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Profondo Rosso: conseguenze del trauma

Sono entrata in contatto con una mente perversa! I suoi pensieri sono pensieri di morte! Via! Via! Tu hai già ucciso e sento che ucciderai ancora.

L’occhio osserva, la mente registra, elabora e laddove ciò non é possibile s’arresta. Si plasma il trauma. Una sostanza dolorosa ed informe che armonizza realtà e suggestioni oniriche. Sì poiché trauma é anche traume ossia sogno secondo l’idioma germanico. Falde, dimensioni, che in Profondo Rosso si contaminano l’una nell’altra prive di continuità alcuna. Il dipinto dai molteplici volti é uno specchio ma é anche coscienza; la parete dove la mummia é celata é materia e subconscio contemporaneamente.

Dario Nicolodi

L’incapacità di elaborare l’evento traumatico si traduce in una condotta ripetuta e sistematica su cui il lungometraggio fonda la propria drammaturgia e che conosce il proprio apogeo nell’atto drammatico dell’omicidio. Un gesto che occlude lo sguardo, che interrompe lo sviluppo ma non fa cessare il trauma il quale continua ad abitare nei soggetti che lo vivono. Il trauma é pulsione di morte.

Per tali ragioni Profondo Rosso ( 1975 ) é un film estremamente accademico all’interno della filmologia di Dario Argento. L’opera si colloca in un momento nevralgico all’interno della carriera del regista poiché sancirà il termine della parentesi thriller ed inaugurerà quella squisitamente orrorifica.

All’interno dell’ultimo lungometraggio giallo del cineasta romano , individuiamo tutte le tematiche care al regista e che conosceranno ulteriore elaborazione nei lavori successivi: dal gusto per l’esoterismo fino all’utilizzo spregiudicato del colore ( di cui si registrerà l’apice con Suspiria), delle musiche e della violenza efferata. Si può dire che l’estetica di Argento é già qui completa e risolta ma che successivamente – come precedentemente accennato – conoscerà vette di assoluta bellezza.

In Profondo Rosso la realtà stessa sembra essere figlia del trauma e pervasa dalla degenerazione dello stesso. Smembrata, dissacrata, violentata in ogni sua componente, sono i corpi lacerati a colmare le inquadrature grazie all’utilizzo di piani ravvicinati, claustrofobici. I personaggi errano in questo spazio quasi alieno, ambiguo – molto debitore ad Antonioni e al cinema della modernità – e le loro azioni si rivelano soventemente inconcludenti. Un incapacità di agire asserita dalle componenti temporali ( si é sempre in ritardo nel giungere sulla scena del crimine ) e luttuose. La componente investigativa é slabbrata ed assume le caratteristiche addebitate da Deleuze al cinema moderno.

Le ferite si fanno enormi come i dettagli macabri che tutto fagocitano all’interno della dimensione passata e macabra. L’originario cannibalizza il derivato.

Il film di Argento é già intimamente orrorifico e preannuncia la nuova stagione artistica del regista. I luoghi si manipolano e divengono teatri d’orrore, l’elemento cromatico domina e configura significati espliciti, le musiche smarriscono ogni diletto divenendo richiamo mortuario. 

In particolar modo, le ultime caratteristiche sopra citate, saranno protagoniste assolute del lungometraggio successivo a Profondo Rosso ( che, in un certo senso, ha una funzione paterna in tal senso) ossia Suspiria ( 1977 ). Qui, dato cromatico e colonna sonora divorano le inquadrature generando spazi alieni ed incantati, pregni di sublime orrore. A proseguire il percorso esoterico idealmente inaugurato da Profondo Rossoe conseguito dalla trilogia delle Madri, sarà poi Phenomena(1985) dove, nuovamente, troviamo una madre folle da sopprimere. 

Spetterà allo sfortunato Occhiali Neri (2022), invece, concludere la riflessione generata sul trauma che, questa volta, s’imprime sulla retina e si configura come una negazione della vista. Se nel film del 1975 il dramma dei personaggi risiedeva nel vedere e udire “troppo“, in Occhiali Neri é l’opposto benché le conseguenze siano ugualmente funeste.

Per Argento é chiaro: al trauma irrisolto non si può sfuggire e non ci si può salvare. I fantasmi del passato rendono tali anche i vivi. Proprio in virtù di ciò, sul finale di Profondo Rosso assistiamo ai titoli di testa dove sullo schermo troneggia una scritta che recita: “avete visto Profondo Rosso”come a suggerirci che anche noi abbiamo visto, siamo stati testimoni come Marc e come lui ci siamo specchiati nelle pozze di sangue ed abbiamo affrontato il nostro percorso di elaborazione del trauma. Abbiamo osservato oltre la soglia e, come il nostro protagonista, abbattuto pareti e adesso nulla sarà mai più come prima. Sicuramente non lo é stato per la storia del cinema. 

Il film si distingue non solo per la maestria registica e la colonna sonora iconica dei Goblin, ma anche per le intense e convincenti interpretazioni del suo cast, che contribuiscono in modo determinante all’efficacia della narrazione e all’atmosfera disturbante del film.

Tra i protagonisti spicca David Hemmings, che interpreta Marcus Daly, un pianista jazz testimone involontario di un brutale omicidio. La sua performance, calibrata tra razionalità e crescente inquietudine, guida lo spettatore in un’indagine sempre più ossessiva e angosciante, incarnando perfettamente l’archetipo dell’eroe investigatore tipico del giallo, ma con sfumature di fragilità e spaesamento psicologico.

Al suo fianco  Daria Nicolodi nel ruolo della giornalista Gianna Brezzi. La sua interpretazione vivace, ironica e anticonvenzionale rappresenta un interessante contrappunto al carattere più introspettivo di Marcus. La Nicolodi, all’epoca compagna di Argento e futura collaboratrice in altri progetti fondamentali (come Suspiria), contribuisce in modo originale alla dinamica narrativa e offre una rappresentazione femminile forte e fuori dagli stereotipi.

Tra gli attori di supporto emergono figure altrettanto significative. Gabriele Lavia, nei panni del tormentato Carlo, offre una prova attoriale intensa e ambigua, conferendo spessore a un personaggio complesso, segnato da conflitti interiori e traumi irrisolti. La leggendaria Clara Calamai, interprete della madre di Carlo, nella sua ultima apparizione sul grande schermo dopo anni di assenza, regala una performance inquietante e decadente, perfettamente in linea con l’estetica barocca e psicologica del film.

Il trailer del 50esimo anniversario

Macha Méril, nei panni della sensitiva Helga Ulmann, pur presente solo nella parte iniziale della pellicola, riesce a lasciare un segno indelebile grazie a una recitazione magnetica e perturbante che dà l’avvio alla spirale di mistero e violenza. Infine Glauco Mauri nel ruolo del professor Giordani ed Eros Pagni in quello del commissario Calcabrini.

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Profondo Rosso – Regia di Dario Argento – Sceneggiatura e soggetto: Dario Argento e Bernardino Zapponi – Con David Hemmings, Dario Nicolodi, Gabriele Lavia, Clara Calamai, Macha Meril, Glauco Mauri, Eros Pagni, Giuliana Calandra, Nicoletta Elmi, Furio Meniconi, Liana Del Balzo, Giacomo Quattromini – Scenografia: Giuseppe Bassan – Musiche; Giorgio Gaslini e Goblin – Montaggio: Franco Fraticelli – Effetti speciali: Germano Natali e Carlo Rambaldi – Costumi: Elena Mannini – Trucco: Giuliano Laurenti e Giovanni Morosi: Prodotto da Salvatore Argento e Angelo Iacono – Uscita: 7 marzo 1975


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