Psycho: quando l’amore di una madre ti uccide

Dal 14 al 16 gennaio è stato presentato all’Off/Off Theatre l’ultimo lavoro di Giovanni Franci con protagonisti Giuseppe Claudio Insalaco e Alessandra Muccioli in una produzione di Fondamenta Teatro e Teatri e con le elaborazioni digitali di Nuvole Rapide Produzioni.

Un palco, due sedie, due attori e tre personaggi. Una luce rossa pervade la scena mentre la figura di un uomo si muove sinuosamente. Si sta vestendo, è preciso, metodico, ordinato, pulito. È un assassino. Si tratta di Norman Bates, ci annuncia la sua psichiatra, la dottoressa Bloch, mentre lui si prepara per il loro incontro. Eppure, quando la dottoressa Bloch entra nella stanza non parla con Norman, bensì con sua madre Norma. Anche chi non dovesse ricordare la trama di Psycho scopre presto che Norman soffre di un disturbo mentale noto come ‘disturbo dissociativo dell’identità’. Infatti, dopo aver subito abusi emotivi e fisici da parte di Norma fin dalla tenera età, Norman svilupperà una seconda personalità/identità che assomiglia a sua madre in molti modi e che ormai sembra aver preso il sopravvento. Norman ormai sembra essere solo l’ombra di sé stesso e sul palco vediamo sovrastare indiscussa la figura di sua madre che, come quando era in vita, continua ad opprimere il figlio convinta di agire per il suo bene. In fondo il migliore amico di un ragazzo è sua madre, cosa potrebbe volere di più?

Il giovane drammaturgo Giovanni Franci non solo si dimostra talentuoso nella stesura di un testo ben curato e complesso, ma prova anche di avere una conoscenza piuttosto approfondita dei disturbi di personalità costruendo un personaggio credibile. La tensione tra maschile e femminile nella figura di Norman è resa benissimo da Giuseppe Claudio Insalaco. Il compito non era facile ma non si fa sopraffare e porta in scena egregiamente il disastroso risultato che l’amore malato di una madre può creare. Una mente contorta, intricata, malata, una continua lotta in cui solo il più forte può sopravvivere. L’arduo compito di navigare nella mente di Norman e provare a districare questo groviglio di malvagità spetta alla dottoressa Bloch interpretata da Alessandra Muccioli. Muccioli non si perde nella complessità del suo personaggio o di quello di Norman e ci presenta una donna forte, sicura di sé, che prova in tutti i modi a sventolare la bandiera del bene, della razionalità e dell’amore nel suo tentativo disperato di liberare Norman da sé stesso e dall’ombra di sua madre.

Una lotta tra due donne forti e un viaggio nel passato e nella mente di un pazzo criminale che viene rappresentata con un mix di linguaggio teatrale e cinematografico che funziona alla perfezione. Franci riprende i toni misteriosi del mago della suspence, Hitchcock, dandogli colore, in questo caso il rosso come quello delle luci al neon che invitano i turisti a entrare in un motel. Tutto accompagnato da una musica che funge da perfetta colonna sonora, come nei migliori thriller psicologici.

Uno spettacolo fresco e dal linguaggio innovativo che non delude le aspettative, anzi, tiene sempre alta la tensione e sorprende anche chi conosce già la storia. Un sogno dentro il quale ci sentiamo cullati da un certo senso di familiarità, ma non riusciamo mai a rilassarci completamente perché vediamo il destino della dottoressa sgretolarsi davanti ai nostri occhi e la tensione tra i personaggi aumentare esponenzialmente fino a quando non ci rendiamo conto di trovarci dentro un incubo.

Invito chiunque sia curioso a imbarcarsi in quest’avventura e a prendere parte a questo viaggio nella mente di un serial killer e nel passato burrascoso di una donna ferita: sedetevi nella sala e osservate come il male può annidarsi dietro il volto più pulito e insospettabile, scoprite cosa succede quando il più puro dei sentimenti partorisce un concentrato di malvagità.