L’arte che distrugge l’ordinario per mostrare fin dove l’occhio umano può spingersi
Il Macro ha inaugurato la mostra di arte contemporanea Post Scriptum. Un museo dimenticato a memoria, accessibile dal 4 ottobre 2024 al 16 febbraio 2025, una data che segnerà la fine della direzione di Luca Lo Pinto. “Dimenticare a memoria” è un’espressione coniata alla fine degli anni Sessanta dal pittore Vincenzo Agnetti (1926-1981), il quale incarnava la voglia di stimolare le istituzioni museali a interrogarsi sulla propria identità e sulle proprie modalità di produzione quando si relazionano con gli artisti e il pubblico.
Lo stile di riferimento è l’institutional critique, una rivisitazione che si concede la responsabilità goliardica di destrutturare le classiche linee guida messe in atto per realizzare i dipinti. Un esempio significativo lo possiamo riscontrare in Marcel Duchamp che agli albori del ‘900 disegnò i baffi alla Gioconda, rendendo la tradizione un mezzo per sovrascriverci immaginari fuori dal comune, comunicando con ironia e assumendosi il rischio di eccedere per il poco pudore.
Il concetto di museo tendenzialmente legato all’idea di Storia produce molteplici significati in evoluzione, in questa occasione esso stesso si pone l’obiettivo di far sperimentare un approccio diverso dalla linearità. Siamo abituati a vedere quadri o fotografie in sequenza, qui invece la disposizione è discordante e confusa, nelle immagini affisse alle pareti o agli oggetti visibili manca un filo logico consequenziale che li tenga insieme. Il modello narrativo proposto rispecchia lo stato d’animo di un presente che costringe gli individui a un ripensamento costante dello stare al mondo, senza incasellare per forza le contaminazioni in canoni prestabiliti.
Le 37 opere portano la firma di Tolia Astakhishvili (con Thea Djordjadze, Heike Gallmeier, Dylan Peirce), Maurizio Altieri, Beatrice Bonino, Francesca Cefis, Alassan Diawara e Lukas Wassmann, Pippa Garner, Lenard Giller, Thomas Hutton, KUKII (aka Lafawndah), Rosemary Mayer, Charlemagne Palestine, Lorenzo Silvestri, Gillian Wearing. Ancora, Luciano Fabro, Isa Genzken, Felix Gonzalez – Torrres, Simone Forti e alcune delle giovani voci affermate, nel caso di Issy Wood, o di figure viste di rado, Pierre Guyotat e Absalon, studiosi del design, Paolo Pallucco & Mireille Rivier e infine gli emergenti Hamishi Farah e Sandra Mujinga.
La collettiva è costituita da una conformazione visiva strutturata a specchio di un Editoriale. Seguendo le pagine di un magazine, il progetto si sviluppa con sezioni tematiche che indagano l’abolizione delle convenzioni, includendo schemi atipici e linguaggi altri, la musica, l’architettura e l’editoria. A occhio nudo colpisce una montagna di sacchetti della spazzatura accatastati che sfidano l’attenzione nel voler essere percepiti come opere d’arte piuttosto che come oggetti di cui liberarsi con sdegno. Successivamente, alzando lo sguardo ci si ritrova circondati da peluche colorati appesi al soffitto posizionati su delle sedie in miniatura usate solitamente dai bambini per giocare. L’assenza delle risate e dei sogghigni scherzosi prodotti dai più piccoli è espressione di una vitalità tanto forte che riesce a sentirsi anche con il pensiero, ricordandoci che attraverso la cultura si può crescere divertendosi.
Il materiale è molto vasto e si estende su una superficie di oltre 10.000 metri quadrati, troppo dispersiva per contenerlo. L’assetto della visita è poco nitido e non convince pienamente a causa dell’allestimento in uno spazio sconfinato. Pensare di ravvicinare le opere disponendole in sale di dimensioni inferiori, si sarebbe rivelata una mossa maggiormente efficace per poter suggestionare il visitatore veicolando valori creativi concatenati tra di essi, mentre così vengono lasciati un pò allo sbaraglio. I soggetti principali degli scatti, che sono persone e prospettive volte a combattere l’inquinamento, per diventare dei volti interessanti fanno affidamento alla memoria, basandosi sulla presupposizione che da un’osservazione frammentata rimangano impressi nella nostra mente a distanza. Questo buon proposito si verifica in minima parte nonostante l’originalità de? è contagiosa, prevalendo sul banale e avendo comunque un ruolo di tutto pregio.
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Post Scriptum. Un museo dimenticato a memoria – Curatore: Luca Lo Pinto – MACRO – Museo di Arte Contemporanea Dal 04 Ottobre 2024 al 16 Febbraio 2025 Roma
Orari: Martedì, mercoledì, giovedì: 12.00 – 19.00 Venerdì: 12.00 – 1.30* Sabato e domenica: 10.00 – 22.30* Lunedì chiuso Ultimo ingresso 60 minuti prima della chiusura