Quelle valigie di cartone piene di sogni in fondo a una miniera.

Al Tor Bella Monaca di Roma, “Gesù, Grisù e Maria” di Gianni Clementi tra leggerezza e ricordi di un Italia custode di una memoria fatta di miseria ed emigrazione.

Cosa succede quando la parola Gesù diventa Grisù, gas combustibile che si sviluppa nelle miniere di carbone? Intrecci di parole ed eventi comici e drammatici diventano la cornice di una storia spiritosa e travolgente.

In scena al Teatro Tor Bella Monaca, dal 1° al 3 novembre 2024, con la regia di Pierluigi Iorio, una coppia divertente, affiatata ed efficace, come Francesco Procopio e Giancarlo Ratti, regala una serata all’insegna di risate fresche, su uno sfondo di una triste realtà: quella che ha travolto l’Italia e l’Europa nell’agosto del 1956, quando un incendio nella miniera di carbone a Marcinelle, in Belgio, uccise 262 persone, di cui 136 erano immigrati italiani. Negli anni del dopoguerra, gli stati europei cercarono con tutte le forze di riprendersi dai disastri dell’ultimo conflitto. In Belgio, i cittadini si rifiutavano di lavorare nelle miniere, a causa dell’alto rischio di incidenti e della scarsa protezione. Nacque così il protocollo Italo-Belga, secondo cui l’Italia avrebbe inviato manodopera in cambio di carbone. Moltissimi uomini partirono con la speranza di guadagnare qualcosa per sé e per le proprie famiglie, ma molti di loro trovarono soltanto la morte, lavorando in condizioni precarie e ad altissimi rischi. Un tema purtroppo ancora attualissimo nella nostra Europa dell’immigrazione.

La storia, scritta con cura da Gianni Clementi, racconta la vita delle persone rimaste in Italia ad attendere i loro cari dalla Miniera di Marcinelle. Tra i protagonisti ci sono Rosa (Loredana Piedimonte), sposata con Antonio che lavora in Belgio, e sua sorella Filomena (Carmen Landolfi), zitella e apparentemente illibata. Tutto si svolge nella sacrestia, coinvolgendo un povero parroco, don Ciro, che, come tutti i parroci dell’epoca, era un punto di riferimento per tanta gente analfabeta e povera, sia materialmente che culturalmente. Don Ciro, alle prese col nuovo sacrestano Vincenzo, un uomo con disabilità ad una mano, sfrattato dall’orfanotrofio delle carmelitane scalze, cerca di assumerlo. I due formano una coppia esilarante: Francesco Procopio, nel ruolo di Vincenzo, incarna il personaggio con una credibilità eccezionale, divertente e simpatico, sia nell’interpretazione delle battute che nell’espressività mimica, muovendosi agilmente sul palco come un bimbo ingenuo e buono che desidera soltanto l’attenzione del suo parroco, interpretato da Giancarlo Ratti.

Don Ciro cerca faticosamente di risolvere i problemi e gli intrecci che coinvolgono le due sorelle, Filomena e Rosa e il farmacista del paese interpretato da Giosiano Felago, laureato ma sempliciotto anche lui. I cinque attori creano una storia dinamica, ritmata e coordinata nelle battute che non annoia gli spettatori; al contrario, ci si dimentica del tempo che passa. La sacrestia in cui si svolge la storia, realizzata dallo scenografo Alessandro Chiti, è semplice, bella e realistica, riflette la vera sacrestia, dove spesso, nella realtà come nella scena, si intrecciano storie di vita umana e di fede, che si ripongono nelle mani del parroco come nelle mani di Dio, ma che Dio non è, e don Ciro cerca di trovare soluzioni umane a situazioni a volte disumane.

I costumi di Melissa De Vincenzo, insieme alla scenografia e al racconto della storia, creano uno spettacolo realistico e gradevole, tutto supportato dalla musica degli anni ’50 di un vecchio jukebox rosso sistemato sul proscenio e ben visibile anche quando il sipario è chiuso. La musica avvolge di atmosfera gli spettatori che appena entrati in sala, percepiscono che si sta per aprire il sipario su un passato forte, dinamico ed emozionante. 

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Gesù, Grisù e Maria di Gianni Clementi – regia Pierluigi Iorio – Con Francesco Procopio, Giancarlo Ratti, Loredana Piedimonte – Giosiano Felago e Carmen Landolfi – scene Alessandro Chiti – costumi Melissa De Vincenzo – Teatro Tor Bella Monaca dall’1 a 3 novembre

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Grazia Menna

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