La miniserie sulla regina italiana del varietà innovativo
Come in ogni viaggio dell’eroe, in questo caso dell’eroina leggendaria, il cosiddetto difetto fatale non ha un peso indifferente, trattandosi del prematuro abbandono del padre, che consegna la piccola Raffaella Pelloni, in arte Carrà -per omaggiare, come rivelato nella serie, due pittori eccelsi di differenti epoche- a una mamma rigida e amatissima, costringendola all’esercizio di una volontà di ferro, per salvarsi dal destino della vittima segnata.
Come in ogni fiaba o mito che si rispetti, l’inizio non è dei più semplici: né abbastanza ballerina né abbastanza attrice, tra la severità della prima maestra di danza, i dubbi di Marco Bellocchio sul suo phisique du rôle e la simpatia di Frank Sinatra che la sceglie per un suo film, la giovane Raffa annaspa per qualche anno alla ricerca di se stessa, trovando la formula, così come il destino spesso opera, in apparente casualità, in un breve varco aperto dal kairos per dimostrare il suo talento innovativo, che, come tale, non viene riconosciuto al primo sguardo, ma sa imporsi con immediatezza, avendo raggiunto il cuore o spirito del tempo.
Il bel lavoro di Daniele Luchetti, coadiuvato dalla scrittura di Cristiana Farina, Carlo Altinier, Barbara Boncompagni, Salvatore Coppolino, Salvo Guercio, si snoda tra un ampio materiale di repertorio, qualche inserto fiction -a nostra percezione- meno d’impatto, interviste illustri quali Renzo Arbore, Rosario Fiorello, Loretta Goggi, Emanuele Crialese, Enzo Paolo Turchi, Gianni Boncompagni e figlia, il succitato Marco Bellocchio, Paola Dee e altri. Compone il mosaico di una donna dotata di qualità assolutamente straordinarie per il tempo, ma forse non soltanto. Per la mia generazione, che in parte ricorda superficialmente una icona gay blandamente trasgressiva, inzuccherata dai rassicuranti mantelli del Sabato sera e della Domenica pomeriggio, tra barattoli di legumi e consigli infermieristici a un pubblico che la venera e reclama a gran voce adozione emozionale, le tre puntate, di circa un’ora ciascuna, restituiscono il profilo di una personalità di ferro, coraggiosa e indipendente, capace di rinnovarsi prima che il suo fare diventi ripetitivo, fragile nel possesso dei suoi uomini e collaboratori, generosa ed esigentissima, apparentemente priva di ogni comprensibile spavento, fosse nel confronto con la musa Mina, nel cambio temporaneo di nazione o nel passaggio di emittente, nell’allontanamento di un collaboratore essenziale, ma, al suo dichiarato bisogno di fedeltà indiscussa, poco grato.
Raffa è la prima a esporre il suo ombelico in una Rai scissa tra conformismo e desiderio d’innovazione, rendendo il toccare con malizia innocente il corpo nella danza, ricorda la bellezza universale del fare l’amore in planata geograficamente discendente per lo stivale; motivo di scalpore divertito e codice di comportamento rinnovato alla massa di un pubblico affamato di una televisione che detti linee di sopravvivenza esistenziale.
A renderla così unica appare quel misto di schiettezza e segreto, riservatezza e piena condivisione, occhi da cerbiatta su anima di ferro, capace di esporsi nel dispiacere di non aver avuto figli, furiosa a tutto schermo per le malevolenze nazional popolari su una sua presupposta trascuratezza della mamma anziana, aperta nel racconto dell’amore con Gianni Boncompagni -poi rimastole accanto come regista fedele nel trascorrere di lei a Sergio Japino– commossa nel fronteggiare Madre Teresa di Calcutta… una cometa che volteggia diverse spanne sopra le testoline di un’italietta immutabilmente rancorosa verso i suoi prodotti d’eccellenza, sempre pronta a rimestare nel torbido e nel morboso, specie verso chi non ne ha poi così tanto da nascondere, a criticare il genio che trascende, seppure a ritmo di rumba, la banalità del confortevole, senza conoscerne la disciplina né accettarne il prezzo, attivando la macchina del fango contro chi non si rassegna a nulla, per seguire il proprio daimon, senza abdicare la propria intima sfida costitutiva, attraverso un rigoroso auto miglioramento. Solo il silenzio sulla sua rapida malattia finale lascia trapelare quanto la donna abbia vinto in riserbo sull’artista, che si pretenderebbe – anche secondo le parole di Fiorello- pasto condiviso in ogni circostanza.
Non siamo tanto cambiati, solo incattiviti neanche poco, ma la parabola ben narra di come chi abbia un processo d’anima in corso, anche sulle rovine personali e altrui non smette di danzare.
Superfluo forse il ribadire della summa psicologica che il papà mancante è stato poi reintegrato nell’opera alchemica della costruzione di una colonna sonora umana, monumento a se stessa come al paese intero, ma a volte forse melius abundare; c’è perfino il rischio di apprendere qualcosa. Anche la buona imitazione è in fondo un’arte o, quantomeno, gloriosamente, ci assomiglia.
Raffa – Documentario – Regia di Daniele Lucchetti – – Produzione: Fremantle, Media Italia, Walt Disney Pictures Italia – Data di uscita 06/07/2023