May-December

May December: l’ultimo film di Todd Haynes su scandalo e finzione

Una storia contemporanea d’amore e di metacinema, che metterà in crisi il personale senso di realtà, verità e giustizia

May December è un’espressione americana che indica una storia d’amore dalla grande differenza d’età. Uno si trova a maggio, nella primavera della sua vita, e l’altra a dicembre, in pieno inverno. Niente di più appropriato per la trama di questo film, che si sviluppa poi in diversi livelli di profondità. Si interroga su ciò che è vero e falso, giusto o sbagliato. Un film che finisce per lasciare il pubblico con più domande che risposte, raccontando una storia, in chiave contemporanea, che spazia da amore a ossessione, a dramma. Se il metacinema sembra permeare la realtà dei prodotti dell’ultimo periodo, questo film lo inserisce con una chiave particolare.

May-December
Julianne Moore e Charles Melton

1992. Gracie Atherton-Yoo (Julianne Moore) finisce al centro della stampa scandalistica per una relazione sentimentale con l’allora tredicenne Joe Yoo (Charles Melton), anche compagno di scuola di suo figlio. Dopo aver scontato la sua pena in prigione, Gracie ha costruito una famiglia con Joe, e insieme hanno avuto tre figli. Ventitré anni dopo la loro storia diventa il soggetto di un film che vedrà Elizabeth Berry (Natalie Portman) protagonista. L’attrice, già molto famosa, decide di recarsi per qualche settimana a casa della famiglia, soprattutto per poter studiare da vicino Gracie e interpretarla al meglio.

Nonostante un’iniziale accoglienza calorosa, Elizabeth inizia presto a percepire un’atmosfera torbida e misteriosa. Gracie e Joe rappresentano inizialmente il trionfo di un amore che, per quanto atipico e difficile, è vero e profondo. Ma più passa il tempo più emergono cicatrici e crepe che rendono non più così solida quella costruzione. Infatti, interrogando anche i familiari e amici della coppia, l’attrice si addentra sempre più nell’oscurità dei legami che li uniscono. La narrazione viene continuamente smentita e ribaltata, rendendo sempre più labile il confine della verità.

Elisabeth stessa attraversa un’evoluzione ambigua. Soltanto alla fine ci si rende conto che è forse il personaggio più sorprendentemente borderline della storia. Tanto Gracie quanto Elisabeth, entrambe magistralmente interpretate, sono personaggi costruiti in maniera incredibilmente stratificata e profonda. Spesso poste di fronte allo specchio in un gioco visivo contemporaneamente affascinante e disturbante, le due appaiono l’una il riflesso dell’altra. Ecco che anche in questo caso il confine con la realtà si assottiglia. Di specchi, in May December ce ne sono moltissimi, e di rilessi ancor di più. Lo sguardo in camera che accompagna alcune tra queste scene chiama in causa il pubblico.

La regia di Todd Haynes asseconda perfettamente l’ambiguità dei personaggi e della storia. Il pubblico è chiamato continuamente a interrogarsi sulla verità dei fatti, finendo per rimanere con più domande che risposte. Ma l’inganno di Haynes è anche formale. Dall’inizio infatti il film si pone con la struttura di un dramma sentimentale, ma con la musica e successivamente altri espedienti, che creano un’atmosfera tipicamente misteriosa, di un thriller psicologico che tiene lo spettatore vigile e con il fiato sospeso. Ed è proprio in questo continuo gioco di ombre, in quella che rimane una zona grigia, che si delinea la singolarità del film.

La brama sociale di scandalo, la fruizione morbosa dello stesso attraverso i media, il forte impatto psicologico sulla vita di ogni persona coinvolta, anche di chi solo per riflesso, è senza dubbio centrale nel film. Haynes utilizza May December per mostrare con forza un fenomeno attuale massivamente diffuso. Il peso della pressione mediatica attorno alla coppia, soprattutto all’epoca dei fatti, si estende prepotente nel sottofondo della vita equilibrata e serena che mostrano. La fragilità psicologica di Gracie, accompagnata dalla pena travestita da cordialità da parte delle persone vicine, e la gabbia in cui si è autocostretto Joe, passano anche da questo fardello.

Nonostante Todd Haynes consideri già molti dei suoi lavori metafilm, per come usano i linguaggi e i generi diversi in base alle storie raccontate, con May December non si può non parlare di metacinema. Quest’ultimo, abbondantemente trattato da prodotti che sembrano oggi addirittura non poterne fare a meno per quanto presenti, lo ritroviamo anche qui, seppur in modo particolare. C’è un’attrice, c’è un set, c’è un film dentro a un altro film. Il confine del ruolo attoriale e della finzione durante la storia però si muove, ed esso cambia forma. Perché ad interpretare un ruolo per gran parte della pellicola sembra essere Gracie, piuttosto che Elisabeth. E quest’ultima sembra più attrice nella vita vera che sul set. La storia prende forma grazie ai personaggi che la raccontano e non alla successiva sceneggiatura, che prenderà spunto da una narrazione che, con tutta probabilità, ha ben poco di reale.

Natalie Portman e Julian Moore

May December trasforma i confini della verità, li confonde in un gioco di interpretazione, di finzione, d’amore in cui la realtà e il cinema si fondono, lasciando che si perdano le loro tracce. Un film torbido, sentimentale e drammatico, oscuro e misterioso. Le ottime performance degli attori principali non bastano a renderli protagonisti, perché Todd Haynes serba il ruolo al suo pubblico. Sarà lui a definire una volta per tutte i contorni della storia, che, con tutta probabilità, lascerà la meglio alle domande e all’indefinito, trovando in esso il suo bello.

May December – regia di Todd Haynes – Sceneggiatura di Samy Burch – con Natalie Portman, Julianne Moore, Charles Melton, Cory Michael Smith, Elizabeth Yu, Gabriel Chung, Piper Curda, D. W. Moffett, Lawrence Arancio – Distribuito da Lucky Red

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