L’intervista impossibile a una delle attrici più eleganti e amate del cinema mondiale
Alcuni grandi registi come Alfred Hitchcock, la vollero protagonista di film cult come Il caso Paradine, dove lei seduce, un magnifico e irresistibile Gregory Peck e Footplay, il magazine americano considerato nel 1947 la Bibbia di Hollywood la descrisse come la più grande attrice italiana dai tempi dell’immortale Eleonora Duse.
Dopo essere stata al fianco di miti dell’epoca dei telefoni bianchi in film interpretati da Amedeo Nazzari e Rossano Brazzi, il grande Luchino Visconti, le affidò il ruolo di protagonista nei panni della contessa Serpieri, sopraffatta dall’amore nel suo Senso, considerato il Via col vento italiano.
Nel 1957, Michelangelo Antonioni la volle nel film Il grido, un dramma dal sapore neorealista dove interpretava una conturbante e ambigua donna del dopoguerra nella bassa padana.
Passò alla storia con oltre 1oo film nell’Italia prima e dopo la seconda guerra mondiale. Attrice di quel cinema e teatro, conosciuta, applaudita e ammirata con il nome di Alida Valli ovvero Alida Maria Laura Altenburger baronessa Von Marckenstein und Frauenberg, nata a Pola in Croazia, una delle dive più importanti e amate del cinema mondiale.
Bella, bionda dai capelli lunghi, provocante, con le iridi intense, alta, snella e un appeal internazionale; scoperta nel cinema del regime del ventennio e lanciata al successo nel dopoguerra da registi come Antonioni, Alessandrini, Pasolini, Pontecorvo, Bertolucci e su tutti Mario Soldati. Le donne la imitavano nel trucco e nell’abbigliamento con film come Stasera niente di nuovo del 1942, diretto da Mario Mattoli dove cantava “Ma l’amore no, l’amore mio non può confondermi col vento delle rose”, un motivo che diventò popolare per indicare un’epoca, un inno nazionale al femminile. Quella canzone non fu soltanto il motivo di un film, divenne una specie di sortilegio, adottata da un’intera nazione, la colonna sonora di quell’Italia degli innamorati, la canzone che identificava in melodia soprattutto lei, Alida Valli.
l’Italia del cinema nella sua lunga storia a partire dal mito Valentino ha esportato a Hollywood alcune grandi star come Eleonora Duse, Anna Magnani, la prima a conquistare un Oscar recitando in inglese nel 1957 per l’interpretazione ne La rosa tatuata di Daniel Man al fianco di Burt Lancaster. Poi ancora due Oscar di cui uno alla carriera per Sophia Loren, protagonista de La ciociara diretta da Vittorio De Sica e ancora Gina Lollobrigida, Claudia Cardinale, Virna Lisi, Rossana Podestà e ultimamente, Valeria Golino che Hollywood volle al fianco di icone come Dustin Hoffman e Tom Cruise. Ma Alida Valli è stata, davvero qualcosa di speciale. Hollywood se la contendeva con film come La fonte meravigliosa al fianco di Gary Cooper, oppure Il miracolo delle campane al fianco di Frank Sinatra e lo scrittore Graham Green e Orson Welles insieme al regista Carol Reed, la scritturarono nel 1949 come protagonista nel cult movie Il terzo uomo.
Tornata in Italia fu Mario Soldati che nel 1953 dall’adattamento di un romanzo di Graham Green, la volle, protagonista del film La mano dello straniero al fianco di attori del calibro di Trevor Howard, Richard Basehart e Richard O’Sullivan. Bernardo Bertolucci qualche anno dopo la scritturò nel 1970 per il noir La strategia del ragno, tratto da un racconto di Borges e nel 1976 per Novecento presentato al Festival di Cannes al fianco di Burt Lancaster, Donald Sutherland, Sterling Hayden e Gerard Depardieu. Senza dimenticare la sua partecipazione al dittico di Dario Argento, Suspiria e Inferno.
Tanti film, infiniti riconoscimenti e tante storie d’amore sullo schermo e nella vita. Due mariti e due splendidi figli, Alida Valli, baronessa Von Marcken Stein è morta a Roma il 22 aprile del 2006, ed è sepolta nel Cimitero Monumentale del Verano.
L’ultima volta che l’ho vista e intervistata è stato nel 1997 alla Mostra del cinema di Venezia diretta da Felice Laudadio, che nel 1992 le offrì il ruolo di protagonista nel bel film di Margarethe von Trotta Il lungo silenzio, scritto e prodotto dallo stesso Laudadio, rapito con Margarethe dalla personalità, dalla totale disponibilità e dalla semplicità di una diva non diva, entusiasta di accettare quella nuova avventura maturata per caso a Fregene quando Laudadio e la von Trotta la incontrarono in una modesta pensioncina.
Abitava assai lontano dagli splendori degli alberghi di lusso che l’avevano ospitata in tutto il mondo, ma entrambi furono rapiti dalla luce di una personalità difficile da dimenticare.
Oggi, quell’intervista che feci alla Mostra del cinema sulla terrazza dell’hotel Excelsior per il Tg2 della Rai in occasione del Leone d’oro alla carriera, per continuare nell’impossibile realtà di un sogno, la immagino davanti a me seduta davanti ad una tazza di caffè su quella terrazza elegantemente vestita come allora con lo stesso tailleur di lino bianco e quel viso stupendo illuminato dal sole per chiederle:
É vero signora Valli che assalita dai fotografi, complice il caldo umido di settembre si sentì mancare tanto da svenire?
Lo ricordo come fosse oggi. Mi mancarono le forze ma ero cosciente e soprattutto felicemente emozionata e confusa da tanto interesse e a soccorrermi evitando una rovinosa caduta fu il mio amico Gerard Depardieu.
Lei signora Valli ha girato film diretta da registi di fama internazionale, ma è vero che quello veramente innamorato di lei fu Mario Soldati?
Mario è stato il regista, l’uomo, l ‘amico più importante della mia vita, non so se era innamorato di me o della Valli dei suoi film. So di certo che mi presi una scuffia per Dino Risi, uno dei due aiuti registi di Soldati, l’altro era Alberto Lattuada.
Suo nipote Pierpaolo De Mejo, ha recentemente chiesto al comune di Como dove lei si trasferì in gioventù da Pola, l’intestazione di una strada a suo nome.
Ci trasferimmo da Pola quando cessò di essere italiana, ho vissuto a Como gli anni più belli della mia giovinezza, gli studi classici, le mie scorribande a nuoto in quel bellissimo lago. A proposito di mio nipote Pierpaolo, gli sono grata per tante cose e soprattutto per la collaborazione al film in cui la brava Giovanna Mezzogiorno mi ridà vita sullo schermo. A che servono caro Pierpaolo strade o piazze con il nome Alida Valli? In fondo resto con orgoglio un’ex studentessa di via Briantea che a Como ha frequentato le medie alle Canossiane di via Balestra e il liceo classico Alessandro Volta. Mi basta così, ricordando qualche volta anche i miei film e quel magnifico lago di Como che molte volte ho attraversato a nuoto.
Come mai ha scelto di chiamarsi sullo schermo Alida Valli?
Lo scegliemmo con il mio produttore David O. Selznick, consultando un elenco del telefono e Valli piacque a tutti come il nome Alida.
Da Como, poco più che diciottenne si traferì a Roma ospite di uno zio blasonato.
Volevo frequentare il Centro Sperimentale proprio di fronte a Cinecittà sulla Tuscolana, ma al primo esame mi dissero che non ero adatta, poi riuscii ad ottenere una borsa di studio..
A quella scuola lei ha donato anche il suo archivio personale che mi raccontava proprio Felice Laudadio contiene anche le migliaia di lettere che lei ha ricevuto dai suoi ammiratori da tutto il mondo?
Si è vero, il mio archivio l’ho donato al Centro Sperimentale dove tutto è iniziato comprese quelle lettere custodi di una vita. In fondo sono sempre stata un’anticonformista schiva e indipendente. Ho vissuto la storia d’Italia della seconda metà del ‘ 900 e tutto il cinema italiano dall’epoca delle camice nere a quella di grandi uomini e registi come Antonioni, Rosi, Rossellini, Visconti e Pasolini.
Da dove vorrebbe cominciare?
Ho debuttato nel cinema nel 1935 nel film diretto da Mario Camerini, Il cappello a tre punte, poi dal 1935 al 1940 ho girato 15 film. Allora i produttori mi descrivevano come una bellezza malinconica e sofisticata e i titoli di quei film erano fatti per far sognare come Mille lire al mese e Assenza ingiustificata. Ma la vera popolarità in Italia arrivò nel 1942 con il film Stasera niente di nuovo di Mattioli, dove canto in una sequenza “Ma l’amore no l’amore mio non può “. Il successo fu immediato anche per l’industria discografica. Addirittura mi chiedevano di cantarla anche per strada…
Ha sempre amato anche il teatro
Tutti gli attori secondo me dovrebbero amare e fare teatro. Il teatro è formativo. Debuttai con la Venexiana e La fiaccola sotto il moggio di D’Annunzio, poi Improvvisamente l’estate scorsa di Tennesse Williams.
Si è mai sentita diva?
Credo di essere stata davvero un’antidiva, magari guardando a posteriori non farei certe scelte ma forse sono stata un’inconsapevole antidiva all’insegna della modernità e della libertà.
Ha girato film con registi da antologia. I suoi preferiti?
Tutti da Hitchcock a Visconti da Alessandrini a Chabrol, da Zurlini ad Antonioni, da Bertolucci a Reed, da Roger Vadim a Pasolini e naturalmente il mio adorato Mario Soldati.
É vero che a 14 anni barattò per poche lire tutti i monili ricevuti in dono per la cresima?
Feci una follia per tentare la strada delle scene, ne ricavai all’epoca 75 lire. Comprai un biglietto del treno per Milano per fare un’audizione che poi non andò bene.
Qual è il ricordo legato al cinema che non dimenticherà mai?
Il primo giorno a Cinecittà con il mago del trucco Alberto De Rossi. Fu lui che “firmò” agli occhi da cerbiatta di Audrey Hepburn in Vacanze romane. Sentii dalla radio che a Hollywood era morta un mio idolo Jean Harlow. Era il 7 giugno del 1937.
Quali sono i personaggi del cinema e del teatro che l’hanno più emozionata?
Beh sicuramente Gigi Proietti con il quale ho fatto compagnia. Alla fine di ogni spettacolo andavamo a cena nelle trattorie e ogni volta finivamo a cantare fino all’alba e poi quando ho conosciuto per la prima volta sul set de Il feroce Saladino, Alberto Sordi. Era nascosto in una pelle di leone dove avrei dovuto appoggiare i miei piedi e lui con quel suo vocione mi faceva ridere dicendomi: «Ciao Alida!». Aggiungerei anche Renato Rascel e Tony Renis con il quale cantammo Ritorno a Montecarlo, una canzone di successo in un programma televisivo e fra quelli di Hollywood i più simpatici furono Frank Sinatra, Gregory Peck ma anche Selznick, il produttore che mi scoprì e amministrò anche i miei successi al quale pagai una penale quando decisi di tornare in Italia.
A Berlino durante il nazismo nel 1942 a un’anteprima dei Pagliacci con Beniamino Gigli, incontrò e vide per la prima volta gli ebrei che portavano cucita sul bavero del cappotto la stella di David e a un pranzo incontrò Goebels, Ministro per la propaganda di Hitler.
Le confesso che questo non rimane un bel ricordo. Lui era piccolo, nano, ripugnante, con uno sguardo che trasmetteva odio e prepotenza. Non scambiai con lui nemmeno una parola, non ho mai parlato tedesco, percependo il suo sguardo addosso come una lordura.
Di lei signora Valli durante il periodo del suo successo hanno scritto di tutto, la chiamavano con una punta di invidia “Alida delle passioni”, magari per sottolineare una antidiva fra vicende tragiche e amori sfortunati come la sua relazione con il maestro Piccioni, figlio di un senatore dc coinvolto nel famoso “scandalo Montesi”.
Quell’inverno del 1956 fu il più brutto e il più doloroso della mia vita, quando alla dogana di New York non mi concessero il visto per entrare perché sostenevano che fossi l’amante di Mussolini . Per fortuna c’era Selznick che risolse tutto . E quell’inverno fu anche peggio, quando mi sospettarono di essere una spia nazista. Sono stata sempre una donna sola che ha attraversato una guerra mondiale atroce, ma una donna che ha sempre tenuto salde le redini del suo destino.
Fra un film e un altro, il divorzio dal suo primo marito il musicista Di Majo padre dei suoi figli, con il quale restò in buoni rapporti e successivamente l’incontro sul set di Visconti. Un altro amore che sposò, il regista e produttore Giancarlo Zagni .
Una storia purtroppo che finì con un altro divorzio. Avrei dovuto dar retta a Luchino che non vedeva di buon occhio quella relazione.
Lei come Totò non ha mai voluto parlare molto volentieri delle sue origini nobiliari. Un suo grande amico, lo scrittore e sceneggiatore Masolino D’Amico di lei ha detto: “Alida ha l’umiltà di una diciottenne, la semplicità e la professionalità di un’attrice anglosassone”.
Mia madre Silvia Obrekar è stata un’ottima pianista, il titolo di barone appartiene al ramo familiare di mio padre, Gino Von Marckenstein und Fravenberg, professore di filosofia e critico musicale nato a Trento nello splendido palazzo Fermian Altenburger sulla cui facciata ancor oggi si vede lo stemma di famiglia. situato al numero 1 di via Galileo Galilei.
È vero che lei istriana quando vollero conferirle la cittadinanza di artista croata, indignata dal massacro delle Foibe, rifiutò?
Sono nata e morirò italiana. Sono stata felice con mio nipote quando le poste italiane decisero di emettere un francobollo che mi ricordava, accettando una proposta dei miei fan.
Mario Soldati di lei baronessa disse; “Alida è bella e brava con temperamento e cuore, talento e bontà e tutti i vizi e le virtu’ possibili”.
Allora non ci sono più dubbi, mi ama davvero!
Il sole sta per tramontare su questa bella terrazza davanti al mare dell’hotel Excelsior signora Valli e lei è un’appassionata di jazz fin da ragazzina. Dovendo scegliere un altrettanto impossibile colonna sonora in chiusura di questa intervista che cosa sceglierebbe? Magari la deliziosa “Ma l’amore no…”cantata dalla sua amica Nilla Pizzi?
Bravissima Nilla, la cantò per me durante una diretta con Paolo Limiti, ma preferirei se non le spiace, salutarla con il sottofondo della colonna sonora composta da quel geniaccio di Anton Karas per il film Il terzo uomo, così ricordiamo anche Orson Wells. Quel motivo l’ho anche cantato in inglese in un piccolo caffè di Vienna insieme a lui. In quel film ho soltanto due scene. Orson era un’uomo misterioso, e affascinante oltre a essere un attore strepitoso. Come la musica di Karas.
Un sentito ringraziamento a Rosemary Desiati per il prezioso contributo nelle ricerche.