Matteo Garrone presenta “Io, Capitano” all’ArenAniene
L’estate romana si accende di numerosi cinema all’aperto dove tra le varie piccole realtà spicca quella dell’ArenAniene, una rassegna cinematografica situata nel Parco di Ponte Nomentano con la direzione artistica di Patrizia Di Terlizzi che ha in calendario una ricca programmazione.
Giovedì scorso è stata la volta di Io, Capitano e a fare tutti gli onori di casa è stato Matteo Garrone in persona, venuto da Fregene appositamente per presentare il film. In abiti estivi e visibilmente emozionato, ha esposto le motivazioni che lo hanno spinto a fare questo film dalle tematiche impegnative e attuali, senza cadere nella trappola facile della retorica. E sembra esserci riuscito brillantemente, a giudicare dal successo planetario.
I due protagonisti, Seydou e Moussa sono due giovani senegalesi che rivolgono il loro sguardo verso l’agognato Occidente per inseguire un sogno fatto di grandi successi e di autografi da firmare. Sono due ragazzi che non lasciano il loro paese per motivi bellici o per carestie, pur essendo il Senegal un paese alle prese con precarietà economiche non indifferenti. Eppure, il Senegal risulta essere colorato, luminoso, solare, ricco di balli popolari e sempre predisposto all’ottimismo e al sorriso. Non è un caso che, man mano che i due ragazzi intraprendono l’omerico viaggio, i colori perdano vigore, sbiadendosi man mano che i due ragazzi si allontano dal loro paese natìo e l’allegria diventa solo un piacevole ricordo.
Con gli occhi di regista e di pittore che ha sviluppato una sensibilità artistica molto acuta, tra le scene realistiche di inspiegabile crudeltà, Garrone inserisce nella narrazione immagini oniriche tratte da rappresentazioni pittoriche volte a spezzare il racconto: da La passeggiata di Marc Chagall nella donna che vola tenuta per mano da Seydou, l’Angelo con le ali del Beato Angelico che vola a portare notizie dei ragazzi alla madre di Seydou proprio come se fosse un’Annunciazione, infine La zattera della Medusa di Théodore Géricault, nella riconoscibile proiezione dell’immagine con la barca guidata dal giovane sedicenne nella complicata traversata nel Mediterraneo con destinazione verso la vicina Italia.
La chiave conclusiva per Matteo Garrone non esiste, poiché al regista non piace proporre allo spettatore un finale definitivo: in Io, Capitano all’approdo della barca, Seydou rimane con lo sguardo fisso in una cantilena in bocca con l’elicottero sulla testa e niente più. Allo spettatore l’arduo compito di immaginare il resto. Lo stesso accade in Dogman: il protagonista, il povero, vilipeso e indifeso Marcello, dopo aver sterminato il suo aguzzino Simone, si accorge che la sua comunità non lo degna di attenzione e il film si chiude anche qui sul primo piano di Marcello che rimane frastornato e forse deluso, ma del suo destino non ci si occuperà più poiché tutto è scritto nel suo volto, laddove si ferma la pellicola.
Il percorso cinematografico di Matteo Garrone sembra prendere le sembianze dei film realisti di Vittorio de Sica con l’impianto favolistico di Federico Fellini, ma il giovane regista romano non tarderà senz’altro a confermare ancora una volta il suo grande talento.
ArenAniene presenta “Io, Capitano” – regia di Matteo Garrone – Direzione artistica e allestimento Patrizia Di Terlizzi – Direzione Generale Giulio Gargia — Foto di Grazia Menna. Rassegna ArenAniene – Dal 18 luglio al 18 agosto al Parco del Ponte Nomentano.