QUADRIENNALE ARTE 2020 al Palazzo delle Esposizioni: la recensione

“FUORI di testa, FUORI moda, FUORI tempo, FUORI scala, FUORI gioco, FUORI tutto, FUORI luogo” – è dallo smisurato fuori, dalla visione estesa, dall’atto di valicare i confini, che ha origine “Fuori” – Quadriennale D’arte 2020 che, prorogata fino alla primavera 2021, abiterà gli spazi del Palazzo delle Esposizioni di Roma.

Articolata su un percorso eterogeneo che sviluppa le sue traiettorie tra arti visive, danza, musica, teatro, cinematografia, moda, architettura e design, la mostra si propone di dar voce a quarantatré artisti le cui altisonanti visioni si rafforzano e si imprimono nella scelta delle sale monografiche ad essi dedicate.

Se in “Edera 2020” Diego Gualandris utilizza olio per friggere come diluente per i colori e peluches come pennelli, in “Senza Titolo: una tenda”, Chiara Camoni fa uso di teli di seta come superficie su cui lasciar accadere il naturale processo di stampa di erbe e fiori selvatici.

Un’ aura nostalgica, che nel linguaggio della lontananza trova l’origine della sua ispirazione, emerge da “Incontri e luoghi straordinari” Giulia Crispiani, opera collettiva e polifonica dove ad imprimersi su carta, su tessuto, su cartoni di pizza, sono le lettere spedite e ricevute da sessanta persone lontane.

“Penso a come l’umidità influenzi la voce e la voce l’influenzi l’umidità a sua volta”, e ancora “Qual è la squisita maniera di stare attaccata alla vita? – così la materia epistolare riprodotta su supporti d’ogni sorta, registra le speranze dell’altrove, attraversate dall’esigenza perduta di contatti reali.

È sulle mastodontiche lettere in ceramica di We are the granddaughters of the witches you were never able to burn” che si plasma l’opera di Raffaella Naldi Rossano, sull’indagine del segno pre-linguistico che si articola l’esplorazione fisica della scritturaproposta da Irma Blank che in “Radical Writings, Abecedarium Bleu”, mette in atto una comparazione tra la ritualità del gesto dello scrivere e l’idea di ripetizione.

Laddove una ballerina, cristallizzata nel suo atto di prolungata contemplazione, si fa soggetto di Compiuta figura” di Guglielmo Castelli, i registi e artisti visivi italiani David Zamagni e Nadia Ranocchi del collettivo Zapruder Filmmakersgroup seguono, in “Zeus Machine, L’invincibile, una traiettoria che si distacca da un’idea di cinema tradizionale e declina su di un contesto periferico le fatiche di un eroe non più operante nel suo tempo arcaico, ma nel presente.

Parte dagli anni Sessanta per prolungarsi fino all’età contemporanea, una mostra che nell’irriducibile diversità di sguardi e forme ospita fra gli artisti selezionati Alessandro Agudio, Micol Assaël, Irma Blank, Monica Bonvicini, Benni Bosetto, Sylvano Bussotti, Chiara Camoni, Lisetta Carmi, Guglielmo Castelli, Giuseppe Chiari, Isabella Costabile, Giulia Crispiani, Cuoghi Corsello, DAAR – Sandi Hilal – Alessandro Petti, Tomaso De Luca, Caterina De Nicola, Bruna Esposito, Simone Forti, Anna Franceschini, Giuseppe Gabellone, Francesco Gennari, Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi, Diego Gualandris, Petrit Halilaj e Alvaro Urbano, Norma Jeane, Luisa Lambri, Lorenza Longhi, Diego Marcon, Raffaela Naldi Rossano, Valerio Nicolai, Alessandro Pessoli, Amedeo Polazzo, Cloti Ricciardi, Michele Rizzo, Cinzia Ruggeri, Salvo, Lydia Silvestri, Romeo Castellucci – Socìetas, Davide Stucchi, TOMBOYS DON’T CRY, Maurizio Vetrugno, Nanda Vigo, Zapruder, e vede come curatori Sarah Cosulich e Stefano Collicelli Cagol.