Nerium Park – La recensione

Nerium Park è un affresco contemporaneo  sulla  fragilità umana,  laddove tutto quello che sembra apparentemente incanalato sui binari della certezza e del risolto si sgretola davanti al cambiamento. Mirò  commediografo catalano autore del testo si fa testimone del malessere della società rendendo di fatto necessario un rinnovamento profondo  partendo dalle più elementari condizioni di sopravvivenza come ha recentemente dichiarato il direttore artistico del Teatro Nazionale di Catalogna Xavier Albert.

Sudivviso in 12 quadri, tanti quanti i mesi nei quali si svolge l’intera vicenda che vede Bruno e Marta   giovane coppia che ha appena traslocato al Nerium Park, un nuovo complesso residenziale fuori città caratterizzato da arbusti sempreverdi e da fiori rigogliosi e colorati. La loro prima casa.  Ma al momento sono gli unici abitanti in questo apparente paradiso. Tutto sembra andare per il meglio, l’intesa tra loro, il lavoro, il desiderio di un figlio, Marta e Bruno sembrano trovare nel loro nuovo appartamento il luogo ideale per creare la famiglia che sognano. Ma è così che sono veramente le cose? L’entusiasmo  iniziale si attenua molto rapidamente e ne derivano paura, insicurezza e follia. Un presagio che non sembrava destare preoccupazioni si trasforma in una certezza. Bruno viene licenziato. Ecco il detonatore che costringe entrambi a fare i conti con le conseguenze psicologiche, economiche e sociali che trasforma i due in un continuo  stillicidio di accuse reciproche, di incomprensioni e di logoranti dialoghi.

Lei sempre più irritabile e insofferente non solo di fronte all’inerzia  di lui rinfacciandogli continuamente che lavora otto ore al giorno,  ma anche di vivere in un luogo che non sente più suo. Vivono in un luogo disabitato, vuoto come il loro rapporto unito solo da ciò che li dividerà: l’appartamento. Nel gioco di sguardi e posizioni  in una scenografia essenziale  composta da un divano  due lampade, una parete alle spalle e due cubi sul proscenio simbolo di un trasloco, di una convivenza precaria va in scena un duello verbale, una lotta per la sopravvivenza, uno scontro di valori, una lotta in cui l’amore si arrende alle circostanze e la facciata della stabilità moderna si sgretola, costruita com’è su nient’altro che fugaci capricci e disuguaglianze tossiche, tossiche come il Nerium  che intrappola e soffoca ogni nuovo edificio e strada in questo complesso di costruzione altamente metaforico alla periferia della civiltà.

Un testo vibrante, emotivamente intenso e ottimamente recitato da due attori Chiara Baffi e Alessandro Palladino che ben figurano nei ruoli della coppia “distonica” che riescono a trasformare con grande naturalezza l’iniziale complicità in una progressiva minaccia fino all’epilogo finale.

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