Nelle sale dallo scorso 26 settembre “Il tempo che ci vuole”, il nuovo film di Francesca Comencini presentato fuori concorso all’ultima edizione della mostra del cinema di Venezia.
“Prima la vita, poi il cinema!” sono queste le parole con cui Luigi Comencini ( Fabrizio Gifuni) riprende un addetto ai lavori durante una ripresa del suo celebre sceneggiato Le avventure di Pinocchio. Sul set presente anche la piccola figlia del regista, Francesca ( Anna Mangiocavallo ), una bambina timida ed assorta che vede nel padre il proprio eroe.
Ed è proprio su questo che si intersecheranno i 110 minuti di questo lungometraggio autobiografico. Un film dove Francesca Comencini rivive la sua vita, mettendo in scena il rapporto unico con suo padre Luigi, un dialogo tra un padre e una figlia, tra maschile e femminile, passata e nuova generazione.
Un rapporto sempre più contrastato man mano che la figlia Francesca cresce (Romana Maggiora Vergano); una giovane donna che non ha ancora trovato il suo posto nel mondo, insicura, fragile, spaventata in una società, quella degli anni di piombo, dove insicure sembrano essere anche le ideologie.
Dall’altra parte il padre Luigi, figlio di un’altra generazione, un uomo che ha sempre voluto proteggere la figlia, in una situazione in cui lei sembra sempre più sfuggire al suo controllo.
Ben presto la giovane cade nel turbine della droga mentre al padre iniziano a comparire dei tremori alla mano, segno di una malattia imminente. In preda alle fragilità, saranno proprio queste a rimettere in luce un rapporto che non si era mai spento, quello tra una figlia e un padre spesso in contrasto, a volte distanti ma mai veramente lontani.
Perché “sempre tentare e sempre fallire” è la lezione di Comencini per la figlia, un padre che qui sveste completamente i panni del regista, per dirigere un percorso più importante: quello della vita.
Sarà proprio grazie alla presenza costante del genitore, ai piccoli tentativi e fallimenti che Francesca abbandona la timida ed insicura bambina per lasciare spazio alla donna. Una donna che riuscirà a trovare un sogno e a realizzarlo diventando regista.
Il tempo che ci vuole non parla solo dell’amore puro e sincero tra un genitore ed un figlio ma parla anche di realizzazione, di sconforto e paura del fallimento. Una paura, quella di cadere, che non appartiene solo della giovane Francesca e che possiamo comprendere bene.
Nella società odierna in cui si punta molto a produttività e risultato, dove raggiungere certi canoni diventa talvolta insostenibile; non è così difficile che ciascuno di noi forse Francesca si senta o si sia sentito.
Il cinema è collante sempre presente lungo tutta la trama: prima nel passato, poi nel presente ed infine nel futuro. I riferimenti a questo mondo sono presenti come i richiami al celebre burattino messo in scena da Comencini; Pinocchio che affronta varie difficoltà ma infine cresce, esattamente come succede alla piccola Francesca.
Il film è retto interamente dai due protagonisti che riconfermano la loro bravura ed una straordinaria sintonia sullo schermo. Fabrizio Gifuni si ritrova nei panni di un intellettuale ai tempi degli anni di piombo, dopo il successo dell’interpretazione di Aldo Moro in Esterno Notte di Marco Bellocchio. Romana Maggior Vergano rivive i panni della figlia come in C’è ancora domani di Paola Cortellesi.
Il tempo che ci vuole insegna che il fallimento esiste ed è qualcosa di umano ed inevitabile. L’unica cosa che possiamo fare è accettarlo e farlo nostro per poi ritentare ancora, perché “sempre tentare e sempre fallire” dice Comencini, soprattutto per ritentare e “fallire sempre meglio“.
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Il tempo che ci vuole. Regia e sceneggiatura di Francesca Comencini. Con Fabrizio Gifuni, Romana Maggiora Vergano. Fotografia di Luca Bigazzi, musica di Fabio Massimo Capogrosso, montaggio di Francesca Calvelli, Stefano Mariotti. Produzione Kavac Film, IBC Movie, Rai Cinema. Distribuzione 01 Distribution.
Foto e copertina: 01 Distribution