro forza e capacità di riscatto, temi senza tempo.
Anche Anita Guerra, con un’originalissima istallazione, ci narra una storia antica: quella di “Claudia Quinta”, bellissima donna, bersaglio di maldicenze, che nel 204 a.C. riuscì a riscattare la sua reputazione solo con l’aiuto divino. Ovidio scrisse che la statua della dea Cibele fu caricata su una nave per essere portata a Roma e salvare l’Impero da Annibale. L’imbarcazione si incagliò e la giovane Claudia Quinta riuscì a liberarla con la sua forza e l’aiuto della stessa Cibele, che testimoniò così la purezza della donna. Nell’opera di Anita Guerra, tre pannelli appoggiati al muro, ci mostrano la vegetazione dell’alveo del Tevere dove la nave rimase incagliata. E quasi sembrano una prosecuzione del paesaggio nel quale siamo immersi e che ci arriva dalle grandi vetrate. Altri tre pannelli di tessuto bianco trasparente ondeggiano davanti ai giunchi dipinti. Su di essi, con un fitto e raffinato ricamo escono delle figure e, centrale, la giovane ed elegante donna intenta a tirare la cima dell’imbarcazione. E poi gli altri autori, Carolyn Angus, Marina Buening, Pasquale Nero Galante, Roberto Mannino, Claudio Orlandi, Sahoko Takahashi, tutti imperdibili, da scoprire fino al 22 ottobre. Materiali sempre diversi, declinati in forme originalissime per mostrarci le loro storie e il senso del ”Remanso”.