Il regista di tanti capolavori apprezzati in tutto il mondo, visto dall’occhio di un cronista d’eccezione
Tutti parlano degli Oscar in queste ore da Hollywood ed in tutto il mondo, salutando le nomination del film attori e registi che il 9 febbraio si contenderanno la preziosa statuetta. Protagonisti come Quentin Tarantino, Brad Pitt e Leonardo Di Caprio e del sorprendente C’era una volta Hollywood o come Joker film feticcio con un attore straordinario come Joaquin Phoenix, tutto il mondo dicevamo parlando di Oscar, ricorda anche nel centenario della nascita e a ventisei anni dalla sua scomparsa e parlando di Oscar appunto ricordano quello alla carriera, il quinto consecutivo ad Hollywood consegnatogli da Sophia Loren e Marcello Mastroianni sul palco del Kodak Theatre, davanti ad una platea tutta in piedi ad applaudirlo, tutto il mondo oggi ricorda e rende omaggio a Federico Fellini e quella notte magica in platea e poi con lui con i colleghi dei telegiornali italiani per le interviste di rito, io c’ero, io c’ero e quel momento e quel viaggio con l’emozione condivisa con l’amico Vincenzo Mollica rimarrà indelebile. E allora allora più che mai cinema, cinema, cinema è ancora cinema Tonino Pinto saluta rendendo omaggio a Federico Fellini dallo studio 5 caro al Maestro a Cinecittà in Roma.
Ci vorrebbe oggi più che mai Fellini per riaccendere la sua formidabile macchina dei sogni. Prima di partire da Roma per la notte degli. Oscar quell’anno che lo vide ancora per l’ultima volta protagonista. Io allora ero inviato per il TG3, Mollica per il TG1 e Marilisa Trombetta per il TG2, abbiamo vissuto momenti di grande tensione Fellini che stava già male non se la sentiva di affrontare un viaggio così lungo, poi invece all’ultimo momento assistito e tranquillizzato della moglie Giulietta Masina, dai suoi amici agenti Mario ed Elio Longardi e da noi tutti che lo aspettavamo già a Los Angeles partì. E giunto ad Hollywood fu avvolto dalle luci del mondo che culminarono in quella notte con un’apoteosi dove da Sofia a Marcello gli fu consegnato il quinto Oscar dopo quello per La strada, Le notti di Cabiria, Amarcord, 8 e mezzo.
«Smettila di piangere» disse in perfetto inglese sul palco del Kodak Theatre rivolgendosi in platea alla moglie Giulietta con il volto rigato dalle lacrime per l’emozione. E tutta la platea di Hollywood si alzò in piedi da Jack Nicholson a Leonardo Di Caprio, da Maryl Streep a Scorsese, Steven Spielberg, in una lunga interminabile appassionata standing ovation.
Poi organizzammo il giorno dopo in un noto albergo le interviste di rito con Mastroianni, la Loren, la Masina che si aggiungevano a quelli di grandi premi Oscar, come Scorsese, Richard Attenborough raccolte in precedenza da me per un documentario che gli avrei dedicato successivamente montandolo di ritorno a Roma. “Fellini in cima all’Everest” mi disse parlando di lui Attenborough, tutti noi anche vincitori con i nostri film di un Oscar siamo a valle. E questo poi tornato a Roma proprio con lo stesso aereo di Fellini, fu il titolo di un mio articolo pubblicato in prima pagina su “Cinemadoggi” che finiva con la famosa frase che Fellini all’aeroporto di Fiumicino, assenti le telecamere ingiustificatamente, alla presenza solo di un fotografo accolto da una folla di pubblico anonimo che aspettava i parenti per le vacanze e che lo riconobbero ringraziandolo, seguito da noi tutti mentre spingeva con Giulietta il carrello delle valigie, seguito con discrezione da due carabinieri per una forma di rispetto tutti preceduti da quell’unico fotografo che scattava a ripetizione, rivolto a noi tutti, ricordo che era scoppiata Tangentopoli, Craxi veniva processato con tutti i leader politici dell’epoca. Fellini disse con la sua straordinaria ironia pittorica “Voi vedé che domani sui giornali uscirà sta foto con i due carabinieri e la gente dirà: toh pure Fellini è stato arrestato per Tangentopoli”. Come facevi a non amarlo. E tutta la magia del suo cinema era cosi non parlava Fellini per soggetti ma per immagini, Il mio articolo si concludeva inevitabilmente con quella frase pronunciata all’aeroporto.
Il giornale uscì il giorno dopo del nostro ritorno alle 11 con il giornale sotto braccio ero già a Saxa Rubra in RAI per montare il mio speciale. quando mi squilla il telefonino. Pronto? Dall’altre parte una vocina diceva pronto Pinto sono Fellini” ed io convinto che fosse uno scherzo di qualche collega invidioso dissi «si vabbè ragazzi lasciatemi lavorare» e lui con la stessa vocina «Guardi Pinto ho avuto il suo numero dal suo amico Mollica, perché ho letto il suo articolo ed è bellissimo e volevo soltanto ringraziarla». Si disse proprio così e per me fu come sbarcare sulla luna, un bravo da Fellini non è affatto cosa da poco, anche io avevo vinto il mio Oscar. Le ultime parole Fellini la cui salute stava precipitando le disse poco tempo dopo ricoverato in ospedale ad Enzo Biagi che lo andò a trovare. Biagi racconta l’ultima volta che l’ho visto si capiva che non ne aveva più mi ha preso la mano e me l’ha tenuta un po’ in silenzio Ad un certo punto mi tirò il braccio mi avvicinai e sussurrandomi disse la verità definitiva la ragione ultima prima della nostra povera esistenza umana “Enzino” mi disse con un filo di voce “innamorarsi, innamorarsi ancora una volta”. Pochi giorni dopo morì e fuori dall’ospedale romano in una roulotte della RAI messa lì con un giornalista che poi ero io ed un operatore pronti ad intervenire in diretta con la notizia c’ero anche io e poi con Frajese a commentare i suoi funerali a piazza Esedra davanti ad una folla di gente anonima, semplice, mentre un milione di persone visitarono le spoglie poggiate sul pacchettino con quattro Carabinieri ai lati nello Studio 5 di Cinecittà.
Cinecittà la casa dei suoi sogni la casa dei suoi capolavori: I vitelloni, La Dolce Vita, La strada, Le notti di Cabiria, Amarcord, Otto e mezzo, Casanova, L’intervista, La voce della Luna, solo per citarne qualcuno. Per me lui è ancora li in quello Studio 5 di Cinecittà. Per Fellini era casa.
Fu li che lo intervistai per la prima volta per il Tg3 era la vigilia di Natale del 1984, si stava preparando per la cena con la Masina. Scese dal suo studio con cappotto, sciarpa e con quella specie di borsalino tutto felliniano. Mi prese sotto braccio e camminando mi raccontò del suo rapporto con Roma, con i romani, della sua mamma romana, pochi lo sapevano, dei suoi sogni del suo amore per questa città. Un’intervista di otto minuti che andò in onda per intero senza tagli, era diventata già un documento.
Quando morì il TG3 la rimandò in onda tutti i giorni per un’intera settimana. Si lui ancora lì per me, nel suo studio 5 di Cinecittà, il luogo dove amava lavorare e dove trasformava i suoi sogni in film, tra palline di polistirolo e nastri colorati, smoking, gilet, e passi di danza come quelli di Marcello Mastroianni e Giulietta Masina in Ginger e Fred.
Grazie di cuore, prima ancora all’uomo e poi al grande professionista Tonino Pinto, per questo gentile cammeo che va ad impreziosire il grande lavoro del nostro giornale verso il quale ci adoperiamo con impegno, competenza e professionalità per renderlo migliore e amato da chi quotidianamente ci segue con affetto e stima non solo su queste pagine. Tonino ti vogliamo bene!