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Provaci ancora, Sam: rileggere Woody Allen oggi

Lo spettacolo di The Kitchen Company al Teatro Duse di Genova mette alla prova un classico del teatro contemporaneo

La sala è piena per la prima del nuovo spettacolo di The Kitchen Company, che sceglie di portare in scena Provaci ancora, Sam, uno dei testi fondativi dell’universo teatrale di Woody Allen. Il pubblico si riconosce, si saluta, si racconta le feste appena concluse. Un brusio diffuso, caldo, che restituisce l’immagine di un teatro ancora capace di essere luogo di incontro prima che di rappresentazione.

Quel rumore vitale viene interrotto dall’intervento di Massimo Chiesa, fondatore e direttore artistico della compagnia, che racconta la genesi dello spettacolo e le difficoltà che lo hanno accompagnato. Un progetto nato dall’amore per un testo già classico e dalla volontà di attraversarlo senza metterlo al riparo.

Il sipario si apre sull’appartamento di Allan Felix, interpretato da Lorenzo Tolusso. Uno spazio domestico riconoscibile, disordinato quanto basta, rifugio e prigione insieme. Una casa che racconta il suo proprietario prima ancora che lui parli. Allan è un critico cinematografico nevrotico, ipocondriaco, divorziato, terrorizzato dalla solitudine e strutturalmente incapace di stare nel desiderio. Tolusso evita la macchietta e lavora su un corpo sempre leggermente fuori tempo, mai del tutto allineato con ciò che pensa o vorrebbe fare. La comicità nasce dall’eccesso di consapevolezza, non dalla goffaggine.

Accanto a lui si muove il suo “grillo parlante”: Humphrey Bogart, incarnazione del mito maschile cinematografico, interpretato da Mauro D’Amico. Bogart entra ed esce dalla scena come una coscienza esterna, ironica e implacabile. Non consola, non assolve: indica una direzione che Allan fatica persino a immaginare di poter seguire. È un dialogo continuo tra fragilità e mito, tra l’uomo reale e l’immagine ideale, tra il fallimento quotidiano e l’illusione cinematografica.

Provaci ancora, Sam è uno dei testi che hanno contribuito a definire l’immaginario alleniano, prima a teatro e poi al cinema. Rivederlo oggi, a ridosso del novantesimo compleanno dell’autore, significa confrontarsi con una scrittura che ha segnato profondamente il modo di raccontare l’insicurezza, il desiderio e la mascolinità in crisi. Scritto alla fine degli anni Sessanta, porta con sé una visione delle relazioni e dei ruoli di genere profondamente situata nel suo tempo. Alcune battute oggi fanno inevitabilmente arricciare il naso: non per scandalo, ma per distanza culturale. Il desiderio maschile espresso senza mediazioni, la donna come funzione narrativa, un tono a tratti paternalistico. Lo spettacolo non corregge né smussa questi elementi, e fa bene a non farlo. Li espone. È in questa frizione con lo sguardo contemporaneo che il testo rivela insieme i suoi limiti e la sua onestà storica.

L’allestimento sceglie la strada della fedeltà intelligente. I personaggi sono caricaturali, ma mai vuoti: la caricatura diventa lente d’ingrandimento, non scorciatoia. Il ritmo comico è solido e preciso, le risate sono piene, non consolatorie. Si ride perché quella fragilità ipertrofica resta, ancora oggi, una lingua condivisa.

Il lavoro sugli altri personaggi è uno degli elementi più riusciti dello spettacolo. Fabio Facchini, nel ruolo di Dick Christie, costruisce una figura apparentemente lineare, quasi opaca, che proprio nella sua normalità, e a modo suo una sorta di comicità, diventa un efficace controcampo alla nevrosi di Allan.

Lidia Castella, nei panni di Linda Christie, evita la trappola del personaggio accessorio. La sua interpretazione tiene insieme affetto e distanza, misura e controllo. Pur muovendosi all’interno di un immaginario dichiaratamente maschile, riesce a restituire una presenza autonoma, non riducibile a semplice proiezione.

Il compito più complesso spetta a Susanna Valtucci, chiamata a incarnare una molteplicità di figure femminili. Ruoli che rischierebbero facilmente di ridursi a una galleria di stereotipi, ma che Valtucci differenzia con precisione, lavorando su ritmo, gesto e registro. I personaggi restano tipizzati, come da scrittura, ma mai indistinti.

La regia di Massimo Chiesa accompagna il testo senza sovrapporsi, rinunciando a commenti esterni o aggiornamenti forzati. Una scelta che espone lo spettacolo al rischio dell’anacronismo, ma che lo trasforma invece in occasione critica. Provaci ancora, Sam funziona proprio perché non cerca né assoluzioni né condanne: mostra un immaginario e accetta che oggi le sue crepe siano visibili.

Sentite risate, applausi lunghissimi. Queste le reazioni alla prima di questo spettacolo, in scena ancora fino al 4 gennaio al Teatro Duse di Genova.

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Provaci ancora, Sam – Produzione Associazione Culturale DaDa – Drammaturgia Woody Allen – Traduzione Pier Francesco Paolini – Regia Massimo Chiesa – Con gli attori di The Kitchen Company – Personaggi e interpreti – Allan Felix Lorenzo Tolusso – Humphrey Bogart Mauro D’Amico – Dick Christie Fabio Facchini -Linda Christie Lidia Castella – Nancy, Sharon di sogno, Sharon Lake, Gina, Vanessa, Ragazza Go-Go, Ragazza Intellettuale e Barbara Susanna Valtucci – Scene e costumi The Kitchen Company – Musiche da Herman Hupfeld, Louis Armstrong e George Gershwin – Teatro Duse di Genova 27 dicembre 2025

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