Con un’originale sperimentazione di generi Renato De Maria fonde fantasia, storia, azione e fumetto per raccontare la storia di Isola e il colpo che tenta di mettere in atto contro un temibile nemico…il Duce.
Presentato in anteprima alla 17ª Festa del Cinema di Roma il 15 ottobre e distribuito su Netflix il 26 ottobre dello stesso anno, “Rapiniamo il duce” è l’ultima opera del regista Renato De Maria.
Isola (Pietro Castellitto), contrabbandiere antifascista, si innamora di Yvonne (Matilde De Angelis), amante del gerarca fascista Achille Borsalino (Filippo Timi). Quando grazie alla decifrazione di un codice segreto scopre l’esistenza di un tesoro nascosto, il ladro decide di mettere insieme una squadra di antieroi per compiere il suo piano e (come da titolo) rapinare il Duce. Ad ostacolarli però c’è Borsalino che ha intenzione di tenere l’oro per sé e fuggire con Yvonne in caso di caduta del regime.
Da una parte ci sono i “buoni”: Marcello (Tommaso Ragno) e Amedeo (Luigi Fedele), compagni storici di Isola che lo aiutano a congegnare il piano strategico; Molotov (Alberto Astorri), il “bombarolo” anarchico; Hessa (Coco Rebecca Edogamhe), il “peso piuma”, con il compito di aprire la strada ai compagni senza farsi notare dalle squadre fasciste; ed infine Giovanni Fabbri (Maccio Capatonda), dimenticato campione di automobilismo che ha il compito di scortare la squadra e guardargli le spalle.
Dall’altra parte ci sono i cattivi: Achille Borsalino in primis, una figura crudele e spietata ma allo stesso tempo arguta e affascinante che gode dell’interpretazione magistrale di Filippo Timi. Personaggio da non sottovalutare però è Nora Cavalieri (Isabella Ferrari), moglie del gerarca e diva dei “telefoni bianchi”, che non si lascerà mettere dietro le quinte dalla bellezza disarmante di Yvonne.
Per stessa ammissione del film si narra «una storia quasi vera»: è infatti realmente esistito l’oro di Dongo, il tesoro sequestrato a Mussolini e Claretta Petacci mentre tentavano la fuga in Svizzera. Il film, tuttavia, non vuole indagare la vicenda storica ma partire dalla stessa per raccontare una storia appassionante, che sia riflessiva e al tempo stesso dissacrante. L’intento è molto simile al “Bastardi senza gloria” di Tarantino e molti sono gli elementi in comune, come la scelta di un cattivo più arguto e carismatico del protagonista oppure la squadra di antieroi temibili ma grotteschi, al limite del ridicolo anche nelle imprese più eroiche.
In linea con la duplice natura dei personaggi, che riflette quella fantastorica dell’opera, Renato De Maria sceglie il fumetto come mezzo d’elezione per presentare i protagonisti al suo pubblico: ed ecco che il gruppo di outsider spicca sulla scena con colori, ombre e tratti tipici dei fumetti americani per vedersi rappresentata come un’improbabile squadra di supereroi.
Si potrebbe dire, però, che il regista non indugi a caso sulla sua scelta artistica dal momento che i suoi personaggi sono a tutti gli effetti degli eroi. Yvonne nel film ripete continuamente quanto l’impresa sia impossibile e che nessun uomo, per quanto abile o forte, potrebbe mai varcare la soglia della “zona nera” illeso. Isola, però, in qualità di capitano della squadra non tentenna un momento e confida nei suoi compagni, tenendo conto di quelli che sono i talenti di ogni membro. Anzi, non si tratta di talenti ma di superpoteri.
Gli elementi del film supereroistico ci sono tutti: gli eroi, i poteri, l’azione, il cattivo all’apparenza indistruttibile, la storia d’amore travagliata e le morti in battaglia. L’originalità dell’opera consiste però nel declinare tutto questo sul panorama italiano e in particolar modo richiamando uno dei periodi più neri della storia d’Italia. Il nemico, che sia il regime o la figura di Mussolini, ha poco spazio sulla scena; il male non viene nemmeno sconfitto direttamente dai nostri eroi.
Allora forse l’anima di questo film non è l’eterna lotta tra bene e male ma la speranza che tiene in vita i protagonisti. Chiunque può riconoscersi negli outsider, nei reietti della società: Marcello e Amedeo sono troppo vecchio il primo e troppo giovane il secondo; Molotov è un povero pazzo, per di più anarchico in un paese fascista; Hessa è una donna nera, costretta a rubare per sopravvivere; Fabbri è sì un campione dello sport italiano, ma oramai dimenticato da tutti. Vivere le loro avventure e vincere (e talvolta perdere) con loro è il dono che il regista fa allo spettatore, garantendo intrattenimento, spettacolo, divertimento ma anche un momento di riflessione e, cosa più importante di tutte, speranza.