Una commedia musicale, oggi più di ieri, è fatta di musica più che di parole, e la tecnologia, oggi più di ieri, favorisce la proiezione delle immagini più che la rappresentazione stessa della commedia; se si aggiunge che gli habitué di questo genere di spettacoli amano svagarsi con scioltezza tra canzoni e colori, più che immergersi negli imi dello spleen intellettuale, allora si riesce a inquadrar meglio l’idea del progetto musicale che Andrea Ortis presenta all’Ambra Jovinelli per due sole repliche romane.
Quest’anno ricorre il centosettantesimo anniversario di Vincent Van Gogh (1873-1890), maestro del colore, innovatore della pittura impressionista dell’Ottocento francese, pioniere delle tonalità audaci di cui il giallo e il blu furono la vetrina del suo animo controverso. Una ricorrenza, questa, che sarebbe ovvio onorare in un museo (come è già stato fatto), ma che per Ortis diventa lo spunto per allestire un musical sulla vita dell’eccelso artista olandese. Quindi, per regalare adeguate sonorità alle immagini di meravigliosi quadri, l’autore ha optato per le canzoni più belle del panorama musicale francese, soprattutto quelle di fama ormai storica e cantate da Edith Piaf, a cominciare da La vie en rose (1946) fino a Milord (1959), da Padam Padam (1951) a La Bohème (1965) che però è di Aznavour. Brani, certamente azzardati per indicare un’epoca più remota, brani che sicuramente Van Gogh non avrebbe mai potuto fischiettare, ma, signori, se ci si convince che la maggior parte delle commedie musicali è fatta di melodie contemporanee, è facile intuire che la scelta ha privilegiato l’effetto charmant che queste canzoni riescono ancora a ottenere dopo quasi settant’anni.
Dunque, in una romantica Parigi di fine Ottocento, in un café-chantant in allestimento, un’orchestra prova alcuni pezzi musicali per le esibizioni della sciantosa e del corpo di ballo. Mentre Luc, il cameriere, si preoccupa che tutto vada per il meglio, un avventore si fa largo nel locale, ancora chiuso al pubblico, per dissetarsi. È un vecchio antiquario e ha con sé un grande libro: le lettere di Vincent Van Gogh al fratello Theo, ma il volume nasconde all’interno anche bozzetti e dipinti del pittore, che il pubblico, di volta in volta, vedrà proiettati sulla quarta parete che a tratti s’illuminerà d’immenso, direbbe il poeta. Mentre Luc (Giulio Maroncelli) prima, e le ballerine poi, per curiosità, sbirceranno tra le pagine e si faranno raccontare dall’antiquario (interpretato dall’Ortis) la storia di Vincent, Madame Odile (la sciantosa di Floriana Monaci) instaura una lotta con Aline (la bravissima Chiara Di Loreto) per non perdere il ruolo di prima donna.
Così, tra una canzone e un ballo, gli spettatori possono gustarsi la lettura di un capolavoro, anche attraverso le parole dello stesso Van Gogh, il quale spiega al fratello il motivo che lo ha spinto a dipingere, per esempio, I mangiatori di patate, un quadro in cui disegna «il volto del mondo nei suoi angoli sporchi». E quando gli sguardi delle ragazze si soffermano sui bozzetti, ognuna riconosce in quelle figure un parente, un amico, una nonna, un dolore. All’improvviso i campi di grano si animano agitati dal vento, una schiera di rondini li sorvola; i comignoli in lontananza sbuffano i loro fumi e l’arte prende vita. Anche se l’autore si ostina a ripetere che «il quadro ferma la bellezza, perché ferma il tempo». Ma lo spettacolo di Ortis, lo si sarà capito, va oltre il tempo, attraversando campi di girasoli fino a perdersi nelle notti blu dipinte di blu di Vincent Van Gogh.
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Van Gogh Café scritto e diretto da Andrea Ortis. Con Andrea Ortis, Floriana Monici, Chiara Di Loreto, Giulio Maroncelli, Lavinia Scott, Rebecca Erroi, Lara Ferrari, Lucrezia Zizzo. Orchestra: Antonello Capuano, Matteo Iannaccio, Angelo Miele, Marco Molino, Lorenzo Mastrogiuseppe, Elmo Zaccardelli. Ambra Jovinelli, stasera alle 21.