Missa solemnis: La recensione

di Caracol

 

Missa solemnis

L’immagine, molto naturalistica, di un altare dominato da una grande croce sul fondo è il contenitore della assurda vicenda: Missa solemnis scritta e diretta da Pietro De Silva. Si tratta della celebrazione di un funerale. Al centro davanti, puntata verso il pubblico, la bara.

La storia bislacca di un buggeratore, (non c’è il nome in locandina), che vedremo solo agli applausi, che resta buggerato per la sua stupida e ottusa avidità è il pretesto, anzi il post-testo, perché lo sapremo solo alla fine, per dissacrare la messa funebre, l’estremo rito che accompagna la fine terrena. È dal contrasto stridente tra il dolore della vedova e l’insensibile menefreghismo degli officianti che scaturisce nel pubblico un acido divertimento. Sull’altare si agitano il prete Alessandro Moserdai toni violenti a volte minacciosi a volte annoiati, e il chierichetto Antonio Losito, un pierino esagerato, pronto a bastonare e ad uccidere a comando. Fa da cornice una suora “organista” (Francesca Pausilli), che intona parafrasando i canti religiosi. In questa storia ambigua la vedova diventa la vittima Antonia Di Francesco, che dà vita ad un personaggio ricco di toni: acuti, esasperati, teneri, naturali.

La commedia in scena al Teatro dé Servi nell’ambito della quinta edizione del Roma Comic Off 2019,  è grottesca e caricaturale. Le parole precise del rito religioso diventano qui un brulichio sonoro, un testo di sottofondo il cui senso è svuotato, svilito, volgarizzato. Il linguaggio della commedia a volte scade nel facile turpiloquio e a volte nell’inutile aneddoto greve.

Bravi tutti gli attori, diretti dalla regia attenta di Pietro De Silva. Curate le luci.