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Made in America tra origini e linguaggi diversi

Con Made in America, la compagnia Tulsa Ballet chiude il Danza in Rete Festival

Le parole creano realtà e significati, strutturano dimensioni precise, concetti che richiamano spazi. La parola America rimanda, a livello immediato, a tutto ciò che i mass media trasmettono, ogni giorno, sul continente d’oltreoceano. Notizie, fatti, Trump, conflitti internazionali, bandiere a stelle e strisce, il primo papa americano. Nella serata di chiusura dell’ottava edizione del Danza in Rete Festival, il termine ha subìto un lieve stravolgimento, uno spostamento molto interessante e inedito: la compagnia di OklahomaTulsa Ballet, ha portato sul palco una danza, sviluppata in tre pezzi straordinari, davvero Made in America nel senso più profondo e trasversale del termine.

Ph. Res KLP

Eccellenza e sperimentazione contraddistinguono il lavoro del Tulsa Ballet, tra le compagnie più apprezzate a livello internazionale, che dal 1995 è diretta da Marcello Angelini. Un corpo di ballo numeroso e giovane è approdato sul palco del Teatro Comunale di Vicenza per narrare visivamente l’evoluzione della danza americana e la sua essenza ricca di contaminazioni, culture e provenienze. 

Un programma, quindi, plurale composto da più titoli: l’apertura di Made in America è affidata a Classic Symphony, una coreografia di Yuri Possokhov con brani composti da Sergei Prokofiev. L’inizio è contraddistinto dalla tradizione, dalla danza classica per eccellenza eseguita in maniera equilibrata, impeccabile. Delicatezza, leggerezza controbilanciate dalla forza e dall’estrema difficoltà dei virtuosismi. Il lavoro successivo è di Nicolo Fonte, accompagnato dalle musiche di Ludovico EinaudiDivenire rappresenta lo sviluppo della danza contemporanea in America, un’elaborazione particolare che unisce i corpi, disegna geometrie, momenti in gruppo e pezzi in coppia. Qui i giochi di luce fanno parte della coreografia, illuminano, risaltano le fisicità, i movimenti dei ballerini svolti insieme o in assolo.

La musica modella il ritmo dei passi, la ripetizione variante, tipica di Einaudi, si riflette e viene trasmessa dagli interpreti. Musica e danza si incontrano per dare vita ad una sorta di sintesi, un’espansione di entrambe. Divenire è un brano musicale, coreografico reso vivo da un coro di corpi dove circola sinergia, bellezza, variazioni.

Il terzo momento, invece, racchiude un altro spunto, un’altra colonna portante del sogno americano. Broadway. Non a caso questo balletto porta la firma del The King of BroadwayAndy Blankenbuehler, coreografo e ballerino tra i più rappresentativi e premiati del settore (il musical Hamilton ne è un esempio). Remember our song è la narrazione di una vicenda, un ritorno alle atmosfere quasi swing, passate, malinconiche. I membri dell’equipaggio di un sottomarino, che sta per affondare, ricordano e sognano i propri cari, le proprie fidanzate e compagne, gli incontri e gli abbracci gli uni con gli altri. Sono due i personaggi che spiccano, Charlie (Teague Applegate) e Helen (Giulia Canavese), attorno a cui la storia sembra ruotare maggiormente.

Un continuo cambio di scenario porta lo spettatore dentro all’immaginario collettivo, alla condivisione della memoria. Anche qui la luce gioca un ruolo di passaggio, da un’atmosfera all’altra. Il brano si distingue dagli altri per essere più narrativo, una messa in scena dove i danzatori interpretano un ruolo, per quanto essenziale e non definito. Remember our song racchiude l’essenza dell’America delle possibilità, del talento, dell’entertainment, delle luci miste alla musica e all’interpretazione, con una leggera velatura stile anni Venti e Trenta.

Made in America è una proposta trasversale, ricca di stili e di linguaggi diversi. Una serie di coreografie in grado di abbracciare distanze, origini diverse. I tre brani sono, infatti, realizzati da coreografi e autori che, in sé, racchiudono storie e provenienze tra le più varie; la danza diviene quindi linguaggio ibrido, esposto a contaminazioni, incontri, reciprocità. Il lavoro è caratterizzato da più accostamenti, sperimentazioni e, di fatto, esprime l’anima stessa della compagnia Tulsa Ballet. Qui risiede il cambio di significato, il potere evocativo delle parole collegate agli eventi; che cos’è la danza americana se non un centro di incontri, fusioni, evoluzioni, migrazioni, passaggi.

@Teatrocomunaledivicenza

Con i primi due brani, più astratti, viene narrata l’evoluzione della danza, i suoi esiti in America; il terzo rappresenta una storia, quasi un musical stile Broadway, tenendo sempre, però, come punto di riferimento, il balletto classico. Una versatilità e un passaggio di generi a livelli elevati. Uno spettacolo made in America, fatto in America ma costituito da corpi, voci plurali in un coro unico.

Classical Symphony

2016 – Programma Masters of Dance – coreografie Yuri Possokhov – musiche Sergei Prokofiev Symphony No. 1 in D major, Opus 25 “Classical” – disegno luci originale David Finn, messo in scena da Alfonso Martin – disegno costumi Sandra Woodall, gentilmente forniti da Atlanta Ballet

Divenire

2022 – Porgramma Creations in Studio K – fotografa Kate Luber – coreografie Nicolo Fonte – musiche Divenire, Origine nascosta, Corale, Experience di Ludovico Einaudi, su licenza di G. Schrimer, Inc. Publisher e Copyright owner. Dancing leaves di Matteo Saggese e Anna Phoebe, su licenza di Reservoir Media & Manners McDade Music Publishing – disegno luci Les Dickert – disegno costumi Anaya Cuellen

Remember our song

2022 – Programma Signature Series – fotografa Bethany Kirby – coreografie Andy Blankenbuheler – messa in scena Lauren Kias e Alfonso Martin – disegno luci Les Dickert – disegno costumi Lisa Zinni – musiche The Call di Regina Spektor, Further away, composto, orchestrato e arrangiato da Greg Anthony Rassen, ulteriori arrangiamenti di Enrico De Trizio. Sing, sing, sing composta da Louis Prima ed eseguita da Benny Goodman e la sua orchestra.

Made in America – Tulsa Ballet – 16 Maggio 2025, Teatro Comunale di Vicenza

Immagine di copertina / in evidenza: Ph. Res KLP

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