Il 27 maggio Disney+ ha reso disponibile per i propri abbonati l’ultimo prodotto della Lucasfilm, Obi-Wan Kenobi, terza miniserie ambientata nell’universo di Star Wars dopo The Mandalorian e The Book of Boba Fett. La serie si apre con le scene finali di Star Wars: Episodio III- La vendetta dei Sith che da un lato rinfrescano la memoria al fan storico della saga, dall’altro permettono di seguire agevolmente la narrazione anche per uno spettatore che vi si approccia per la prima volta. I primi episodi, infatti, si limitano a delineare l’universo Star Wars attraverso la riproposizione di personaggi ben noti ai fan ma anche di flashback risalenti all’Episodio III che svolgono una duplice funzione: rendere chiara e digeribile la narrazione e porre le basi per l’introspezione psicologica dei personaggi.
La storia si incentra solo ed unicamente sulla ricerca che la Terza Sorella (Moses Ingram) porta avanti per trovare ed uccidere Obi-Wan Kenobi (Ewan McGregor), ma le motivazioni che la spingono non sono mai debitamente spiegate. I fatti che muovono la vicenda sono narrativamente deboli e, bisogna dirlo, talvolta anche incoerenti con quella che è la storia principale. Sono molti i fan che hanno notato come la Leia bambina, protagonista della serie, si leghi profondamente a Kenobi mentre nella saga originale degli anni 70 questo legame sembra venire meno insieme al ricordo che la Leia adulta ha di tutta la vicenda vissuta insieme.
Se si escludono però queste debolezze narrative, la serie risulta un grande omaggio alla trilogia dei prequel che viene ripresa e approfondita nei suoi aspetti più interessanti. Il maestro Kenobi viene mostrato come un vecchio uomo stanco di tutto, nascosto agli occhi del mondo, che vive come un rifiuto della società in cui prima era un eroe. A gravare su di lui non è tanto il peso degli anni quanto la consapevolezza di aver fallito come maestro e di aver ucciso Anakin, il suo discepolo più amato. La grande novità e pregio assoluto della serie è qualcosa che ai prequel mancava: il rifiuto della spettacolarità in nome di una maggiore introspezione psicologica. Ogni gesto, azione o dialogo mira unicamente allo scontro finale tra Obi-Wan e Darth Vader che perde la cifra stilistica dei prequel, caratterizzata da mosse acrobatiche e gesti coreografici, per acquisire i connotati di uno scontro incorporeo, guidato da istinto e risentimento. È bene precisare che gli amanti delle battaglie spettacolari a colpi di spade laser non saranno delusi, ma dovranno aspettarsi qualcosa in più di un semplice intrattenimento. Non si tratta più dello scontro dicotomico tra bene e male al quale la saga di Star Wars ci ha fin troppo abituati, perché i protagonisti di questa serie hanno un nuovo spessore.
I flashback iniziali sono la chiave di tutto: il passato torna sempre e quando torna può svelarci nuove verità, inedite e imprevedibili. La battaglia mostrata nelle prime scene non serve solo a ricordare allo spettatore “dove eravamo rimasti” ma anche a mostrare il peso che Kenobi e Anakin si portano dietro ogni giorno, il male che li ha resi quello che sono. In questo senso diventa fondamentale il confronto tra la battaglia iniziale e quella finale che, rispecchiandosi l’una nell’altra, mostrano il rancore e la vendetta come parte di un circolo vizioso, una sequela infinita di attacchi e contrattacchi che alimentano l’odio senza mai estinguerlo del tutto. Durante lo scontro Darth Vader ammette che ad uccidere Anakin, il vecchio sé, è stato proprio lui; sappiamo dalla saga originale che questa è una bugia che Vader si racconta per non abbandonare il lato oscuro, ma è anche ciò di cui Kenobi ha bisogno. Tale consapevolezza, per quanto falsa, basta per calmare lo spirito del protagonista che può allontanarsi e finalmente placare il dolore e il senso di colpa che da anni lo logora.
Sebbene la serie renda onore al personaggio di Darth Vader, ancora una volta interpretato da Hayden Christensen, talvolta sembra relegarlo alla figura mitica che incarna nella cultura di massa. Se messo a confronto con Obi-Wan Kenobi, infatti, il suo personaggio non ha una vera e propria risoluzione narrativa né un’evoluzione in termini di introspezione psicologica. Vader resta un involucro vuoto, guidato da rabbia e sete di vendetta, senza apparente possibilità di redenzione; Kenobi, invece, sembra crescere di puntata in puntata. Il confronto con il passato e, in un secondo momento, il suo superamento segna la vita dei due protagonisti. Mentre il primo cerca di scappare da ciò che era, arrivando ad ucciderlo per creare un nuovo alter ego, il secondo fa pace con se stesso e con il suo passato per tornare il maestro che una volta era e di cui il suo mondo ha ancora bisogno.