Venerdì 21 c’è stato un grande e suggestivo omaggio di Max Gazze ai Pink Floyd nella splendida cornice di Pompei
Pompei centro della musica d’avanguardia, moderne tecnologie in uno dei palcoscenici più belli d’Italia, l’anfiteatro degli scavi, dove elementi virtuali ed elementi reali hanno fatto da cornice al tributo di Max Gazzè 50 anni dopo il film concerto evento dei Pink Floyd del 1971.
“Pompei Echoes“, esperienza sensoriale con musica immersiva organizzato dal Parco Archeologico di Pompei in collaborazione con partner tecnologici di eccellenza Tim, Magister Art per la parte artistica ed esecutiva, OTR live E Gsnet per la direzione ed esperienza multimediale live.
Ore 20:30 scatta l’ora dei ricordi per i “floydiani”, una carrellata di emozioni scorre con la scaletta scelta da Max Gazze e Manuel Agnelli dove la musica è fedele alle originali ma potenziata da led che lasciano stupita una platea di giovani che coinvolta all’inverosimile applaude con entusiasmo.
In una scenografia dietro palco in 3D scorrono immagini dai contorni indefiniti, ora la cenere sembra uscire e preservare la bellezza di iconiche immagini architettoniche della Pompei romana, e un momento dopo lingue rosso fuoco sbucano fuori per riportare lo spettatore alla memoria del 24 ottobre d.C.
Sulla testa degli incantanti spettatori si materializza il cerchio luminoso simbolo dei Pink Floyd, l’ufo club, lo stupore davanti agli occhi, Pompei in 5G.
Attraverso device che consentivano agli spettatori 5 GmmWave solamente inquadrando il palco con il proprio telefono di immergersi in una performance ottica superlativa. La cultura così come intesa dagli addetti del Parco Archeologico Pompei passa anche e soprattutto dai nuovi modelli di fruizione tecnologica.
Un concerto evento che ha celebrato la storica discografia del gruppo musicale britannico che prende il suo nome dalla fusione di due nomi di leggendari bluesman americani. La città blindata, biglietti introvabili, in 5 minuti il tutto esaurito, 14 i brani reinterpretati e lo spettacolo si conclude con un’immagine reale che davvero accarezza l’anima: il coro di studenti della terza media di un istituto scolastico di Pompei canta in “Another Brick in The Wall”, disco capolavoro del 1977.
Il famoso doppio vinile rock, uno degli album più rivoluzionari di sempre, immagine di copertina: un muro in mattoni. Questo brano diviso in tre parti rappresenta la protesta contro ogni forma di oppressione che non è attenta all’individuo ma si presenta come un inno all’anonimato, in effetti è una levata di scudi contro il sistema collegiale-scolastico britannico del tempo dove l’alunno non era una fiamma da accendere, ma un animaletto da addomesticare ed inquadrare in un sistema fatto di regole senza umanità.
Simbolicamente il muro rappresenta il professore, il teacher, che con i suoi pregiudizi e le sue convenzioni è un limite per il sereno sviluppo di ogni bambino. Dunque dal 1977 al 2022 la cultura grida teacher se questo è il tuo pensiero “We don’t need no education”.