L’intervista impossibile a Mastroianni, alter ego di Fellini, unico vero divo del cinema italiano
A Marcello Mastroianni in occasione del gala dell’Oscar alla carriera a Federico Fellini che gli consegnò insieme a Sophia Loren sul palco del Sony Theatre a Los Angeles, un giornalista gli chiese se non avesse anche lui in programma di realizzare un film come regista. Lui continuando a fumare seduto con le gambe accavallate vestito di gabardine con una espressione per niente sorpresa che rifletteva perfettamente la sua ironia tipica del suo carattere mutuato dalla filosofia spicciola romana che consentiva al popolo di dare del tu anche ai papi, rispose: «Non ci ho mai pensato, probabilmente non ne ho voglia e tantomeno le capacità per farlo. Fare il regista vuol dire innanzi tutto convincere sé stesso, poi il produttore, l’amante del produttore, la moglie, la zia, la cameriera e naturalmente il pubblico».
Un uomo bellissimo Marcello Mastroianni, attore meraviglioso, una faccia da schiaffi che ci ricorda le immagini di film indimenticabili (ben 200) come Divorzio all’italiana di Pietro Germi, film che conquistò anche un Oscar per la sceneggiatura, oppure Ieri, oggi e domani di Vittorio De Sica, uno dei 15 film interpretati accanto alla Loren in un sodalizio artistico di grande importanza per la storia del cinema e assai lontano dai chiacchiericci di una loro liason che confermava la sua fama di latin lover e che la stessa Sophia in una divertente intervista realizzata insieme per la Abc news, confermò mettendolo in forte imbarazzo. Fra i primi successi insieme sullo schermo anche Peccato che sia una canaglia diretto da Alessandro Blasetti nel 1954, Matrimonio all’italiana del 1964 e I girasoli del 1970.
Marcello Mastroianni, ricordato dal mondo del cinema a 100 anni dalla nascita con mostre fotografiche ,retrospettive dei suoi film e documentari nel corso della sua lunga carriera è stato diretto nel cinema ma anche in teatro a partire dal suo debutto con Luchino Visconti(su segnalazione di Giulietta Masina), da un parterre di registi prestigiosi: da Robert Altman a Bertrand Blier, da Michelangelo Antonioni a Mauro Bolognini con cui girò Il bell’Antonio al fianco di Claudia Cardinale. E poi Vittorio De Sica che lo diresse ancora con Sophia Loren in Filumena Marturano, Mario Monicelli nei I soliti ignoti, Marco Ferreri ne La grande abbuffata accanto a Philippe Noiret, Ugo Tognazzi e Michel Piccoli, Ettore Scola in Una giornata particolare nel ruolo di un giornalista omosessuale nell’epoca fascista oppure al fianco di Jack Lemon in Maccheroni. E poi i tanti i film girati con l’amico Federico Fellini che lo consacrò al successo internazionale con La dolce vita e poi 8½, La città delle donne, Ginger e Fred. Il suo fascino scriveva il Times derivava oltre che dalla sua bellezza e dalle interpretazioni di altissimo livello, anche da un tratto distaccato a tratti sornione dal quale traspariva una velata malinconica timidezza.
“Marcello! Come here”, urlava Anita Ekberg a bagno nella fontana di Trevi nella celebre sequenza della Dolce vita. Tre volte candidato come attore all’Oscar per film come Divorzio all’italiana di Pietro Germi, Una giornata particolare di Ettore Scola e Oci ciornie diretto da Nikita Michalkov accanto a Silvano Mangano, alla sua ultima apparizione sul grande schermo. Due Golden Globe, due premi Bafta, 8 David di Donatello, 8 Nastri d’argento e 5 Globi d’oro insieme a Jack Lemmon per Maccheroni di Scola. E ancora due volte il Prix d’interpretation a Cannes nel 1970 per Dramma della gelosia e nel 1987 per Oci ciornie, due volte la Coppa Volpi alla Mostra del cinema di Venezia per Che ora é? ancora di Scola del 1989 accanto a Massimo Troisi e Uno, due, tre, stella di Betrand Blier. Nel 1990 la giuria della Mostra gli attribuì il Leone d’oro alla carriera.
«Con Marcello Mastroianni eravamo proprio amici, ricorda Giovanna Ralli. Abbiamo diviso la scena in quattro film e qui ai Parioli nello stesso quartiere in cui abito ho recitato con lui in “Verso sera” di Francesca Archibugi». «Aveva tutto ciò che serviva per piacere», gli fa eco Claudia Cardinale che girò con Marcello il Bell’Antonio di Bolognini. «La sua gentilezza, quel misto di sensibilità femminile e di forza virile».
«Una volta fui invitato come ospite d’onore a partecipare a Studio Uno all’epoca condotto da Lelio Luttazzi» –raccontò Marcello a un giovane Pippo Baudo – dove venni coinvolto per ballare e cantare insieme alle bellissime gemelle Kessler. Mi entusiasmai così tanto che quando uscii dagli studi della Rai in via Teulada, mi precipitati al teatro Sistina da Garinei e Giovannini per accettare il ruolo di protagonista nel musical “Ciao Rudy” dedicato alla figura di Rodolfo Valentino. Fu un enorme successo grazie anche alle straordinarie musiche di Armando Trovaioli».
Dopo tre mesi di repliche e richieste in tutti i teatri anche da Broadway, Mastroianni ruppe il contratto pagando una penale di 100 milioni di lire; ufficialmente per interpretare Il viaggio di G.Mastorna, detto Fernet di Fellini, film che non fu mai realizzato. In realtà Marcello era preoccupato per la crescente popolarità di latin lover che rischiava di ghettizzarlo in un ruolo che aveva sempre rigettato. A teatro Mastroianni tornò solo nel 1984 a Parigi grazie a Peter Brook per Cin cin, un testo brillante francese seguito da Partitura incompiuta per pianola meccanica tratto da Checöv e diretto da Michalkov, lo stesso con cui girò Oci ciornie, che debuttò al Valle nel 1987.
Nei miei ricordi continua a vivere come fosse oggi e malgrado le numerose interviste fatte anche a Cannes per il debutto della figlia Chiara in Marcello mio, dove la somiglianza con il padre è davvero sorprendente, come quella volta che avemmo la possibilità di farci una simpatica chiacchierata informale nella elegante cucina al pian terreno nella sua bella villa in stile liberty sul mare di Castiglioncello, ospite della moglie Flora con la mia compagna, la giornalista del Corriere della Sera Mimmina Quirico in un caldo Ferragosto alla fine degli anni ’70.
Dopo un’agguerrita partita a scopone protrattasi fino a tarda notte fra Flora, Mimmina e il sottoscritto e con poche ore di sonno, venni improvvisamente svegliato da una voce proveniente dal giardino sottostante e che io piuttosto irritato ripresi per l’inaspettata sveglia. Sceso all’alba in cucina a bere un caffè, trovai seduto Marcello che mi apostrofò ironicamente con: «Buongiorno principe», costringendomi a chiedergli scusa e solo allora compresi che la voce che avevo silenziato in giardino pochi istanti prima era la sua mentre parlava con il giardiniere per potare alcune rose. In forte imbarazzo gli chiesi scusa e lui con un sorriso dei suoi mi offrì un caffè caldo che da solo non sarei mai stato capace di prepararmi.
E allora per un attimo ho immaginato di ritornare con la fantasia insieme a Marcello seduti a quel tavolo in cucina in quella bella villa che poi fu venduta. Marcello a quell’epoca dopo la lunga storia con l’attrice americana Faye Duneway , finita perché lui si rifiutava di divorziare da Flora, ebbe una lunga liason con Catherine Deneuve dalla quale nacque Chiara sorella della primogenita Barbara, figlia di Flora.
Quale è stato il tuo ruolo più impegnativo?
Ogni ruolo ha la sua sfida. Forse quello più difficile è stato interpretare… me stesso. In tanti film, specialmente con Fellini, c’era una parte di me, ma c’era anche un gioco: dove finisce Marcello e dove inizia il personaggio? Forse il più impegnativo è stato Guido Anselmi in 8½. Era come guardarmi allo specchio, ma uno specchio che deformava, che scavava. Fellini mi chiese di essere vulnerabile e insieme misterioso, e questo è stato faticoso, perché non sempre conoscevo le risposte a ciò che mi chiedeva. Ma alla fine, che bel viaggio!”.
Che cosa resta di una vita di successi?
Un attore fa di tutto per diventare famoso e poi quando finalmente ci riesce si mette un paio di occhiali scuri per non farsi riconoscere. Ma sai, alla fine recitare è sempre un gioco. La difficoltà vera è nella vita, mica sul set! Il solito Marcello con il suo tocco di nonchalance.
La grande sceneggiatrice e tua amica Suso Cecchi D’Amico ha detto di te: «Marcello è un attore molto dotato, non credo abbia mai studiato un copione però si adatta con estrema facilità al ruolo. Uno straordinario talento che lo guida sia in palcoscenico che davanti alla macchina da presa».
Un uomo secondo me non vale per quello che è ma per quello che potrebbe essere. Per sua natura l’attore è una sorta di meraviglia che può permettersi di cambiare personalità. Se non sai come fare amico mio è meglio cambiare mestiere. Vuoi un altro caffè?
Come sono cambiate le donne?
Adesso accade che sono loro che scelgono e forse l’uomo è frustato, infragilito. Io appartengo a una generazione che faceva la corte.
Che ne pensi oggi dei grandi volti al femmile del neorealismo?
Brigitte Bardot è molto più interessante di quanto si sospetti. Faye Dunaway stupendamente affascinante. Sophia, brava, bella e soprattutto la mia migliore amica. Eravamo come Stanlio e Ollio. Anita Ekberg, la luna. Claudia Cardinale, il sole. Monica Vitti, bellissima e bravissima “comicarola”, Ornella Muti, occhi pericolosi assai. Laura Antonelli, l’Italia. Sonia Braga, la mia “Gabriela” cantata da Antônio Carlos Jobim e diretta da Bruno Barreto in Brasile. Una intrigante e curiosa cozza nera.
Di te invece le tue colleghe hanno detto.
Anita Ekberg, con Marcello non c’era bisogno di parole ci intendevamo con lo sguardo e Monica Vitti: Caro Marcello sono sicura che ascolti, anche se stai sonnecchiando. Lavorare con te è stato bello, i tuoi occhi sono dolci, sensibili, veri. Ti voglio bene.
Il tempo dice un vecchio adagio è tiranno. Vale anche per gli attori?
A Roma in Via del Corso sentii dietro di me uno che fece: ‘Ammazza le rughe, hai visto come s’è invecchiato!’, detto forte, perché io potessi sentire. La stessa cosa mi è accadde a Napoli: ‘Marcellì, ci siamo fatti vecchierelli, eh? O vulite ‘nu cafè?’.”. Oggi è il mio compleanno, il tempo passa anche per gli attori. Ho avuto la fortuna di lavorare senza sosta, un bel record la mia vita, l’ho riempita bene e non mi posso lamentare. Sono stato fortunato!
Ci siamo salutati così con quelle rose gialle che crescevano nel suo giardino poggiate sul tavolo pronte a “viaggiare”.
Marcello Mastroianni ha detto Federico Fellini è un magnifico attore, ma soprattutto un uomo di un’incantevole bontà e di una spaventosa generosità. Marcello se ne andò il 19 dicembre del 1996 a Parigi e a me toccò commentarli insieme a Paolo Frajese in diretta per la Rai. A Hollywood l’Academy degli Oscar durante la cerimonia dei premi che si svolse nel marzo dell’anno successivo, nella rubrica “Memory” dedicata ai personaggi dello schermo che ci avevano lasciati, lo ricordò con l’immagine in bianco e nero in primo piano sulla spiaggia di Fregene tratto dalla Dolce vita che con le braccia aperte e un sorriso nel finale saluta la giovanissima Valeria Ciangottini, la piccola cameriera di un ristorantino sulla spiaggia che lo aveva riconosciuto. Un saluto e un sorriso che è un inno all’innocenza, alla gioventù e alla vita. Ciao Marcello!