In scena l’adattamento teatrale del film di Ferzan Ozpetek incanta il pubblico tra umorismo e riflessione.
Roma 2012, il giovane Pietro Pontechiavello ( Federico Cesari ), omosessuale e maniaco compulsivo dell’ordine, si trasferisce a Roma per coronare il proprio sogno da attore, l’appartamento preso in affitto in via Cavalcanti 37, spazio dal tono artistico e decadente, sembra risvegliare tutto l’entusiasmo artistico del giovane, al contrario dell’amica e cugina Maria ( Tosca D’Aquino ) per nulla felice della scelta.

Un appartamento insolito e dall’insolita storia, perché un luogo non è solo oggi, un luogo è vissuto, racconto di altre vite… e qui di altre vite ce ne sono parecchie, per la precisione quelle spezzate della compagnia teatrale Apollonio della Roma del 1943. Uno sventurato gruppo di artisti capitanato dalla capocomica Lea ( Serra Yilmaz ) che in quell’appartamento avevano trovato rifugio dopo una retata della gestapo e poi sventuratamente la morte.
Fantasmi che ben presto si rivelano a Pietro con cui ha inizio una graduale ed amichevole convivenza tra tentativi di provini da una parte, confidenze e stranezze inspiegabili dall’altra. Una commedia di novanta minuti esilarante che lascia il suo pubblico incollato al palcoscenico.
La regia e scrittura di Ferzan Ozpetek, in richiamo all’approccio cinematografico, riesce a rendere scorrevole l’adattamento teatrale del omonimo film, dove il collegamento tra le scene è ben organico ed equilibrato grazie anche all’uso di filmati e voci fuoricampo che rendono fluidi i cambi di scena che ben si armonizzarono con l’intera realizzazione.
Complice sicuramente la narrazione, che si alleggerisce rispetto al precedente lavoro cinematografico, in una perfetta combinazione tra il dramma legato alla storia dei suoi protagonisti e i momenti di irresistibile comicità che lo spettacolo riesce a regalare. Un fluire di emozioni che parlano di amicizia, arte e guerra ma soprattutto solitudine e fragilità umana. A partire dal protagonista Pietro che non trovando ascolto, conforto e comprensione nel suo mondo “reale” si rifugia tra le mura di casa, contornato da spiriti di un’altra epoca, presenze vicine e amiche, più di quanto il suo mondo presente e terreno sia mai stato.D’altronde: “ognuno combina la solitudine come può” cita “la signora Ennio” ( Luciano Scarpa ) personaggio transgender, amico di Pietro.
Analogo discorso per la cugina Maria che, dietro la sua simpatia e grinta, nasconde una persona sola e fragile, alla ricerca di effimeri compagnie maschili, un conforto per una realtà che non l’appaga. Due personaggi, Pietro e Maria, accumunati dalla stessa paura: quella di rimanere soli.
Gli spiriti della casa portano gioia e ascolto nella vita di Pietro, tra consigli d’arte e riferimenti a Greta Garbo e Marlene Dietrich, con sottofondo brani celebri degli anni Cinquanta; una quotidianità a cui lo stesso Pietro finisce sempre più per affezionarsi.
I personaggi, ridotti rispetto al film e con attori che interpretano anche un doppio ruolo, dimostrano di non avere nulla da invidiare a livello di caratterizzazione al precedente lavoro cinematografico. Federico Cesari, attore delle serie Netflix Skam Italia e Tutto chiede salvezza, regge perfettamente l’intera rappresentazione e non stona affatto in un contesto teatrale altamente cinematografico, regalando una buona interpretazione, genuina e semplice, elementi che contraddistinguono l’attore.
Tosca D’Aquino veste perfettamente il ruolo di Maria, personaggio forte ed esuberante a cui la D’Aquino aggiunge un tocco di frizzantezza in più regalandoci alcuni dei momenti più irresistibili dello spettacolo. Uguale effetto per l’attore Luciano Scarpa che con la sua già citata “signora Ennio”, non manca di carisma e regge il confronto con Drusilla Foer, bravissima nel medesimo ruolo per l’omologo film.
La maggiore impronta macchiettista del teatro permette agli attori di poter esagerare nella parte, regalando interpretazioni che divertono ma non perdono di duplicità e significato, con dei personaggi, come nel caso di Maria ed Ennio, per niente superficiali, capaci di far sorridere e contemporaneamente parlare di solitudine e difficoltà personali, perché come dice Ennio: “Io interpreto solo me stessa e cosa c’è di più bello di una naturale finzione?”.
La scenografia, composta da arredi vintage, risulta luminosa ed equilibrata, con la presenza di pareti a specchio come sfondo e un lampadario di cristalli al centro della scena, elementi che creano un effetto di luce potente e un probabile richiamo alla trama anche spirituale della narrazione. Luminosità funzionale alla stessa trama, con le luci che diventano più buie e cupe nei momenti tristi e drammatici della vicenda.
Il tutto viene arricchito anche dai costumi, che contribuiscono alla narrazione dello stesso personaggio: dalla semplicità dell’abbigliamento di Pietro, agli abiti anni Cinquanta degli attori-fantasmi, fino ai molteplici cambi look dell’eccentrica Maria tra una scena e l’altra.
Dopo il successo del precedente riadattamento teatrale del suo Mine vaganti Ozpetek ritorna con Magnifica presenza e lo fa divertendo ma anche mettendo a nudo la fragilità e la solitudine, vere presenze dell’essere umano. Con delicatezza ed ironia il regista mostra quanto l’aiuto e la complicità di qualcuno ( anche se non reale ) ci possa far sentire meno soli e compresi.

Il fluire del tutto è ricco ma scorrevole, vivo e riflessivo, permettendo al pubblico di ridere ma anche pensare, perché “la menzogna a volte può essere molto convincente” dice Pietro “ma la realtà molto di più” e forse anche noi possiamo riflettere sulle nostre reciproche menzogne … e magari riderci su!
_______________________________-
Magnifica presenza, . Soggetto, sceneggiatura e regia di Ferzan Ozpetek. Con Federico Cesari, Tosca D’Aquino, Serra Yilmaz, Toni Fornari, Luciano Scarpa, Tina Agrippino, Sara Bosi e Fabio Zarrella. Scene Luigi Ferrigno; costumi di Monica Gaetani; luci di Pasquale Mari. Produzione Nuovo Teatro; coproduzione Fondazione Teatro della Toscana – Teatro Comunale di Vicenza, 6-7 maggio 2024
Foto e immagine copertina: Fondazione Teatro della Toscana.