Ossitocina: innamorarsi dell’essere se stessi

Al Fucina Culturale Machiavelli a Verona, uno spettacolo che affronta con forte carisma e ilarità il contrasto generazionale della nostra epoca.

Ma tra persone totalmente opposte è possibile innamorarsi? Con questa domanda sembra abbia inizio lo spettacolo scritto e diretto da Elena Stauffer. Tutto ha origine nella Roma di oggi, durante uno studio clinico sull’ assunzione di una pillola contenente ossitocina e per questo in grado di simulare la sensazione dell’innamoramento. Claudia ( Maria Anolfo ) e Flavio ( Francesco Providenti ) sono stati selezionati per partecipare allo studio, la ragazza ha già letto minuziosamente tutte le informazioni mentre Flavio, che ha trovato l’annuncio su “Indeed”, poco sa e poco gli interessa.

Maria Anolfo e Francesco Providenti

Certo che tutto si può dire tranne che i due siano compatibili: Claudia a primo impatto è ottimista, idealista e giustiziera convinta. Flavio è perennemente incazzato e disilluso dal mondo che lo circonda. Claudia dice che crede nell’uguaglianza e nella giustizia sociale, che va alle manifestazioni e legge i giornali. Flavio dice che vuole solo poter lavorare, avere una casa e una situazione migliore, dice che è colpa degli immigrati se lui e altri come lui non hanno prospettive.

Dal loro dibattito in breve si origina uno scontro, Claudia viene accusata di essere “una radical chic, na figlia de papà dai falsi ideali” la ragazza di Flavio replica che è  “un coatto fascista attaccabrighe e senza ideali che se la prende con gli immigrati perché non ha altro”. Da lì il passo è breve, Flavio replica accusandola di essere un’ipocrita mentre Claudia gli da del vigliacco che si nasconde dietro “una nobile crociata contro gli immigrati”.

Problema dell’immigrazione visto da due prospettive diverse. Per Claudia “sono più le persone in Italia che emigrano rispetto a quelle che arrivano” per Flavio l’immigrazione è un fenomeno che alimenta “un’economia di schiavi” propensa a trarne profitto. Due pensieri opposti e testimonianza di un modo diverso di vedere l’ambito politico e sociale di oggi, il tutto mediato dalla comunicazione che ci circonda: dai telegiornali, ai giornali fino ai social.

Proseguendo i protagonisti sono presto svelatati  per quello che sono: Claudia una radical chic neanche troppo convinta, a cui i genitori hanno pagato un costoso master all’estero e successivamente la casa. Flavio è un ragazzo nato nel quartiere degrado di Centocelle, cresciuto già incazzato e nascosto dietro una debole e non convinta maschera fascista; è convinto che la sua condizione non possa mai migliorare e per questo incolpa gli altri, gli immigrati in questo caso, di una condizione sociale al collasso.

Qui però una cosa in comune i due personaggi la hanno: sono entrambi stufi della propria condizione. Claudia detesta quel mondo di ipocrisia snob ed elitario che la circonda e la costringe ad essere ciò che non è, “io volevo solo una borsa di Zara!” urla lamentandosi di un ambiente lavorativo elitario e poco inclusivo; un ambiente fatto di precariato e sogni sbiaditi. Flavio stufo e rattristito dal suo mondo invece è bloccato in una situazione che non riesce ad affrontare; unica via prendersela con qualcun altro perché affrontare se stesso e le proprie insicurezze risulterebbe forse troppo spaventoso e difficile.

E forse non è proprio questo che accomuna i due protagonisti? La voglia di evadere da ciò che il proprio ambiente sociale si aspetta da loro? La libertà di poter essere davvero se stessi, senza compromessi, invece di doversi omologare per forza a qualcosa o qualcuno? Claudia e Flavio sono esattamente il frutto del tentativo di identificazione di un’epoca che non sa che direzione prendere, ma che fare se tale identificazione venisse solo esclusivamente dall’autenticità di noi stessi? Forse l’unico vero obiettivo a cui aspirare.

I cinquantacinque minuti di spettacolo sono retti molto bene dai due attori  che sono bravissimi a passare dal contrasto all’empatia crescente giocando con ritmo e tempi comici perfetti. Il silenzio, specialmente all’inizio, è molto presente e si fa quasi terzo personaggio di questa messa in scena risultando utile all’ilarità proposta.

La sceneggiatura è ritmata e perfettamente lineare con quello che doveva dire. Arriva con franchezza al punto pur continuando ad essere leggera e comica per tutto il tempo. Si spazia dalle risate fragorose ai temi più impegnati ma il pubblico sembra quasi non accorgersene, grazie alla leggerezza intelligente ed equilibrata su cui la scrittura è piacevolmente costruita.

La scenografia, costituita dal mobilio tipico di una sala d’attesa, è semplice con uno sfondo bianco che poi si rivelerà funzionale ad una messa in scena successiva. Le luci, ad un certo punto da effetto discoteca, sono belle e decise proiettando i due protagonisti letteralmente in un altro momento.

Claudia e Flavio incarnano la vita e il pensiero odierno di una società disgregata, solo l’eventuale amore potrà portarli ad evadere della loro realtà e renderli finalmente liberi:  innamorarsi dell’essere finalmente se stessi, amore che nessuna ossitocina chimica potrà mai dare.

Ossitocina. Drammaturgia e regia di Elena Stauffer. Con Maria Anolfo e Francesco Providenti – Fucina Culturale Machiavelli di Verona 15 febbraio 2025

Foto e copertina: SPK-TEATRO

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