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Myhtos Troina Festival, con “Drone tragico” si chiude la sezione Assoli

In scena una versione sperimentale dell’Orestea di Eschilo, opera ibrida che unisce teatro, videoarte e suggestioni sonore

L’ultimo degli spettacoli di Assoli, sezione del festival Mythos dedicata alle nuove generazioni di drammaturghi, ha visto la sperimentazione come chiave espressiva per rappresentare un classico senza tempo, l’Orestea. Drone Tragico è una coraggiosa fusione di tre elementi principali: la narrazione, il video e l’accompagnamento musicale. Ideato durante il periodo del lockdown, è stato vincitore del bando Residenze Digitali 2022, curato dal Centro di Residenza della Toscana.

Il testo scelto per raccontare la tragedia è quello, a cura di Pierpaolo Pasolini, che non può essere definito una mera traduzione ma una rielaborazione profonda dell’opera, in cui PPP infuse la sua sensibilità poetica e la sua visione politica. Spicca soprattutto, nel testo pasoliniano, l’uso di un linguaggio potente e diretto, lontano dalla tradizione classicista, che si avvicina invece alla prosa e a un registro più vicino alla lingua parlata. La volontà di restituire un testo accessibile, come dichiarato dagli stessi attori e registi di Teatrino Giullare (Giulia Dell’Ongaro ed Enrico Deotti), è fondamentale per una fruizione organica dello spettacolo nella sua interezza.

L’attenzione visiva del pubblico è rivolta alla parete-schermo della sala, ove vengono proiettate le immagini di un filmato realizzato con una telecamera a 360°, quasi sempre condotta da un drone. Uno degli aspetti interessanti di Drone Tragico è la sua adattabilità, sia rispetto al luogo che ospita la rappresentazione, sia al volere dello spettatore stesso. Infatti, alcuni spazi rappresentativi come la Torre Capitania di Troina, dove è avvenuta la visione qui trattata – presentano una proiettabilità limitata; sta quindi al performer orientare la telecamera in tempo reale, rivolgendo lo sguardo su una ben precisa porzione del campo visivo e quindi sugli elementi che egli ritiene importanti in quel momento. Va da sè che, con questa impostazione, ogni spettacolo sarà necessariamente diverso dall’altro, condizionato da mille variabili che avranno portato la telecamera in un determinato punto, in un dato momento del filmato. Ma, laddove gli spazi lo consentono, la proiezione può avvenire anche su una superficie circolare posta intorno allo spettatore, aprendo le porte dell’interattività: sarà chi guarda a scegliere di volta in volta quale parte dell’azione seguire, in alcuni casi anche con l’ausilio di visori 3D.

La carica suggestiva della parte video non è data solo dallo sguardo ampio, a volo d’uccello, reso possibile dai droni; hanno un grosso peso anche la scelta delle inquadrature, dei costumi, della grafica outline con un tratto bianco che evidenzia i contorni delle figure su sfondo nero. Rimane il nero infatti il colore dominante, delle immagini come pure dei costumi di Giulia Dell’Ongaro. La sua è una recitazione che rimane volutamente un passo indietro, un commento all’azione che arriva discreto da dietro una maschera, nell’alternarsi tra voce narrante, Agamennone, Clitennestra e Oreste. L’effetto è quello di accrescere la tensione narrativa, anche grazie al linguaggio semplice, quotidiano, che rinuncia ai toni aulici dell’originale greco per trovare nuove forme non meno traumatizzanti: un po’ documentario crime e un po’audioguida sinistra di un viaggio lacerante dentro l’oscurità umana.

Contribuiscono all’atmosfera cupa le musiche della band finlandese Cleaning Women, che in altre più “spaziose” occasioni si è esibita direttamente sul palco, a commento del video; diverse le sonorità presenti nei brani, peraltro eseguiti anche con strumenti rudimentali quali elettrodomestici e utensili di uso comune. Si va da ritmi tribali, che tracciano un legame ideale con il progetto incompiuto di Pasolini, documentato nel 1970 in Appunti per un’Orestiade africana, al sound incalzante e distorto, a cavallo tra progressive e jazz-rock, del brano che precede il processo a Oreste, che richiama alcuni momenti di quel cinema horror italiano che ha fatto scuola. Pure le location delle riprese riflettono l’eclettismo del progetto: tra le altre, l’Italia con Colle Ameno, borgo settecentesco della Val di Reno nel bolognese, progettato a tavolino come “città ideale”; i canali del centro di Amburgo; fino ad arrivare al waterfront newyorchese, dove nemmeno l’immagine in negativo impedisce di riconoscere la famosa sagoma di Manhattan.

Ma cosa rimane del capolavoro tragico di Eschilo, in mezzo a tanto lavoro di microchip e codici binari? La sensazione di trovarsi all’inizio di qualcosa di nuovo. L’Orestea è considerata un atto di fondazione del teatro come spazio di comunità e rito, dove si affrontano questioni fondamentali per la vita civile: una su tutte, il passaggio dalla legge della vendetta di sangue a quella della Polis, dalla legge del taglione alla giustizia istituzionalizzata dell’Aeropago, il tribunale penale ateniese. Anche gli dei, con il nuovo ordine civile, si adeguarono al cambiamento, mutando di forma senza tuttavia sparire. Proprio come oggi che, sottolineano Dell’Ongaro e Deotti, i droni sono i nuovi dei. Ubiquitari, controllanti, onnipotenti, forse un giorno non troppo lontano arriveranno a decidere -da soli- le sorti del mondo.

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Drone Tragico – creato e prodotto da Teatrino Giullare con il sostegno della Regione Emilia Romagna – vincitore di RESIDENZE DIGITALI a cura di Centro di Residenza della Toscana (Armunia CapoTrave/Kilowatt), in collaborazione con AMAT, Fondazione Romaeuropa, Fondazione Piemonte dal Vivo/Lavanderia a vapore, Centro di Residenza Emilia-Romagna (L’arboreto-Teatro Dimora / La Corte Ospitale), Teatro della Tosse, Zona K. Si ringraziano: Cleaning Women per le musiche, Cikuska per le maschere e i costumi Laura Gemini e Anna Maria Monteverdi per il tutoraggio – Francesca Giuliani e l’Arboreto – Teatro Dimora di Mondaino per la collaborazione – Valeria Bertozzi per l’assistenza tecnica. – Troina 2/3 agosto 2025

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