Madri, le parole smarrite nel buio di casa

È andato in scena al Teatro Quarticciolo di Roma: Madri, scritto da Diego Pleuteri e vincitore del prestigioso Premio Eurodram 2022

Immaginate di non ricordare una parola e di cercarla disperatamente nei meandri della mente e, nello stesso tempo, tra le pagine di un libro o di un giornale dove sapete di averla letta. È proprio questo che accade in Madri. La protagonista, interpretata da Valentina Picello, rovista senza sosta tra scatoloni accumulati negli anni, inseguendo quella parola che sa di aver letto e che le serve per completare una frase rimasta sospesa nella mente: “Di intimo c’è rimasto solo…”. Solo cosa? Un ricordo? Un attimo? Un respiro? La ricerca è ossessiva, compulsiva, quasi una missione impossibile che scava nel passato, tra fogli di carta e frammenti di memoria. Quando entra il figlio, interpretato da Vito Vicino, quella ricerca diventa un’ossessione condivisa. Madre e figlio si ritrovano così uniti da una missione fragile e potente: ricostruire insieme una frase incompleta, un frammento di vita rimasto impigliato nei ricordi.

Vito Vicino – Valentina Picello

Il loro dialogo si avvolge su sé stesso come un vortice di pensieri e parole, tra discorsi che a volte si sfiorano e altri che si perdono nel vuoto. Poco importa se quei pensieri sono reali o immaginari: sono parole che premono per uscire, si sovrappongono, si accavallano, eppure non creano mai confusione scenica. Al contrario, ogni frammento ha un senso preciso, un peso specifico, una direzione emotiva chiara. La partitura sonora è uno degli elementi centrali dello spettacolo. Le voci si alternano tra naturale e amplificato, ora al microfono, ora a voce nuda. Questo gioco di distanza e vicinanza sonora intensifica la fragilità delle parole intime, le mette a nudo. I suoni, in questo dramma, non sono semplice accompagnamento: sono parte del linguaggio interiore dei personaggi, espressione diretta delle loro paure, dei loro pensieri più segreti, delle ossessioni che li abitano. Madre e figlio sono incastrati in quel meccanismo viscerale e ambiguo che lega indissolubilmente genitori e figli. Le paure della madre diventano ombre che il figlio eredita, come un filo invisibile che lega generazioni diverse attraverso il non detto. I sensi di colpa di lei, quel senso di inadeguatezza che ogni madre conosce, si insinuano nei silenzi del figlio, trasformandosi in un senso di vuoto, di abbandono sottile. Eppure, nonostante la distanza emotiva che spesso li separa, il loro legame resta inscindibile, una corda tesa tra paura e bisogno, tra fuga e ritorno. I dialoghi a volte non si incontrano. Ogni personaggio sembra chiuso nel proprio monologo interiore, incapace di decifrare davvero l’altro. È un dialogo muto, soffocato dal rumore delle rispettive menti. Eppure, proprio in questa incomunicabilità, risuona la verità più profonda: il dolore può rendere sordi e ciechi, può scavare buchi nella memoria, ma è nel dolore condiviso che si riconosce l’umanità dell’altro. È lì, in quella sofferenza muta e cieca, che madre e figlio si incontrano davvero.

Valentina Picello – Vito Vicino

L’interpretazione di Valentina Picello e Vito Vicino è intensa, fisica, stratificata. Non è solo una questione di parole: ogni gesto, ogni sguardo, ogni movimento del corpo diventa parte del racconto. La tensione emotiva attraversa l’intero spettacolo con un ritmo dosato e preciso, alternando momenti di forte impatto a passaggi quasi sussurrati, in un’altalena continua tra esteriore e interiore. Molto interessante anche l’intreccio tra voci registrate e dal vivo, tra amplificazione e voce naturale. A tratti, il ritorno alla voce non amplificata è risultato un po’ debole, con alcune battute che si sono perse, ma forse proprio questa fragilità sonora sottolinea la vulnerabilità stessa dei personaggi. La scenografia ha accompagnato con coerenza questa immersione nell’interiorità. Scatoloni, tavolo e arredi dai toni scuri hanno creato uno spazio sospeso, quasi senza tempo, dove la luce fatica a entrare. È una casa-ombra, uno spazio mentale prima ancora che fisico, in cui il dolore preferisce restare nascosto, al riparo dalla luce del giorno. Anche il cielo azzurro fa paura, perché esporsi alla luce significa riconoscere la propria fragilità. Meglio restare nel buio sicuro di sé, dove il dolore è familiare e conosciuto. Madri è un viaggio intimo, doloroso e poetico nelle relazioni più profonde e nei silenzi che le abitano. Un racconto frammentato, fatto di parole sospese e suoni interiori, che ci ricorda quanto sia fragile e al tempo stesso potente, il legame tra chi genera e chi è generato. 

_________________________________

Madri scritto da Diego Pleuteri – con Valentina Picello e Vito Vicino – regia di Alice Sinigaglia – sound designer Federica Furlani – scenografo Alessandro Ratti – luci Luca Scotton – produzione La Corte Ospitale – coproduzione SCARTI Centro di Produzione Teatrale d’Innovazione – Teatro Biblioteca Quarticciolo 28 febbraio, 1 marzo 202