Tra silicone e memorie, l’installazione di Margaux Compte-Mergier allo Studio Orma, che guarda alla speranza dentro la malinconia della catastrofe.
Lo scorso 26 settembre, negli spazi di Studio Orma a Roma, ha preso corpo un’esperienza artistica che sembra più interrogare che rappresentare il presente. Matière Survivante, installazione di Margaux Compte-Mergier, resterà allestita fino al 24 ottobre 2025 e si concluderà con una performance dal vivo, che rianimerà per un’ultima volta i materiali esposti. Non solo una chiusura teatrale, ma una sorta di resurrezione temporanea dei resti di un banchetto sopravvissuto a se stesso. L’artista, nata a Parigi nel 1994 e oggi residente a Berlino, è scultrice, performer e autrice teatrale.

Si muove con agilità tra discipline e città – Berlino, Madrid, Parigi – intrecciando linguaggi diversi e materiali capaci di assumere forme ibride: lattice, silicone, metallo, legno. La sua ricerca si concentra sulle zone di contatto e di attrito tra umano e artificiale, corpo e oggetto, naturale e sintetico. Negli ultimi anni ha esposto in contesti prestigiosi come il Centquatre di Parigi, il Tignous Centre d’Art Contemporain di Montreuil e la Exgirlfriend Gallery di Berlino, consolidando una voce riconoscibile all’interno del panorama europeo. Le sue opere indagano le ansie contemporanee legate al degrado ambientale e alle visioni di collasso, proponendo scenari che oscillano tra il disastro e la possibilità di rinascita.
A Roma, il fulcro dell’installazione è una tavolata di cinque metri: una mensa che si offre come vestigia di una celebrazione interrotta. I coperti sono tredici, richiamo evidente all’Ultima Cena, ma il clima qui è tutt’altro che sacro. Sulle superfici si riconoscono stoviglie imprigionate, piatti che sembrano liquefatti, brandelli di giornali e oggetti quotidiani inglobati come fossili di un tempo già trascorso. Il silicone – materia emblematica della modernità – li avvolge e li congela, restituendo l’illusione di una vitalità sospesa che però si rivela fragile e vuota.
L’artista lavora con calchi negativi e membrane sottilissime, ottenendo involucri che sembrano gusci abbandonati, corpi svuotati della loro sostanza. Accanto alle stoviglie, emergono forme organiche e vegetali ridotte a pura pelle: non più fiori vivi, ma tracce, petali irrigiditi e appiattiti, ormai privi di linfa. Sono ornamenti cristallizzati, trasformati in epidermidi decorative che ricordano ciò che erano senza poterlo restituire. Questa presenza di resti vegetali non rimanda a un giardino in fiore, ma a un archivio funebre, a una natura mummificata che sopravvive solo come simulacro
. Al posto del cibo, appaiono creature marine e crostacei, code di pesci saldate a membra umane, un convito impossibile in cui la carne animale è bandita e sostituita da ibridi che oscillano tra realtà e allucinazione. La stessa Compte-Mergier ha definito questa atmosfera come una “malinconia della catastrofe”: una sensazione composta da nostalgia, desiderio e rassegnazione, che racconta un’umanità sospesa in attesa di un evento distruttivo imminente, incapace di reagire ma sedotta dall’idea di un cambiamento radicale.
L’installazione traduce questo paradosso in materia: un banchetto sontuoso e al tempo stesso già in rovina, capace di attrarre e respingere, di evocare la festa e il suo epilogo. Il silicone, con la sua consistenza molle ed epidermica, non invita solo a guardare, ma stimola anche una percezione tattile. La mostra diventa un paesaggio da esplorare con la pelle, una superficie comune che rende lo spettatore partecipe di un corpo collettivo.
Qui l’orrore per il disastro convive con un senso di assurdità, persino di gioco, specchio di un Occidente che spesso affronta i traumi attraverso ironia e teatralità. Eppure, tra stoviglie deformate e frammenti di natura imbalsamata, si insinuano spiragli di sopravvivenza. Gli oggetti inglobati appaiono come reliquie, superstiti che testimoniano un dopo possibile. Non annullano la disperazione, ma la trasformano in passaggio, come se la catastrofe fosse anche un preludio a una rigenerazione.

Matière Survivante non parla solo di ciò che è finito, ma del processo in cui fine e inizio coincidono. Con Matière Survivante, Margaux Compte-Mergier ci consegna un rituale sospeso tra rovina e speranza, invitandoci a osservare le macerie non come conclusione, ma come terreno fertile per nuovi inizi. È nella fragilità di ciò che sopravvive che si annida la possibilità di un futuro diverso. Il 24 ottobre, a chiusura dell’esposizione, la performer Laura Papachristos riattiverà la tavola e i suoi resti, trasformandoli in scena per un ultimo gesto collettivo. Sarà l’epilogo di un’opera che non si esaurisce nella contemplazione, ma che mette in gioco i nostri corpi, le nostre emozioni e le nostre paure. Appuntamento dunque per il 24 ottobre prossimo a Studio Orma.
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Matière Survivante, esposizione personale di Margaux Compte-Mergier , Studio Orma Roma 26 settembre 2025
Foto ©Grazia Menna





