La danza del possibile

Al Teatro Vascello, in esclusiva italiana, il regno del possibile nelle coreografie di Lucinda Childs e Michele Pogliani. E con la compagnia MP3 Dance Project.

Primo quadro coreografico. Si leva il sipario e di fronte a noi ecco apparire uno spazio scenico (disegnato da Hans Peter Kuhn) rarefatto; uno spazio sul cui minimalismo si staglia la fulgida figura della coreografa ed interprete Lucinda Childs. Un solo “narrativo”, il suo, che trova genesi nelle parole di un angosciante testo di Susan Sontag. Così, Description (of a description) è il racconto di un inaspettato, quanto casuale accadimento: il racconto di «un uomo che improvvisamente collassò», proprio davanti a lei, “intralciando” il suo cammino. Un evento talmente drammatico, che genera nella narratrice e astante (qui Lucinda Childs) un sovrapporsi di sentimenti d’angoscia, destabilizzazione, disorientamento.

©Matteo Bertelli

Giustapponendo una densa micro gestualità reiterata (questa, matrice tipicamente Raineriana) ad una sonorità evocativa, l’artista dà vita ad un vero e proprio soliloquio performativo fatto di gesto e parola; di corpo e voce. Un racconto (o meglio, un non-racconto) performativo, in cui il flusso di azione e pensiero scorrono inesorabilmente; in cui regno del possibile e regno del reale si sovrappongono l’un l’altro.

Pertanto, spogliando la propria corporeità di qualsiasi narratività ed espressività e distribuendo uniformemente l’energia in una gestualità neutrale, l’artista ne crea una performance altamente contenuta; ma di profonda ed impattante intensità drammaturgica. Dietro lo specchio illusorio della realtà, in un climax di movimenti e pensieri instabili ed in precario equilibrio, ecco che tutto sembra farsi più chiaro: «cerchiamo di essere pronti a come affrontare gli altri senza paura e debolezza»; ma c’è molto di più… è forse la nostra vita una grande invenzione? Silenzio. Buio. Il sipario cala e negli spettatori attoniti il Blackout.

Secondo quadro. Il regno del possibile vince sul reale (o così inizialmente sembra essere). Quello che, nel lontano 1935, in meccanica quantistica Schrödinger ha definito “paradosso del gatto”, ecco farsi esperienza performativa in Schrödinger had cat named Milton. Quadro coreografico, questo, realizzato da Michele Pogliani in collaborazione con i danzatori di MP3 Dance Project.

©Matteo Bertelli

I corpi, atomi danzanti. Ciascuno fluttua in un proprio stato possibile, plasmando la materia in una lenta e costante micro gestualità. Ma cosa accadrebbe se i loro stati possibili interagissero? Di certo ne sarebbe la collisione. Così, come in un violento disgregamento della materia, i corpi dei danzatori (e sullo sfondo un gioco “pirotecnico” di videoproiezioni in bianco e nero) abbandonano quella originaria micro gestualità e come in un vortice inarrestabile danno forma ad un crescente movimento disarticolato, sincopato e reiterato. La materia di uno cerca di prendere il sopravvento sull’altro. Ne è il caos. Ma all’improvviso qualcosa sembra cambiare. Forse, l’avvento di una forza propulsiva. Così, come quando un pianeta perde la propria orbita, il ritmo performativo ecco invertirsi e gli atomi danzanti progressivamente riacquistare il proprio status. Ne è finalmente l’ordine!

Description of a description. Di, Lucinda Childs e Hans Peter Kuhn. Con, Lucinda Childs. Testo, Susan Sontag. Musica set e light design, Hans Peter Kuhn. Direttore tecnico, Reinhard Bichsel. Direzione di progetto, Marta Dellabona. Direzione di produzione, Martina Galbiati. Produttore, Franco Laera.

Schrödinger had cat named Milton. Di, Michele Pogliani e MP3 Dance Project. Coreografia di Michele Pogliani in collaborazione con i danzatori. Con Agnese Trippa, Nicolò Troiano, Mattia Romano, Michele Pogliani. Special Guest, Lucinda Childs. Visual design, Michele Innocente. Sound Design, Maurizio Bergmann. Light design, Stefano Pirandello. Costumi e scenografia, Tiziana Barbaranelli. Riprese video, Daniele Lazzara. Coordinatore di produzione, Fabrizio De Angelis.

Teatro Vascello, dal 4 al 7 aprile 2024

Immagine di copertina: ©Matteo Bertelli