Mickey 17: alla conquista della vita!

Dal regista premio Oscar Bong Joon – ho, affronta spazio, fantascienza e una discreta attualità con una certa grottesca e funzionale ironia…

In un mondo futuro fatto di colonizzazioni spaziali, Mickey Barnes ( Robert Pattinson ) si trova costretto insieme al socio Timo  (Steven Yeun)  a fuggire per un affare “terrestre” andato male; unica garanzia di salvezza lo spazio, in una missione alla conquista  di nuovi mondi extraterrestri. Per riuscire ad essere accettato a bordo dell’astronave Mickey firma un contratto che lo rende un “sacrificabile” ovvero un ruolo che lo farà ripetutamente morire così da poter fare da cavia umana per esperimenti nel nuovo mondo; tutto  per poi essere ristampato e clonato dopo ogni decesso.

Robert Pattinson

Ha inizio così il viaggio nello spazio di Mickey o meglio Mickey 17, visto che già all’inizio del film siamo alla sua ben diciassettesima replica. A capo della spedizione spaziale il fallito ed egoista politico Kenneth Marshall ( Mark Ruffalo )  con l’eccentrica moglie Ylfa ( Toni Colette ).

Durante questo viaggio Mickey incontrerà anche l’amore, quello di Nasha ( Naomi Ackie ), tutto sembra andare per il verso stranamente giusto se non fosse che l’inaspettata sopravvivenza di Mickey n.17 e la sua automatica duplicazione non fa che generare il suo inaspettato clone Mickey 18. Mickey 17 e Mickey 18 si trovano quindi ad essere multipli e in quanto tali destinati alla morte per non aver rispettato l’ordine preimposto dalla missione.

Di contorno il rapporto con gli esseri nativi dello spazio, qui nominati “striscianti”, una sorta di enorme fusione tra vermi simili a quelli del Dune  di Denis Villeneuve e grossi leoni marini terrestri. Creature che si svelano in realtà molto buone ed indifese nei confronti della colonizzante razza umana.

Se esaminiamo questi punti il film del regista Bong Joon – ho ( pluripremiato agli Oscar 2020 per Parasite) tratto dal romanzo Mickey 7 di Edward Ashton non dice nulla di nuovo, se non un richiamo all’acclamato Avatar di James Cameron o altri temi trattanti la colonizzazione e conquista umana di cui conosciamo il significato. L’egoismo dell’uomo, mascherato da falso mito di progresso e ricerca che non guarda in faccia nessuno e con questa scusa colpisce i più deboli, come gli indigeni spaziali e anche Mickey in questo caso.

Un richiamo probabile anche allo stesso clima attuale mondiale dove tutto ciò che non è utile ed indifeso è attaccato per vanto di dominio. Non a caso lo stesso personaggio di Kenneth Marshall  non si allontana molto da impliciti riferimenti alla figura di Donald Trump ed Elon Musk con i quali sicuramente  il tema della conquista spaziale è tornato molto di risuono mediatico.

I sacrificabili come Mickey sono una figura interessante non tanto in un senso eroico del termine; essi sono figure sacrificabili in una logica estremamente  lavorativa e capitalistica. Mickey lo diventa non tanto per credo o vanti di gloria ma per pura sopravvivenza, un rimando quasi ad un ex clima di rivoluzione industriale  del diciottesimo e metà diciannovesimo secolo dove lavorare in condizioni precarie e prive di totale sicurezza rappresentava un grave rischio per lo stesso lavoratore con turni in fabbrica sfinenti e non sicuri.

Quindi alla luce di questi richiami che il film sembra muovere, forse la più autentica originalità di questo lungometraggio risiede nella ritrovata percezione di identità di Mickey.  Mickey, il numero 17, che in tutta la sua normale e poi duplicata esistenza aveva dato poco valore alla propria persona. Quando la possibilità di morire per davvero si presenta davanti ai suoi occhi ecco che Mickey 17 inizia a vedersi per davvero e a riconoscere la propria unicità e voglia di vivere.

Mickey 17 davanti a Mickey 18 e la probabilità di una vita non più replicabile ha paura e inizia ad apprezzare se stresso e ciò che ama, temendo di poterlo davvero perdere. E forse è un po’ questo il significato di quello che il film ci vuole dire: apprezzare ogni momento della vita nutrendo un profondo rispetto per essa.

Mickey 17 è un film di fantascienza girato bene, capace di muovere tenerezza e anche un po’ di ironia grottesca in alcuni momenti, non inneggia al capolavoro o a qualcosa di particolarmente originale ma  al contempo non si prende troppo sul serio pavoneggiandosi di esserlo.

La sceneggiatura, sempre curata da Bong Joon – ho, è un fusione di stili tra la fantascienza ad un humor divertente e grottesco che funziona e strappa volentieri qualche sorriso laddove non ci si aspetta sicuramente di ridere.

Robert Pattinson da ennesima conferma di essere un bravo attore, anche Mark Ruffalo non delude, anche se in questa interpretazione ci ricorda forse un po’ troppo l’eccentrico Duncan Wedderburn  in Povere creature! di Yorgos Lanthimos.

L’ambientazione è semplice e si divide tra astronavi claustrofobiche e pianeti ghiacciati, un realizzazione ben fatta ma non dotata di particolare originalità.

Robert Pattinson

Sulla scia di colonie spaziali e svariati superuomini ( e no non mi riferisco solo ad un mondo fantascientifico! ) Mickey 17 riporta con semplicità ad apprezzare la conquista del rispetto della vita e dell’unicità delle persone, elemento più importante di qualsiasi megalomania spaziale.

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Mickey 17. Regia, sceneggiatura di Bong Joon – ho tratto dal romanzo Mickey 7 di Edward Ashton. Con Robert Pattinson, Naomi Ackie, Mark Ruffalo, Toni Colette e Steven Yeun. Fotografia di Darius Khondji, musica di Jung Jae-il. Casa di produzione Warner Bros Pictures, Plan B Entertainment; distribuzione Warner Bros Picutures – Nella Sale dal 6 marzo 2025

Foto ed immagine copertina: Warner Bros Picutures