“La città proibita” di Gabriele Mainetti e il discusso live-action di “Biancaneve”: due visioni a confronto tra tradizione e modernità
“C’era una volta un ristorante a Piazza Vittorio”, scriveva Arianna Finos su Repubblica, parlando di cinema e annunciando l’uscita nelle sale (quelle rimaste…) dell’ultimo film di Gabriele Mainetti, La città proibita. Lo stesso regista di Lo chiamavano Jeeg Robot, il film che, con l’interpretazione di Claudio Santamaria, conquistò pubblico e critica, portando alla ribalta il talento di Mainetti. Un successo che però non si ripeté con Freaks Out nel 2021.
La storia di Lo chiamavano Jeeg Robot ruotava attorno a un balordo che, dopo un colpo andato storto, per sfuggire alla Polizia si tuffa nelle acque inquinate del Tevere. Qui entra in contatto con misteriose sostanze che lo trasformano in un eroe invincibile, capace di difendere i deboli e gli emarginati contro un mondo di cattivi. Un racconto che, come nelle favole, trasforma il protagonista in un improbabile salvatore.
Ambientato a Piazza Vittorio, simbolo di una multiculturalità che non dorme mai, al pari di Tokyo e New York, il film vede nel cast Enrico Borello, Luca Zingaretti, Sabrina Ferilli e Marco Giallini.
La città proibita prende il nome da un ristorante cinese, crogiolo di traffici e avventure, proprio come nei film di Bruce Lee e Jackie Chan, abitato da immigrati clandestini e varia criminalità. Di fronte, resiste ancora il ristorante Alfredo, una delle ultime trattorie romane, dove tra gli avventori spicca un anziano fuorilegge con il suo tavolo fisso.
Così, tra pOrtici scrostati e una pavimentazione segnata dal tempo, il film racconta una storia d’amore che si sviluppa come una faida western, o meglio ancora, un kung fu all’italiana, tra vendette e sogni di potere.
Protagonisti sono Mei, una giovane e affascinante guerriera cinese – interpretata dalla debuttante Yaxi Liu – arrivata a Roma dalla Cina in cerca della sorella, e Marcello, il cuoco di Alfredo. Marcello gestisce il ristorante di famiglia insieme alla madre, dopo che il padre è fuggito con una giovane amante, lasciandoli sommersi dai debiti.
In questo intreccio umano, sarà proprio Mei, campionessa di arti marziali (anche nella vita reale), a portare un cambiamento destinato a travolgere tutti… un po’ meno gli spettatori, che faticano a reggere i 137 minuti del film.
Arriva sugli schermi la tanto annunciata e controversa versione moderna di Biancaneve e i sette nani, diretta da Marc Webb. Dopo vari rimaneggiamenti, il film finisce per farci rimpiangere il C’era una volta del capolavoro d’animazione firmato Walt Disney nel 1937, ispirato alle favole dei fratelli Grimm. Quella Biancaneve non fu solo il primo lungometraggio d’animazione della storia del cinema americano, ma anche il vincitore di un Oscar speciale. Nel 1939, infatti, la piccola diva Shirley Temple consegnò a Disney una statuetta di dimensioni normali accompagnata da sette mini-Oscar, un tributo unico nella storia dell’Academy.
In questa nuova versione live-action, Rachel Zegler interpreta Biancaneve, mentre Grimilde, la regina cattiva, ha il volto e il fisico di Gal Gadot. I sette nani sono stati trasformati in creature digitali e il Principe Azzurro è scomparso dalla narrazione, sostituito da un certo Jonathan, interpretato da Andrew Burnap.
Come sottolinea Rita Celi di Repubblica, la nuova Biancaneve è una principessa guerriera che cavalca da sola e affronta con audacia la regina cattiva per riprendersi il regno, senza bisogno di “risvegliarsi” con un bacio.
Per la cronaca, la Disney ha diffuso un video che mette a confronto il classico d’animazione del 1937 con il nuovo live-action, annunciando anche il cast vocale italiano.
Serena Rossi presta la voce alla regina cattiva per le parti cantate, mentre il doppiaggio parlato è affidato a Chiara Gioncardi. Biancaneve ha invece la voce di Arianna Vignoli, mentre le canzoni sono interpretate da Eleonora Segaluscio.
Dopo mezzo secolo dalla sua prima proiezione, Profondo Rosso torna nelle sale in una versione restaurata in 4k, pronto a far rivivere agli spettatori le emozioni di uno dei più grandi thriller della storia del cinema. Diretto da Dario Argento e uscito nel 1975, il film segnò un punto di svolta nel genere giallo-thriller, combinando suspense, violenza visiva e una colonna sonora entrata nella leggenda.
Il film vede protagonisti David Hemmings, nel ruolo del pianista Marcus Daly, e Daria Nicolodi, giornalista intraprendente che lo affianca nelle indagini. Accanto a loro, Gabriele Lavia e una straordinaria Clara Calamai. Ciò che ha reso Profondo Rosso un cult assoluto è l’inconfondibile atmosfera inquietante, creata attraverso un uso magistrale della luce e del colore, elementi distintivi dello stile di Argento. A rendere ancora più suggestivo il film è la celebre colonna sonora, inizialmente affidata a Giorgio Gaslini, ma poi passata ai Goblin di Claudio Simonetti, che hanno composto uno dei temi più riconoscibili del cinema horror.