Una parola soltanto per indicare il titolo di un film che, a raccontarne la trama, sembrerebbe complicatissimo, ma nel suo significato, al contrario, è di una semplicità disarmante. I due protagonisti si amano, e tutto quel che succede, accade per amore. Forbidden, ossia «proibito» (come fu battezzato nella distribuzione italiana) senza specificare cosa. Eppure, rimanendo invischiati nelle difficoltà a cui vanno incontro Lulu e Bob, si intuisce che è proibito amare. Qui, però, l’amore non è quel sentimento divino «che move il sole e l’altre stelle», ma è la spasmodica affezione che acceca due esseri umani, i quali tentano di superare ogni ostacolo con una bugia sempre più grande, pur di potersi riabbracciare ancora una volta. Per l’appassionata Lulu non bastano i misteri della vita di lui a farle cambiare idea, e non basta nemmeno aver messo al mondo una bambina per renderla più responsabile e accorta. Il suo cuore supera tutte le prove: la scoperta della moglie di Bob, la carriera politica che rende impegnatissima la vita del suo amante, il distacco da sua figlia che abbandona tra le braccia della rivale, la precarietà della sua stessa vita; nulla riesce a placare il suo amore per Bob; perché sa che anche lui, malgrado tutto, la ama e sta facendo il possibile per dimostrarglielo. Lulu prende atto, nemmeno con troppo sacrificio, di vivere ciò che l’amore le suggerisce, anche se è severamente forbidden. Proibito dalle circostanze, dai casi della vita: tutti eventi uguali e contrari; il fato (dicevano gli antichi) prima li ha legati e poi s’è divertito a separarli, senza però mai conceder loro la forza di staccarsi definitivamente. Sembra si possa trattare di una tragedia greca. Volgendo, infatti, lo sguardo al mondo mitologico si potrebbe facilmente scorgere il sadismo degli dèi: lo stesso che s’oppose al ritorno a casa di Ulisse, e che quindi impedì per anni a Penelope di riabbracciare il suo uomo. Così, Lulu e Bob restano uniti e distanti per tutta la vita, fino a quando morte non li separa. Proprio come in un matrimonio che non s’ha da fare e mai s’è fatto!
Frank Capra, nel 1932, a soli due anni dall’entrata in vigore del Codice Hays, prende a pretesto la storia di Fannie Hurst (da poco data alle stampe) e ne fa un lungometraggio a sfondo romantico, ma che in realtà diventa la precisa fotografia della vita ingannevole cui sono costretti (sì, costretti, perché il sentimento di Bob è realmente autentico) a condurre le autorità politiche, coloro che tentano la scalata governativa e che convivono con la preoccupazione di non farsi beccare in flagrante, non dalla moglie, ma dalla stampa, sempre pronta a montare scoop per stroncare il futuro del personaggio in auge. Noi siamo abituati a questi scandali: da Kennedy a Clinton, da Berlusconi a Johnson, è sempre un gran inutile parlare, tanto che ormai, per alcuni, l’argomento è venuto a noia. Tuttavia all’epoca le carriere politiche potevano anche infrangersi di fronte alla pubblica rivelazione di un rapporto clandestino, di una torbida tresca smascherata.
Non a caso la scena più eloquente, ma anche la più delicata, è proprio un duetto muto, in cui sia Bob che Lulu dialogano a gesti indossando una vistosa maschera carnascialesca che nasconde i visi degli amanti clandestini. La speranza di riuscire a nascondersi agli occhi del mondo, ai problemi che il quotidiano avverso s’appresta a contrapporre al loro amore, viene immediatamente bruciata dallo squillo di un telefono. È la voce della realtà che rompe l’incantesimo. Dunque, proibito sperare per Lulu, proibito sognare per Bob, e proibito per Capra presentare un governatore adultero: così il film incontrò enormi difficoltà di distribuzione, dopo il 1934, malgrado riservi una delle migliori interpretazioni di Barbara Stanwyck al fianco di un eccellente, cerimonioso (senza mai essere lezioso) ma sincero e garbato Adolphe Menjou. Frank Capra riesce ad alternare fasi romantiche e quelle più drammatiche a momenti di grande ironia e leggerezza. Motivo per cui il pubblico passa facilmente dal sorriso alla commozione.
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Forbidden (Proibito), un film di Frank Capra del 1932, ispirato al romanzo «Back Street» di Fannie Hurst (1932). Con Barbara Stanwyck (Lulu Smith), Adolphe Menjou (Bob Grover), Ralph Bellamy (Al Holland), Dorothy Peterson (Helen Grover), Thomas Jefferson (Wilkinson), Myrna Fresholt (Roberta da bambina), Charlotte Henry (Roberta a 18 anni). Sceneggiatura di Frank Capra e Jo Swerling. Regia di Frank Capra. Per la rassegna «Hollywood proibita. Il cinema senza censure del Pre-Code» al Palazzo delle Esposizioni, sala Cinema
Foto in evidenza: Barbara Stanwyck