Eduardo, quando frequentava i set cinematografici, ai giovani che gli chiedevano timorosi cosa occorresse per far cinema, abituato alle estenuanti attese tra una ripresa e l’altra, rispondeva sicuro: «Giovanotto, procuratevi una sedia». Peppe Barra fa eccezione. Lui fa teatro, ma una sedia se la procura sempre. Ormai in quasi tutti gli spettacoli di Barra la sedia campeggia in proscenio. È diventata la cifra stilistica delle sue performance: per lui, diremo, è una sicurezza necessaria, perché Barra ha un’età certa; per noi seduti in platea, invece, quella sedia rappresenta la sua generosa convivialità. Peppe Barra ama il pubblico e sedendosi di fronte ai suoi spettatori comincia a conversare amichevolmente senza neanche troppo impegno, pare.
«Io non sono nato a Napoli, sono nato a Roma, a due passi dalla Fontana di Trevi, nel 1944», dice. Buonasera a tutti inizia così, come una disinvolta serata tra amici, e la sedia diventa il fulcro dell’azione teatrale, proprio come in un vicolo della vecchia Napoli. Siete mai passati per i Quartieri spagnoli? Avete notato quante sedie «ci stanno fuori ai bassi»? A volte sono vuote e sconsolate; a volte, invece, sono nascoste sotto una montagna di carni deformi, o assorbite da gonfie pance pigre e fiacche; e la vita della famiglia e di quella parte di vicolo si svolge tutta lì, in quei pochi metri quadrati attorno alla sedia.
Allo stesso modo il recital confidenziale di Peppe Barra si consuma come se si stesse seduti al bar, o per strada a far crocchio intorno a quel tipo simpatico seduto sulla sedia, il quale, senza esibizionismi inutili, senza fronzoli e senza scene perché le hanno rubate (come avverte la locandina) intrattiene con incredibili storielle piene di umori e di lazzi e di situazioni al limite del paradossale, parenti, amici e sconosciuti. Barra se lo può permettere. È un attore, anzi, forse qualcosa in più di un attore: è un eccelso baritono che sa scendere tranquillamente alle tonalità più basse; è un fine dicitore vecchia maniera, ma sa anche mescolare e rimescolare parole insensate come fosse un prestigiatore vocale; è un comico; è un drammatico; è un bambino di quasi 80 anni che ama divertirsi seduto su una sedia in palcoscenico.
A proposito, in scena c’è un pianoforte con un pianista, un eccelso pianista (Luca Urciuolo) che detta i tempi delle scene, altrimenti Barra non finirebbe mai di stupire l’uditorio, di coinvolgerlo, di accarezzarlo con il suo stesso divertimento. Talvolta la sedia resta vuota, ma – niente paura – lui torna subito: il tempo di cambiarsi la giacca e riprende con uno dei tanti cavalli di battaglia portati in giro per oltre 60 anni in quasi tutti palcoscenici d’Italia. E molti anche all’estero.
Gli applausi del pubblico fanno fatica ad alternarsi alle risate, ma uno, invece, uno soltanto, sembra diverso, commemorativo, dedicato a mamma Concetta, che nel 1944 si trovava, attrice incinta, a recitare al teatro Valle, a Roma, dove all’improvviso le si ruppero le acque. Fece appena in tempo a raggiungere una levatrice a piazza dei Crociferi. Nacque Peppe Barra.
Buonasera a tutti, dai folli e disordinati appunti di Peppe Barra; con Peppe Barra e Luca Urciuolo al pianoforte. Messa in scena di Francesco Esposito. Al Teatro Off/Off, fino al 6 novembre.