Linee tra i bordi: un’umanità smarrita nella dolorosa assurdità della guerra
La guerra. Una fede, un dogma per molti. Andare in guerra per la pace, per la civiltà. È davvero questa la verità?
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Al Teatro Marconi dal 13 al 16 febbraio è in scena Linee tra i bordi, uno spettacolo che indaga le perplessità etiche della guerra con un’intimità e una sensibilità ammirevoli.
Sulle note perentorie e suggestive del Valzer nº2 di Dmitrij Shostakovich, la scena si apre al fronte, tra i soldati di un accampamento indefinito, in guerra contro un nemico altrettanto astratto. Questa genericità favorisce l’universalità di questo dramma intenso in cui si mette sotto esame una delle realtà umane più bestiali e controverse.
Tra i soldati c’è Jacob, imperterrito difensore degli ideali militari di patriottismo e civiltà, sacrificio e lealtà. A opporsi alle convinzioni di Jacob troviamo Mellor, soldato pentito della scelta di arruolarsi e che con il suo esempio pacifico spera di convincere altri soldati a non sparare più. Una dicotomia iniziale destinata a sgretolarsi in un gioco di maschere e flussi di coscienza, armature e proiezioni.
Un traditore e una bambina sono i personaggi misteriosi che con il loro esistere inducono a interrogativi e dilemmi esistenziali, dilaniano certezze e fanno emergere insicurezze e dubbi repressi.
I compagni di Jacob ogni notte notano un suo strano comportamento e si preoccupano per la presenza di traditori nelle truppe. Sembra evidente agli occhi di tutti che Jacob nasconda qualcosa e Mellor capisce che in realtà indossa una maschera, strumento per ingannare prima di tutto se stesso e che dietro quelle rigide convinzioni si cela un uomo profondamente turbato e ferito. Linee tra i bordi ci mette davanti a un atteggiamento di difesa lacerante, quello di un uomo che indossa un’armatura arrugginita in cui un occhio sensibile può intravedere falle e crepe. Jacob è il protagonista di una tragedia su un’umanità disumanizzata e avvilita. Un’umanità che compie atti brutali dietro belle e nobili parole, ma poi sconta tutto nella propria coscienza. Un delirio della ragione, cosparso di spettri e urla, ricordi e voci. L’innocenza della bambina contrasta con questo mondo di morte, come se non ve ne facesse parte. Lei e Mellor tentano di tirare fuori la vera umanità di Jacob, parlano alla sua sofferenza, quella che nessun’altro vede. La recitazione di Anania Amoroso (Jacob) è di un’intensità penetrante. I suoi silenzi dicono mille parole, mentre i suoi discorsi la maggior parte del tempo tacciono mille segreti. È un dire senza dire e un non dire dicendo. Si percepiscono un gonfiore nel petto ed emozioni represse che da un momento all’altro possono esplodere, una rabbia trattenuta che ha l’esigenza di urlare al mondo la propria esistenza. Un grido di dolore il suo che pesa, agita ed emoziona.
Mellor invece (interpretato da Kevin Di Sole), personaggio speculare e alter ego al tempo stesso, incarna con grande intensità un’emotività che si esprime liberamente e si fa voce del punto di vista dell’autrice. Il testo è di Arianna Cozzi, giovane drammaturga di talento, che con questo lavoro intende sollecitare lo spettatore a una profonda riflessione sul senso della guerra e la sua vacuità. Nel momento in cui si prendono le armi si perde, non vi sono vincitori né tra i vivi né tra i morti. L’umanità muore e facilmente si inabissa in un territorio di rimozione e sofferenza acuta.
La regia è di Felice Della Corte, direttore del Teatro Marconi, che con il suo tocco essenziale e delicato crea un’atmosfera sospesa e tenebrosa in un buio evanescente illuminato da luci di varie tonalità: rosse, che attestano un destino sofferto e ineluttabile; blu, che ricoprono i personaggi di malinconia e nostalgia e ne esternano il malessere interiore; lampeggianti, nel momento in cui dolore e rabbia fremono per uscire in un’esplosione finale di consapevolezza e ammissione.
La scenografia è costituita dall’assemblaggio di praticabili ripetutamente spostati e rimontati dagli attori alla vista del pubblico in nuovi assetti per modificare gli spazi e crearne ulteriori. Passiamo dalle aree desolate dell’accampamento militare all’interno della casa di Jacob, un luogo che dovrebbe essere familiare e accogliente, ma che invece risulta freddo ed estraneo. In entrambe le realtà solo un elemento di calore, ovvero un peluche, quella ultima traccia di innocenza e purezza che si può ritrovare anche nell’oscurità più avvolgente.
La guerra è un gioco delle parti assurdo e corrosivo, che depone l’altruismo dal proprio trono di bellezza ed empatia e catapulta l’essere umano nell’orrore.
I pretesti possono essere tanti, come la convinzione di Jacob di essere parte di una civiltà più evoluta. Ci si riferisce in questo dramma psicologico sottile e profondo anche al famoso disturbo da stress post-traumatico, che allontana i soldati dalla vita familiare e da ogni caro, li condanna a un’agonia di sofferenza solitaria. Le persone che gli sono vicine, infatti, non possono comprendere i misteri del logoramento che li perseguita e rimangono comprensibilmente turbate dall’atteggiamento ostile e inconsueto di quella persona che non gli sembra neanche più di conoscere. D’altronde come potrebbe essere diversamente se sono proprio i soldati stessi a non riconoscersi più?
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Linee tra i bordi è uno spettacolo importante, soprattutto in questo momento storico, ma probabilmente sempre, perché la guerra è una costante della storia umana. Con un testo potente, una regia lodevole e una recitazione essenziale e intensa, parla con efficacia e delicatezza di confini: i confini tra due terre, i confini tra male e bene, i confini tra coscienza e rimozione, tra umanità e disumanità. Confini labili e controversi, immaginari o instabili, costruiti o radicati nel profondo.
Linee tra i bordi di Arianna Cozzi – Regia Felice Della Corte – Compagnia Mania Teatro – Con Anania Amoroso, Alessio Antelmi, Alice Corti, Kevin Di Sole, Francesca Faccini, Riccardo Musto – Teatro Marconi dal 13 al 16 febbraio 2025
Foto di ©Monica Ricci