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Pippo Baudo: Mezzo secolo di Italia in prima serata

Tra informazione, intrattenimento ed educazione, la sua presenza ha trasformato la “scatola parlante” in specchio di un Paese in evoluzione.

«Si è spenta la tv. Si è spento un faro, un punto di riferimento importantissimo», ha detto Carlo Conti davanti alla camera ardente, allestita tra il 18 e 19 agosto al Teatro delle Vittorie di Roma, ricordando Pippo Baudo.
Ma come può una televisione, fatta di immagini e suoni, “spegnersi” insieme a un artista?

Pippo Baudo – Mike Bongiorno – Corrado – Enzo Tortora

A suggerirci la risposta è Charles Sanders Peirce, semiologo e filosofo statunitense, secondo cui l’icona è un segno che mantiene una stretta somiglianza con la realtà. In questo senso, Baudo è stato l’icona della televisione italiana: specchio fedele della società e, insieme, incarnazione del sogno collettivo di affermazione. La sua figura è così intrecciata alla storia della tv da rendere naturale l’espressione: “si è spenta la televisione”.

Baudo, come amava ricordare, aveva un unico desiderio: “fare spettacolo”. E lo fece con una padronanza del palcoscenico e un’organizzazione dello spettacolo uniche, capaci di trasformare luci, scene, musiche e parole in un linguaggio empatico, sempre rivolto allo sguardo del pubblico.

Quando la televisione italiana nasceva, il 3 gennaio 1954, con tre obiettivi fondamentali, seguendo il modello inglese: informare, educare, intrattenere, era ancora privilegio di pochi. I bar, le osterie e alcune case private divennero i primi luoghi di incontro davanti alla “scatola parlante”, che conquistava con giochi, quiz e spettacoli, superando perfino il fascino del cinema. In quel contesto Baudo entrò in Rai, nel 1959, contribuendo a definire non solo i contenuti, ma anche lo stile di una televisione che si faceva specchio e mito collettivo.

Insieme a pionieri come Mike Bongiorno, Corrado ed Enzo Tortora, fu conduttore e innovatore: capace di creare format originali e di coniugare leggerezza e cultura. Con lui la tv diventava anche luogo di incontro tra Oriana Fallaci, Moravia, Montanelli e molti altri con il grande pubblico, che poteva ascoltare interviste e approfondimenti accanto a momenti di spettacolo popolare.
Programmi speciali dedicati alla musica colta e alla lirica resero accessibile al Paese intero anche quella che fino ad allora era stata cultura “alta”.

Il successo arrivò con Settevoci (1966), grazie alla sua capacità di dare spazio ai giovani artisti e di coinvolgere il pubblico. Da lì, la sua ascesa fu costellata di innovazioni: trasformò Domenica In in un rito familiare; rinnovò il sabato sera con Fantastico, lanciando nuovi talenti, e ridisegnò il Festival di Sanremo, introducendo Sanremo Giovani e le cinque serate ancora oggi alla base della manifestazione.

Degli anni ’60 fino ai 2000, Baudo seppe rimanere attuale senza mai tradire il suo stile: elegante, rispettoso, aperto alla novità. E nel suo percorso, ha realizzato appieno i tre principi fondativi della televisione: informare, educare, intrattenere, con una professionalità rara e una naturale capacità di parlare a tutti.

Ma ciò che lo rese unico non furono solo i successi. Fu l’umanità: il rispetto per le persone, la vicinanza sincera al pubblico, l’orgoglio delle sue radici siciliane senza cedere agli stereotipi. Anche di fronte all’attentato alla sua villa di Santa Tecla, seppe rispondere con dignità e fermezza.

Foto storiche al Teatro delle Vittorie – 18/19 agosto 2025

Pippo Baudo non è stato soltanto un volto televisivo. È stato un’icona che ha saputo unire cultura e intrattenimento, professionalità e calore umano. Una presenza che resta viva non soltanto nei ricordi, ma nello sguardo collettivo di un Paese che, davanti a quella “scatola parlante”, ha imparato anche a riconoscersi.

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