Mentre Sanremo si appresta ad accendere i riflettori, il cinema cerca di non spegnerli mai!

A proposito di canzoni, per quelli che, speriamo tanti, alle luci e ai lustrini di Sanremo preferiscono godere della visione di un bel film al cinema, ne segnaliamo due in particolare. Il primo reduce dal successo ottenuto alla Mostra del Cinema di Venezia, candidato in marzo a Hollywood a ben nove premi Oscar, fra cui quello per la regia, la sceneggiatura, ai quattro attori protagonisti, musica e montaggio. Arriva finalmente nei cinema Gli spiriti dell’isola di Martin Mcdonagh, una commedia noir sull’orgoglio ferito che il drammaturgo inglese, lo stesso  di Tre manifesti a Ebbing, Missouri, affida alla straordinaria interpretazione di attori del calibro di Colin Farrell e Brendan Gleeson, che tornano a lavorare insieme dopo In Bruges – La coscienza dell’assassino del 2008. Attorno a loro a Inisherim,  un’isoletta irlandese in piena guerra civile nel 1923, va in scena lo spaccato esistenziale di due amici, uno dei quali Colm, il più anziano (Brendan Gleeson), che senza alcun motivo decide di non parlare più con il vecchio amico Pádraic (Colin Farrell). La guerra infuria sulla terraferma, ma Inisherin è una specie di oasi: alla gente del posto non potrebbe importare di meno dei combattimenti. É lì che troviamo gli amici di una vita Pádraic e Colm, ma tutto cambia quando Colm vuole andarsene. Pádraic decide di tentare di salvare la loro amicizia, ma questo non farà che peggiorare la posizione di Colm.

Colm, non è più un giovincello e invece di trascorrere il tempo nell’unico pub dell’isola, dove si incontrano le vite di tutti in attesa nuovo padrone, ha voglia di leggere, suonare il violino, scrivere canzoni, mentre sui tavoli di quel fumoso pub, scorrono fiumi di birra e risuona la musica celtica, quella delle tradizioni, antica e inquietante.

Gli spiriti dell’isola è un capolavoro di sensibilità, di umanità, di voglia inespressa di tenerezza che avvolge come le preghiere di chi aspetta a riva il ritorno dei pescatori. La fine di un’amicizia giocata fra umiltà, paure, orrore, tradizioni ed ironia a ricordarci, oggi più che mai, l’assurdità delle nostre vite.

Come l’altro film in uscita nelle sale Sciuscià, il film che nel 1946 fece conquistare al regista Vittorio De Sica il primo Oscar a una Italia che era appena uscita da un drammatico conflitto bellico. Sciuscià è stato restaurato dalla Cineteca di Bologna e anche in quel film si parla di disperazione, solitudine, povertà, voglia di vivere e di far “suonare la vita”. «Il cinema è bello quando fa pensare, lo diceva Ennio Flajano, uno dei grandi sceneggiatori del neorealismo Italiano.

Intanto la notizia del terribile terremoto che ha sconvolto la Turchia e la Siria, ha sconvolto anche il mondo “colorato” del Festival della canzone al suo debutto con le facce di circostanza del direttore artistico Amadeus e del responsabile della Rete Uno della Rai, Stefano Coletta che hanno espresso solidarietà annunciando nella tradizionale conferenza stampa d’apertura non solo i big della canzone italiana che apriranno la kermesse festivaliera, ma soprattutto che  che il presidente dell’Ucraina Zelensky in guerra con la Russia , non sarà  presente l’ultima sera con un video messaggio(meno male), ma con un comunicato che sarò letto dallo stesso presentatore. Così l’Italia della canzone non si ferma né davanti alle guerre, né davanti ai terremoti. Se giusto o no lo deciderà il pubblico sovrano!

Intanto il cantautore Luigi De Gregori in arte Luigi Grechi, fratello del più noto Francesco, sfida con ironia il festival slegato con altri bravi cantautori dalle etichette discografiche e dal milionario marketing, dando vita a L’Asino che vola, storico music club romano, a un evento alternativo dal titolo Noi non ci Sanremo.

Cantautore e chitarrista come il fratello, classe 1944, Luigi ha mosso i primi passi nel leggendario Folkstudio a Trastevere nella Roma di fine anni cinquanta, crocevia come sottolinea la brava Paola Medori, di tutta una generazione musicale d’avanguardia nello stesso periodo in cui su quel palcoscenico si esibivano fra gli altri Bob Dylan e si affermavano cantautori come Antonello Venditti e lo stesso Francesco De Gregori. «Siamo qui, per portare avanti lo spirito del Folkstudio, quello libero di Harold Bradley suo fondatore e di Giancarlo Cesaroni che lo diresse fino alla sua chiusura», ha detto Luigi De Gregori. Una manifestazione controcorrente all’Ariston, un’onda lunga spontanea Sanremo ha continuato De Gregori, nel reportage di Paola Medori. “É uno spettacolo televisivo che ha tolto spazio alla musica più genuina e sincera come quella di canzoni come Papaveri e Papere delirante e incredibilmente attuale o Nel blu dipinto di blu, che scardinarono anni di immobilismo canoro. 

Come quel Festival di Sanremo fondato negli anni cinquanta da Nicola Amato e Angelo Nizza anche allora fra scandali e controversie di ogni genere. Allora l’orchestra era quella di Cinico Angelini, i cantanti di grido si chiamavano Nilla Pizzi, Achille Togliani, Flo Sandon’s, Gino Latilla, il “reuccio” era Claudio Villa e Nunzio Filogamo era l’unico presentatore garbato che ai microfoni della radio (la televisione ancora non c’era) diceva: «Amici, vicini e lontani, buona sera. Buona sera ovunque voi siate».

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