Sdisanurati, la ricchezza dell’arte di Franco Scaldati

Un documentario omaggia il drammaturgo palermitano

Il primo giugno 2013 moriva Franco Scaldati e Palermo non sarebbe stata più la stessa. Scaldati è stato una tra le voci più importanti del teatro italiano, tra le opere scritte ricordiamo Il pozzo dei pazzi, Indovina Ventura, Assassina (riportato in auge da Maresco e Uzzo, quest’anno al Teatro Biondo) Santa Rosalia, La notte di agostino il topo. Ricordiamo inoltre il sodalizio con Ciprì e Maresco ne Il ritorno di Cagliostro, Gli uomini di questa città io non li conosco, solo per citarne alcuni. A undici anni dalla sua morte l’Università di Palermo lo omaggia con la proiezione del primo web-doc corale Sdisanurati che riflette sulla memoria del poeta che ha inventato i nomi. Nell’Aula Magna del Dipartimento di Scienze Umanistiche Lettere e Filosofia, lunedì 3 giugno, sono intervenuti Melino Imparato, Igor Scalisi Palminteri, Antonio Macaluso, Costante La Bruna e Verdiana Marineo, moderati da Rossella Puccio, il documentario è coprodotto con Igor Scalisi Palmintieri e VediPalermo, ed è stato girato durante la creazione del murale a lui dedicato, nel quartiere dell’Alberghiera.

Franco Scaldati

Il documentario è stato girato da Antonio Macaluso e Costante La Bruna all’interno di uno dei quartieri più cari al poeta, il murale è stato realizzato dall’artista palermitano Igor Scalisi Palminteri. Il documentario mostra, attraverso le testimonianze di chi ha lavorato con lui o lo ha incontrato, come Scaldati sia rimasto un artista colto dalla dimensione popolare, la stessa che travalica ogni tempo. Sospeso tra le nuvole lo sguardo di Scaldati abbraccia il suo quartiere, l’Albergheria, che a sua volta lo accoglie e lo protegge.

Il termine dal quale prende il titolo il primo episodio dei documentari a lui dedicati, Sdisanurato, in dialetto siciliano è la traduzione (più o meno letterale) di birbante, furbastro, privo d’onore. In questo caso assume una variazione semantica e racchiude i personaggi inventati da Franco, gli ultimi, i meno considerati, ma che rappresentano un teatro di verità, che parla a tutti noi.

Il volto di Franco è sospeso nel tempo, e protegge il suo quartiere, allo stesso modo questo ci ricorda il suo teatro, contraddistinto da una dimensione poetica, popolare e onirica che protegge e guarda senza giudicare. Scaldati riusciva a trasformare la povertà e la violenza in poesia ed immaginazione e il suo teatro, comunitario, parlava della sua comunità e parlava alla comunità. Il teatro doveva essere della strada così come l’ Università, il teatro doveva aprirsi alla sua comunità, saperla leggere e riuscire ad essere collante tra la realtà e la poesia, trasformandola. Era fondamentale per Scaldati e la sua compagnia interfacciarsi con la città, con i quartieri, con la comunità e non chiudersi dietro strutture teatrali o edifici della cultura. bisognava liberare la cultura, farla scorrere tra le vene delle strade di Palermo, non lasciarsi intimidire da questo fiume in piena, lasciarlo libero affinché possa portare alla creazione.

Troppo spesso la comunità teatrale, le rassegne, gli eventi creano distanze, queste erano tra le motivazioni per le quali Scaldati si asteneva dal presenziare, non solo perché questo tipo di teatro non parlava alla gente, non parlava della vita che scorre inesorabile e violenta, e divideva l’arte dalla sua comunità.

Dichiaratamente o no, consciamente o no, ciò che in fondo il pubblico cerca nell’amore, nel delitto, nelle droghe, nella guerra o nell’insurrezione è uno stato poetico, una trascendente esperienza vitale” (Artaud, Il teatro e il suo doppio)

Igor Scalisi Palmintieri © web

Il teatro di Scaldati cera collante e quando si assisteva ad una sua rappresentazione il pubblico si svegliava, proprio perché il suo teatro aveva una dimensione comunitaria fortissima. Travaggiu facennu facennu, il teatro che si rinnova dal suo interno, il teatro per il quartiere e il quartiere per il teatro, l’Università per la città e la città per l’Università, scegliere la vita e non lo spazio come forma teatrale perché il teatro non dovrebbe essere solo involucro ma rappresentazione di corpi, linguaggi e menti, di emozioni e sensazioni. Queste sono solo alcuni dei punti fondamentali del teatro di Franco Scaldati. Solo la vita può insegnare, senza filtri, aprendoci all’ignoto, all’altro. Nel suo teatro Franco Scaldati parla di noi ad ognuno di noi.

Il suo teatro, la sua poetica è verità ed è crudeltà. La vita è crudele e questa crudeltà può trasformarsi, proprio come il lippo. Il muschio verde che marcisce o vive, che si trasforma, muta. Il verde è il colore scelto dall’artista Igor Scalisi Palminteri per realizzare l’enorme murale ripreso nel documentario Sdisanurati, in memoria di Scaldati. Scaldati è l’ultimo grande esempio di letteratura siciliana, che conserva le sue radici nel territorio e le mette a valore, contro una società che omologa ogni cosa e ci rende tutti uguali.

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Sdisanurati – Capitolo 1 – Franco Scaldati. Melino Imparato, Padre Cosimo Scordato, Fabio Lo Meo, Margherita Ortolani, Antonella Sampino, Giuseppe Massa, Paolo Di Piazza, Egle Mazzamuto, Giuseppe La Licata, Ninni Annaloro, Salvatore Pizzillo, Antonella Di Salvo, Giuseppe Provinzano, e Giovanni Ruffino. musiche di Francesco Giunta. Ufficio Stampa Noemi La Barbera. VEDIPalermo, un progetto sperimentale di distribuzione partecipata e videomarketing alternativo.

Foto di copertina : web

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Elena Salvati

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