“Non suonare il saxofono, lascia che lui ti suoni”. Charlie Parker
Il 28 gennaio 2023 saranno cento anni dalla nascita del grande saxofonista Fausto Papetti (nato nel 1923 a Viggiù, provincia di Varese) e il Museo del Saxofono di Maccarese (Roma), grazie al contributo ottenuto con l’Avviso Pubblico per le iniziative culturali, sociali e turistiche della Regione Lazio, celebrerà questa importante ricorrenza realizzando una progettualità che si svolgerà dal 28 gennaio al 25 febbraio prossimo con una serie di eventi a lui legati: concerti, l’esposizione del sax ed altri oggetti di culto, una mostra e visite guidate per celebrare questo prezioso anniversario. In mostra ci saranno dunque lo strumento appartenuto all’artista, il celebre sax, oggetti vari, articoli di giornale, fotografie, copertine di dischi. Papetti fu polistrumentista, sapeva suonare otto strumenti oltre naturalmente al suo storico saxofono.
Questo lungo articolo è impreziosito due testimonianze pregiate: l’intervista doppia ad Attilio Berni, Direttore del Museo del Saxofono e a Cinzia Papetti, figlia del grande musicista.
Il nome di Papetti è legato alla fine degli anni 60, in particolare al decennio 70 e 80, quando vendette in tutto il mondo oltre 30 milioni di dischi con una formula semplicissima ed efficace: i maggiori successi del momento rielaborati con un approccio morbido e sensuale, caldo e travolgente del suo sax. L’Italia spesso non valorizza adeguatamente i propri artisti. Fausto Papetti è stato un vero Maestro della musica, conosciuto ed apprezzato anche a livello internazionale che ha contribuito alla conoscenza del saxofono con un grande appeal nella musica italiana.
L’artista ebbe un grandissimo successo ed apprezzamento grazie proprio alla rilettura personale dei classici della canzone in cui prevaleva tutta la melodia e l’intensità di ogni brano proposto. I suoi dischi erano l’ideale sottofondo per le feste e gli eventi privati, le serate estive nei locali e nelle balere, permettevano di ballare per interi minuti senza bisogno che qualcuno togliesse il 45 giri terminato per sostituirlo con uno nuovo; brani che giravano sul piatto per venti minuti ininterrottamente rendendo ancora più intensi e profondi gli originali stessi.
Colonne sonore di film indimenticabili, brani meravigliosi arrangiati con un nuovo sapore e dal tratteggio emozionale intenso. Il suo enorme successo coincise con la diffusione della storica musicassetta, oggetto iconico degli anni ’70 e ’80 in particolare. Ha pubblicato e raccolto celebri brani, divenuti iconici soprattutto tra le musiche per il cinema, le colonne sonore.
Il re del sax e delle copertine sexy: un binomio leggendario tra musica ed eros.
Ammaliati, catturati dal suono caldo dello strumento. Con la “voce” vibrante e struggente del sax, riuscì ad imporre nel nostro Paese – per la prima volta in campo discografico cosiddetto “leggero”- il “genere strumentale”, fino ad allora quasi inesistente nelle classifiche di vendita, diventando l’interprete con il maggior numero di album nella Hit Parade italiana (ben 29 album all’attivo). Mina è seconda con 27 dischi e i Pooh terzi con 23.
Una carriera travolgente ed apprezzatissima quella di Fausto Papetti che lo ha reso noto in tutto il mondo e che gli valse spesso l’appellativo di “musicista per innamorati”.
Era molto amato anche in Germania, Spagna, Belgio, Francia, Giappone, Russia e tutto il mondo latino-americano. Ogni album era un successo di vendite e ristampe. Iconiche e famose nel mondo le copertine dei suoi dischi, caratterizzate sempre dalla presenza di nudi femminili, bellissimi corpi di donne molto spesso in compagnia del sax; dagli anni ’60 agli anni ’80 le sue copertine hanno contribuito fortemente nell’immaginario collettivo al radicamento del binomio “sax-erotismo”. Ancora oggi, è bene ricordarlo, il suono caldo del sax arricchisce la scena musicale odierna.
Alla serata di inaugurazione di sabato 28 gennaio parteciperà Marco Papetti, figlio del musicista, e il regista Paolo Campana, autore del film Vinylmania: ci saranno contributi video del suo nuovo documentario dedicato alla storia del celebre saxofonista. Imperdibile, lo garantiamo, il prezioso evento.
Abbiamo raggiunto ed intervistato Attilio Berni, Direttore del Museo del Saxofono. Come è nata l’idea di realizzare l’evento?
L’idea di realizzare un simile evento è partita dalla disponibilità degli eredi Papetti, i figli Cinzia e Marco, a concedere in esposizione lo strumento personale dell’artista, un sax alto Selmer Mark VI del 1958 e altri memorabilia. Successivamente è iniziato un lungo percorso di ricerca, raccolta e analisi di foto, materiali e testimonianze che mi ha portato alla costruzione di una narrazione emozionante e suggestiva ricostruendo la storia artistica di Fausto Papetti e delineandone un ritratto completo, del musicista
come dell’uomo. Da qui, con l’occasione dell’anniversario che ricade proprio il 28 gennaio, è stato gioco-forza immaginare una serie di eventi celebrativi in omaggio al grande saxofonista italiano.
Quali testimonianze, oggetti e ricordi troveranno gli spettatori in visita? Come sarà articolato il percorso immersivo?
In primis lo strumento appartenuto all’artista. All’interno dell’unico museo al mondo dedicato al saxofono, lo strumento di Papetti verrà considerato alla stregua di un “vaso di Eufronio” e posto accanto ai saxofoni appartenuti a Sonny Rollins, Tex Beneke, Ross Gorman, Benny Goodman, Gil Ventura… Sarà anche esposto il disco d’oro del 1972, con il quale la Durium celebrò il primo milione di Lp venduti dal suo artista di punta, ed ancora gli spartiti musicali delle composizioni jazzistiche di Papetti, le audio cassette, i Long Playing, e 45 giri, gli stereo 8, tutti con la possibilità di essere ascoltati, ed ancora fotografie dell’archivio della Famiglia Papetti. Alla mostra sarà presente anche Paolo Campana, regista torinese, autore del film Vinylmania, con alcuni frammenti in video del materiale che sta girando per quello che sarà il primo documentario dedicato a Fausto Papetti. A compendio dell’esposizione sono in programma numerose visite guidata gratuite dedicate a Fausto Papetti, ad Adolphe Sax inventore del saxofono e alle
stupefacenti metamorfosi dello strumento custodite nel museo.
Quale contributo lascia Fausto Papetti, nella rielaborazione originale di brani con la voce calda e struggente del suo sax? Cosa lascia ai musicisti di oggi?
Fausto Papetti ha iniziato la sua carriera a metà degli anni ’50 ed è stato un’artista molto conosciuto, estremamente apprezzato dal pubblico ha sostanzialmente contribuito alla divulgazione del saxofono e del suo appeal nella cultura italiana. E’ stato un maestro della musica confidenziale che ottenne una popolarità strepitosa grazie alla sua rilettura dei classici della canzone dei quali smussava le asperità lasciando prevalere su tutto la melodia, per la gioia dell’ascolto più disimpegnato. In qualche modo è stato l’interprete strumentale dei dettati del “bel canto” italiano, se non dal punto di vista prettamente tecnico virtuosistico, ha insegnato molto ai tutti i saxofonisti italiani. La sua professionalità, il suo metodo scientifico di costruzione e cura degli arrangiamenti realizzati sempre pensando al fruitore ultimo, all’ascoltatore italiano.
Il fenomeno Papetti ha attraversato tre decadi dal periodo del boom economico, con lo strepitoso successo di Estate Violenta nel difficile decennio degli anni ’70 attraversato dai problemi globali dell’economia, dal vento delle rivendicazioni e delle proteste pacifiche del ’68, fino a giungere al decennio degli anni ’80, nel periodo del tramonto del comunismo nel mondo occidentale, la fine della guerra fredda e l’ascesa delle istanze neoliberiste. Fausto Papetti ha catalizzato il “costume” di generazioni anche, e soprattutto, di non musicisti. Non è stato un musicista scontato, né banale
né frivolo. Il suo contributo all’immaginario collettivo è stato fondamentale e se i saxofonisti sono considerati “fighi” è soprattutto perché c’è stato lui. Con lui, tutti noi abbiamo sognato almeno una volta, e non importa cosa.
Quali gli artisti che parteciperanno?
Gli eventi prevedono 3 concerti. Il primo, il 28 gennaio, ripercorrerà la carriera dell’artista Papetti proponendo i suoi brani più cool e vedrà protagonista L’Italian Jazz Quintet. Lo storico progetto divulgativo dello scibile sassofonistico da me ideato e proposto insieme ad Alessandro Crispolti al pianoforte, Christian Antinozzi al contrabbasso, Alfredo Romeo alla batteria e, per questa occasione, Danilo Pierini alle tastiere elettroniche.
Il secondo concerto, tenuto dal Venanzio Venditti Jazz Quartet, vedrà protagonisti alcuni dei più importanti musicisti di jazz italiani: Venanzio Venditti al sax tenore, Roberto Tarenzi al pianoforte, Francesco Puglisi al contrabbasso e Marco Valeri alla batteria. Il gruppo proporrà un repertorio di standard e composizioni originali intimamente caratterizzate dai modelli stilistici dell’Hard bop e del Cool Jazz, sbocciate sul finire degli anni ’40.
Infine per il terzo concerto, a chiusura dell’evento, è prevista l’esibizione della Original Saxie Band, un ensemble di agguerriti e sapienti musicisti con un progetto artistico travolgente, congegnato sull’onda delle Traditional Band e degli Speakeasy, i locali swing dell’epoca del proibizionismo con me Attilio Berni ai saxofoni, Alessandro Crispolti al pianoforte, Christian Antinozzi al contrabbasso, Piercarlo Salvia al
clarinetto, Alberto Botta alla batteria, Filippo Delogu alla chitarra e Nina Pedersen come cantante solista.
Perché è così affascinante il saxofono e cosa arricchisce in noi? Personalmente, penso l’anima ed il cuore.
Dal lontano 1840 il saxofono ha fatto molta strada, da anonima pipa di nichel è diventato un oggetto desiderabile ed agognato da molti, da parente lontano e bastardo del clarinetto relegato ad avvilenti manovalanze bandistiche è diventato il re del jazz capace di esprimere rabbia, desideri, sonorità ed umori più disparati trasformandosi nell’icona multiforme del novecento.
Tra tutti gli strumenti musicali, egli è quello più endoscopico; lo strumento che, più di ogni altro, “entra” nel corpo dell’esecutore e fa interagire la parte organica (il nostro corpo e le sue cavità) con quella inorganica (lo strumento e le sue componenti metalliche) e le nostre emozioni, passioni s’incanalano nel tubo contorto dello strumento che le amplifica e, in qualche modo, le trasmette a chi ci ascolta. In tal
senso, il saxofono è lo strumento musicale dal timbro più riconoscibile, poiché molto simile alla voce umana ma, nello stesso tempo, anche più personalizzabile, così come lo è il timbro della voce di ognuno di noi. E proprio in quanto “voce del nostro mondo interiore” può esprimere, meglio di ogni altro strumento, le nostre emozioni più vere e profonde.
Abbiamo raggiunto anche Cinzia Papetti, figlia del grande musicista.
Omaggiare Fausto Papetti, con una mostra-evento a lui dedicata, è davvero circostanza preziosa per ricordare Suo padre, un artista originale, amatissimo.
Mio padre è sempre stata una persona schiva, non ha mai amato la pubblicità e probabilmente negli anni in cui era il re delle hit parade non si rendeva nemmeno conto della notorietà. Ha sempre rifiutato di esibirsi in televisione ed infatti le sue apparizioni sono rarissime, e attualmente introvabili. L’interessamento di Attilio Berni, direttore del Museo del Sax, onora sia me che mio fratello Marco del fatto che nonostante una vita artistica trascorsa praticamente in sordina, oggi, nel centenario della sua nascita, venga degnamente omaggiato con un ricordo. Ricordo sempre vivo comunque nei suoi fans, ammiratori di tutto il mondo che quotidianamente ci scrivono nella pagina face book creata dalla sottoscritta una dozzina di anni fa proprio con l’intento di portare avanti il ricordo di una figura che, non solo in Italia, ma anche in America latina, Giappone, Francia, Spagna e paesi dell’est europeo, era amata e soprattutto rispettata musicalmente.
Suo padre è stato un polistrumentista, suonava molti strumenti oltre al celeberrimo sax: quale contributo ha dato alla musica ma anche ai “non-musicisti”, nel suo ricordo?
Fausto Papetti è entrato nelle case…ma soprattutto nelle auto…di milioni di italiani negli anni Settanta. Prima con le musicassette e gli Stereo 8, poi coi cd, il suono sensuale del suo sax ha fatto innamorare centinaia di migliaia di persone.
Rielaborare celebri colonne sonore e storici brani con il suono caldo e intenso del sax è stato davvero geniale, da maestro quale era: il capostipite di un genere originalissimo.
In Italia è stato il pioniere della musica strumentale, il sax, essendo lo strumento che più si avvicina alla voce umana, è riuscito a trasmettere e suscitare emozioni. Ci sono brani ancora oggi famosi non per l’interpretazione dell’autore o cantante che li aveva lanciati,ma per l’interpretazione del sax di Papetti. Fra questi mi sovvengono Feelings, Sambapati, Love Story, Djamballa (Il dio serpente), tanto per citarne alcuni. Oltre al sax, il Maestro, suonava il pianoforte, ed era proprio al piano che riarrangiava i brani che poi avrebbe inserito nelle Raccolte. Fu anche il precursore delle compilation: in ogni disco, in uscita regolarmente ogni 6 mesi, riproponeva i brani più celebri della stagione.
Suo padre ha caratterizzato il costume dell’Italia in quegli anni e resta, nei ricordi, amatissimo. Come vorrebbe che fosse ricordato, oggi, Fausto Papetti? Ritiene che una parte del nostro Paese lo abbia
dimenticato troppo in fretta?
Non credo che nostro papà sia stato dimenticato…chi lo ha amato lo ricorda ancora con immenso rispetto. Semplicemente, essendo una persona riservata, non ha mai lasciato troppe tracce di sé, della sua vita privata…. Ma soltanto le note vibranti fuoriuscite dal suo sax.