È dalla quiete quasi magica di uno dei cortili di Palazzo Borghese a Roma, dall’atmosfera quasi sospesa e fuori dal mondo, ma al centro della caotica capitale, che si accede alla Galleria del Cembalo. Tre sale dai soffitti completamente affrescati e ornati con stucchi seicenteschi, fanno da sfondo a immagini in bianco e nero, figure astratte e di grande impatto: la loro modernità contrasta con il magnifico contesto in cui sono inserite.
In mostra fino al 29 ottobre, una ventina di foto in grande formato: a guardarle meglio sembrano costellazioni, scie di luce in cieli notturni. E’ il titolo della mostra ad avvicinarci alla realtà: “Mare Omnis”. Riprese aeree delle reti da pesca gettate dai tonnarotti, i pescatori di tonno del Sulcis. E quei puntini chiari che la nostra mente ha percepito come stelle, altro non sono che le boe, alle quali sono ancorate le reti che formano la tonnara. Il drone le ha riprese da varie angolazioni e da diverse distanze, così da creare immagini sempre diverse.
L’autore è Francesco Zizola, che per questo progetto ha scelto di rompere con la sua storia professionale: in passato ha documentato la guerra in Iraq, la condizione dei bambini in 27 Paesi del mondo, il dramma delle vittime delle mine antiuomo in Angola, il lavoro di Medici senza Frontiere a bordo di una nave durante il soccorso dei migranti. Ed è grazie al talento unito a un forte impegno civile, che ha vinto premi e concorsi internazionali, come il World Press Photo, e Picture of the Year International.
Dal 2016 decide di esplorare il rapporto tra uomo e natura, usando la “fotografia come strumento di relazione con il mondo”, come lui stesso racconta, sottolineando che “le fotografie sono degli oggetti che possono interagire fisicamente con la nostra percezione delle cose”. Parte quindi dall’acqua, dal mare, dalla realtà dei pescatori di Portoscuso, ritraendoli in bianco e nero, in primi piani potentissimi, poi durante il loro lavoro, scandito dal rispetto di una tradizione centenaria. Lavoro a cui è dedicato il cortometraggio visibile nella terza sala dell’esposizione: un documentario sulla mattanza dei tonni.
Tra il volteggio dei gabbiani in cielo, e il giocoso inseguirsi in acqua dei tonni, tra cielo e mare, tra aria e acqua, c’è l’uomo, con le sue barche, pronto a trasformare momenti di calma poetica, in una caccia cruenta con immagini che possono turbare la sensibilità dello spettatore.
Tornando al cuore della mostra nelle due sale precedenti, tra quelle foto quasi astratte, è evidente come l’autore sposti la sua attenzione, puntando l’obiettivo al contesto facendo scomparire gli uomini. Ed ecco un paesaggio dove natura e cultura s’incontrano, non solo sul piano descrittivo, ma anche evocativo. La mostra rappresenta il punto di arrivo di una riflessione dove il mezzo si evolve da un piano documentaristico ad uno simbolico. “La fotografia non è mai pura duplicazione del reale e il suo uso comporta sempre un certo grado d’interpretazione. E la fotografia di “Mare Omnis” vuole essere un invito ad entrare in nuovi piani percettivi” racconta Zizola. Ed è con questo rimando agli elementi della natura, che la fotografia, l’arte più legata alla realtà, riesce a produrre immagini quasi astratte, assumendo un nuovo valore e stimolando la nostra immaginazione.