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Oltre Ilio, oltre il cielo

Due atti tra mito e fantascienza, dove l’esilio diventa condizione esistenziale e la guerra si rifrange in corpi, memorie e maschere

È in scena al Teatro di Documenti Gli Esuli del Tempo, uno spettacolo diviso in due atti unici, scritti da Stefano D’Angelo,  che scava nella condizione dell’essere umano come creatura errante, smarrita, esule appunto. La pièce è un affondo lucido e inquieto nei territori estremi della condizione umana. La scrittura di D’Angelo tagliente e visionaria, è amplificata da una regia, a cura di Marco Belocchi, capace di mescolare linguaggi diversi – parola, corpo, video. Lo spettacolo si avvale del sapiente contributo sonoro ideato e curato da Fabio Bianchini, che aggiunge quel “plus”, che accompagna la fase recitativo degli interpreti in scena.

Appunti sulla guerra di Troia – Maria Carla Generali

Il primo atto è un monologo lirico e crudele, attraversato da visioni mitologiche e riferimenti riconoscibili che si insinuano in un testo denso e colto, dove la figura centrale è quella di un guerriero androgino troiano, testimone e cantore di una guerra archetipica e, al tempo stesso, stranamente familiare. A dare vita a questa figura sospesa è Maria Carla Generali, in una prova attoriale di alta  intensità e raffinatezza. La sua interpretazione non solo regge il peso del monologo, ma lo trasforma in un’esperienza fisica, immersiva, viscerale.

Il corpo dell’attrice si fa tela grazie a un atto performativo di body-painting  – realizzato dalla visione artistica di Monica Argentino, che durante la rappresentazione, la trasfigura gradualmente in una figura guerriera, evocando tanto l’epica greca quanto la memoria iconografica dei nativi americani. Una metamorfosi rituale e potente, che restituisce visivamente il senso profondo dell’esilio identitario e temporale.

A tutto questo si affianca l’uso delle videoproiezioni, che amplificano il campo semantico del testo: sui muri del teatro scorrono immagini storiche di distruzione — dalla Seconda Guerra Mondiale alla bomba atomica, passando per l’iconografia western — generando un cortocircuito tra passato e presente, tra realtà e finzione. Il pubblico si orienta tra queste suggestioni riconoscendo àncore culturali che vanno da Hitler (nella marionettistica interpretazione di Maurizio Castè ) a Superman (Simone Destrero), dallo scontro tra potenze globali alla confusione tra vero e falso, tra mito e propaganda.

L’effetto è quello di una discesa visionaria nella storia e nell’inconscio collettivo ed il primo atto ne esce come una composizione intensa, quasi rituale, in cui l’esilio è una condizione ontologica prima ancora che geografica.

La regia ideata da Belocchi disloca fisicamente i due atti in ambienti separati, aiutando gli spettatori a scindere i due momenti recitativi, pertanto il secondo atto, La caccia, dove ritroviamo sul palco Maurizio Castè e Simone Destrero affiancati questa volta da Tania Lettieri, cambia sia registro, sia palcoscenico.

Due extraterrestri scendono sulla Terra per nutrirsi di denti umani. Il mondo è diventato un terreno di caccia inospitale, e l’umanità, forse, una specie da estinguere o manipolare. A questa premessa grottesca si aggiunge un terzo personaggio ambiguo, umano o forse no, che scompagina ruoli e gerarchie, invertendo continuamente la dinamica tra preda e predatore.

La prova attoriale dei tre interpreti è brillante e coinvolgente, sostenuta da dialoghi incalzanti e da un ritmo ben calibrato. Tuttavia, La caccia paga il confronto con la forza visiva e simbolica del primo atto: manca qui la “policromaticità corporea” del body-painting, e la narrazione, seppur efficace, si fonda su riferimenti meno immediatamente decifrabili dal pubblico.

Anche qui il tema dell’esilio ritorna, sotto forma di smascheramento. I ruoli si ribaltano, le certezze crollano, e l’essere umano — anche in un contesto futuristico — si rivela maestro nell’arte dell’ambiguità, della manipolazione, dell’inversione dei ruoli. È un altro modo per parlare di guerra: non più come scontro di eserciti, ma come conflitto percettivo e psicologico, come dominio sull’immaginario dell’altro.

La Caccia – Tania Lettieri, Maurizio Castè, Simone Destrero

Oltre Ilio, oltre il cielo è quindi molto più di uno spettacolo in due atti: è un’esperienza teatrale stratificata, che interroga lo spettatore sul senso stesso della realtà, del potere e dell’identità. Un teatro che non cerca di rassicurare, ma di inquietare, aprendo fessure nel nostro tempo attraverso il filtro del mito e della fantascienza.

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Esuli del Tempo – 2 atti unici di Stefano D’Angelo, regia: Marco Belocchi, con Maria Carla Generali, Maurizio Castè, Simone Destrero, Tania Lettieri, scene e costumi: Maria Letizia Avato, musiche: Fabio Bianchini, interventi pittorici: Monica Argentino, aiuto regia: Grazia Rita Visconti, video: Fabio Bianchini e Marco Belocchi, luci e fonica: Paolo Orlandelli, ufficio stampa Compagnia: Andrea Cavazzini, produzione: Ass. Culturale Genta Rosselli, Teatro di Documenti dal 08 al 11 maggio 2025

Foto di ©Grazia Menna

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