Al Cometa Off di Roma, all’interno del Fringe Festival, Francesco Rivieccio ci regala un viaggio dentro la storia più cruda dell’esistenza umana
Una canna da pesca e il ricordo di un uomo. Così inizia Rainbow, con un gesto semplice e un paesaggio silenzioso, ma già carico di memoria. A parlare è un nonno, in gita con il nipote, e quello che all’inizio sembra un tranquillo pomeriggio di pesca si trasforma presto in un racconto che scava nelle profondità dell’anima: il ricordo della guerra.

Un ragazzino che gioca a calcio, simbolo di spensieratezza, libertà, energia. Poi, come un tuono improvviso, tutto si spezza. Arriva la guerra, e con essa il reclutamento di uomini – anche molto giovani – catapultati da un giorno all’altro in un incubo che non comprendono. Quel pallone che prima rotolava su un campo diventa solo un ricordo lontano: adesso si imbracciano fucili, si lanciano bombe, si marcia fino a sanguinare. Il gioco è dimenticato. Non perché se ne siano perse le regole, ma perché la guerra spegne ogni desiderio di spensieratezza. Dopo aver giocato con la morte, senza neppure saperlo, non si è più gli stessi.
Chi poteva davvero sapere cos’era la guerra? Nessuno. Arrivava all’improvviso. In un’epoca in cui la velocità dell’informazione era ancora fantascienza, non si sapeva nemmeno chi fosse il nemico, né perché si combattesse. Eppure, ci si ritrovava al fronte, a guardare la morte in faccia.
Il ricordo del nonno si fa voce scenica grazie a Francesco Rivieccio, che porta in scena un monologo carico di intensità e verità. Il dolore si fa racconto, e il racconto si fa teatro. Un teatro che non consola, ma fa memoria. Perché la guerra, purtroppo, non è mai finita davvero. Ogni volta che in qualche parte del mondo cadono bombe, questo spettacolo ci ricorda che il dolore è lo stesso, che chi sopravvive resta segnato per sempre. Una volta si diceva “scemo di guerra”: un modo brutale per dire che la mente non regge, che qualcosa si spezza dentro per sempre.
Con straordinario coinvolgimento emotivo ed espressivo, Rivieccio racconta la sua storia – o forse la storia di tutti. È la voce di chi non sapeva, di chi non poteva immaginare cosa fosse davvero quel disastro umano che si perpetua da generazioni nel nome della sopraffazione, della forza bruta, della disumanizzazione.
Attraverso pochi oggetti simbolici – una divisa, un pallone di cuoio, una bacinella d’acqua – Rivieccio dà corpo a un’esperienza che è insieme personale e collettiva. I piedi insanguinati dal troppo camminare, l’essere ridotti a un numero, le astuzie per sfuggire alla morte: tutto viene evocato con sobrietà e potenza.

E poi si torna alla canna da pesca. Il nonno smette di raccontare, prende il secchio con i pesci pescati e li ributta in mare. Quei pesci non erano lì per essere mangiati. Erano lì per ascoltare. Forse quei pesci siamo noi, spettatori. Ci fermiamo un attimo, ascoltiamo una storia, poi torniamo a nuotare nelle nostre vite. Ma qualcosa, dentro, è cambiato. Qualcosa dentro ci ha toccato nel profondo, vale la pena rivivere questi ricordi, perché ci aiutano ad essere persone migliori.
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Rainbow di e con Francesco Rivieccio – assistente alla regia Shanti Tammaro – Teatro Cometa Off – Fringe Festival – 18 e 9 luglio 2025