Nelle sale l’ultimo Clint d’annata?

“Giudice numero due” tra critiche e qualche difficolta al box office ma Eastwood non molla…mai!

Al confine fra verità e un pizzico quanto basta di misericordia con licenza però di commuovere, arriva sugli schermi cinematografici italiani Giurato numero due, il 42esimo  film come regista del 94enne Clint Eastwood, tre anni dopo Cry Macho,  sempre più lontano (il tempo vola) da sigaro e cappello alla Sergio Leone, invischiato in una storia destinata a stupire sul grande schermo, forse più  adatta ad una pièce teatrale.

Accolto con freddezza da critica e pubblico in America, questo Giurato numero due dopo l’anteprima alla 28a edizione al Tertio Millennio Film Fest , ci propone la complessa vicenda di un giovane che viene chiamato a far parte di una giuria popolare nel processo contro un sospettato accusato di aver ucciso la fidanzata, la dove tutte le prove sono contro di lui. Protagonista è Nicolas Hoult rubato all’Off Broadway, ben consapevole della sua colpevolezza, visto che su quella strada buia e deserta quella notte, è stato proprio lui in evidente stato di ebbrezza a investire con la sua auto la ragazza per poi fuggire convincendosi o autoconvincendosi di aver investito un cervo. Ed è qui che ha inizio il film.

Checché ne dica la critica e il pubblico in America bollanto come frettoloso, questo film di grande impatto avvince e convince tenendo legato “fastidiosamente” lo spettatore alla poltrona fino alla fine;  fra quiete e tristezza, ambizioni di carriera come quella del procuratore Killebrew (interpretato da Toni Collette) e con lui manovrati come marionette le illustri comparse, J. K. SimmonsKiefer Sutherland e Chris Messina, grazie soprattutto  all’abile sceneggiatura di Jonathan Abrams, in un crescendo dove merito e colpe fanno a cazzotti come nei western di Sergio Leone, lasciando però allo spettatore la risposta alla domanda «Tu, che faresti al posto del giurato numero due“?

Riconsegnandoci un Clint Eastwood ancora voglioso di stupire e divertirsi più lucido e pimpante di prima, alla faccia di chi lo vorrebbe relegare in soffitta.