QUALE TEATRO DOPO LA TEMPESTA COVID-19?

di Andrea Cavazzini

Il teatro è un’arte fatta per il pubblico., ma questa pandemia ci sta costringendo ormai da settimane a restare in casa. Nel frattempo i teatri italiani a partire dal primo decreto del governo del 4 marzo, sono stati costretti ad abbassare il sipario, ufficialmente almeno fino al 3 aprile(ma la chiusura sarà sicuramente prorogata) e non c’è dubbio che ormai la stagione può considerarsi conclusa a detta di quasi tutti gli addetti lavori: esercenti, produttori, artisti e maestranze. Un’intera stagione è stata vanificata.  Sarà difficile se non impossibile per i teatri posticipare le date della programmazione corrente, tutti ormai sono concentrati sulla stagione che verrà.  Se riusciremo a vedere del teatro sarà forse grazie a qualche festival estivo. Psicosi post coronavirus permettendo.Ciò non solo annulla le entrate, ma impedirà anche ai lavoratori del settore di raggiungere la soglia degli spettacoli o dei giorni lavorativi necessari per richiedere l’indennità minima di welfare.

Uno studio del 2017 ha rilevato che oltre l’80% degli italiani che lavorano nel settore non hanno accesso a misure di sostegno, il che è terrificante per un settore caratterizzato da un’occupazione caratterizzata dall’incertezza. Massimo Dapporto, presidente dell’Associazione Italiana Teatro (ApTI) spera che questa crisi permetta una svolta nella creazione di un sistema di tutela per attori e operatori teatrali.Il gruppo ha invitato il ministro italiano della Cultura, Dario Franceschini, a dichiarare le misure di emergenza. Alcuni hanno chiesto un “reddito da quarantena”, prendendo di mira lo schema del Movimento Cinque Stelle, il “reddito di cittadinanza”.

Il danno economico sarà più significativo per i teatri e per le produzioni indipendenti non finanziati dal cosiddetto Fondo Unico per lo Spettacolo (FUS). Come molti paesi in Europa, il teatro e l’arte possono essere sovvenzionati dallo Stato. Tuttavia, in Italia, oltre il 50% del fondo FUS è destinato esclusivamente all’opera. Su Facebook, gli artisti hanno utilizzato l’hashtag #lospettacolononsiferma, il che significa che lo spettacolo deve continuare. Sui social media hanno condiviso una canzone, una storia, una poesia o un monologo, un grido che mostra la voglia di esserci e di lanciare un segnale forte alle istituzioni..

Molti attori soprattutto le piccole compagnie per non parlare della miriade di teatri off che si sostengono attraverso l’autofinanziamento, gli incassi e quei pochi abbonamenti che riescono a far sottoscrivere, hanno tutti la netta percezione che i loro mezzi di sostentamento sono stati inevitabilmente compromessi.  Non solo la cancellazione degli spettacoli, ma per molti anche la  chiusura delle attività educative all’interno degli stessi teatri o  delle scuole attraverso l’insegnamento e seminari per giovani e adulti che hanno tenuto prima del blocco. E se non si hanno soldi da parte, si è nei guai. Paradossalmente i seminari spesso sono considerati “consulenza“, anche se “in realtà si fanno  lezioni e  se l’ispettore del lavoro dovesse arrivare, bisogna dichiarare  che si tratta di una consulenza. E spesso queste entrate garantiscono a mala pena la sopravvivenza.

C’e una miriade di attori soprattutto quelli meno noti, che si barcamenano tra una scrittura e l ‘altra.  E così, se le misure restrittive ti colpiscono quando, alla fine di febbraio, il tuo conto bancario era già a zero, allora sono dolorii! Il lavoro dell’attore è crudelmente “darwiniano”. Non tutti quelli che si sono diplomati in scuole più o meno prestigiose continuano a lavorare a distanza di anni, spesso in condizioni normali si è costretti a cambiare mestiere, figuriamoci nell’emergenza…Il virus, ha trasformato oltretutto  molti attori in esattori delle tasse: rinchiusi nelle case, “tentano” di riscuotere le loro spettanze con coloro che pagano in ritardo  e che a loro volta hanno difficoltà a pagarti, strappando a mala pena un rimborso delle spese con i denti. Oltre a ciò, c’è il problema dell’accesso al welfare. Per accedere alle prestazioni sanitarie o di disoccupazione, è necessario dimostrare un numero minimo di giorni di pagamento all’INPS .

E’ indubbio che la sicurezza pubblica rimane la massima priorità per tutti. Tuttavia, le misure adottate dal governo hanno il potenziale per minare la già annosa criticità dei teatri ma anche dei musei, cinema, luoghi e degli altri spazi culturali del nostro paese che dipendono dal pubblico, dai visitatori e dalla partecipazione, nonché dalla vasta gamma di addetti ai lavori che lavorano nel settore dell’intrattenimento in generale. Il decreto del governo deve essere accompagnato da un sostegno urgente per aiutare l’industria del teatro a superare un periodo difficile senza precedenti, con un’immissione significativa di fondi necessari per consentire sia ai teatri che agli artisti di sostenere il notevole impatto economico dell’epidemia di Covid-19.

Abbiamo visto titoli dei giornali su fondi ingenti destinati(giustamente) agli asset strategici del nostro Paese, all’industria, al commercio, alle piccole imprese, agli artigiani, al turismo, e non ultimo a quell’ampia fascia di popolazione che “sopravviveva”  grazie ad un lavoro  precario o peggio ancora sottopagato, piccole partite iva comprese;  ma la comunità artistica (così spesso trascurata) non ha le stesse risorse su cui contare in questo momento di bisogno.  Quindi la necessità di fare fronte comune di fronte ad una minaccia senza precedenti per tutto il comparto, mentre parallelamente assistiamo  a causa del distanziamento sociale ad un aumento  degli ascolti grazie alle piattaforme digitali che in questo momento sopperiscono alla difficolta di fruizione diretta del teatro, che alla fine di questa estenuante quarantena avrà bisogno non solo di un vero piano Marshall per rialzarsi, ma soprattutto dell’apporto di tutto il  suo pubblico.